sabato 9 febbraio 2019

La Stampa 9.2.19
Jacques Attali, “Si rischia una deriva come nel 1940”
“L’unica soluzione definitiva è un nuovo governo a Roma”
La querelle tra Parigi e Roma? «Non sta succedendo nulla fra l’Italia e la Francia. Succede solo qualcosa con il vostro governo, rivelatore di quella che è la dimensione nefasta del populismo in Europa».
intervista di L. Mar.


Ci va giù duro Jacques Attali, 75 anni, economista e pensatore. E consigliere dei potenti di Francia fin dai tempi di François Mitterrand, che se lo mise in un ufficio accanto al suo all’Eliseo.
Fu ancora Attali a «scoprire» un giovanissimo Emmanuel Macron, coinvolgendolo nella commissione di esperti che, sotto Nicolas Sarkozy, dette risposte «né di destra, né di sinistra» (macronismo ante litteram) per riportare la crescita nell’economia. Oggi Attali è tra i cosiddetti «visitatori serali» dell’Eliseo, consiglieri nell’ombra del giovane presidente.
Che lezione tira da quello che sta avvenendo tra Parigi e Roma?
«Gli insulti che questi signori lanciano contro la Francia sono eccellenti notizie pedagogiche. Mostrano a chi non l’avesse ancora capito la natura di questi movimenti, che ci riportano agli anni più neri dell’Italia e della Francia. Se continua così, tutto questo produrrà le stesse conseguenze».
In che senso?
«Bisogna ricordare cosa è successo in Italia tra gli Anni Venti e il 1945. E in Francia tra il 1940 e il ’44. E non bisogna sottovalutare quello che avviene oggi: è una lezione per chi fa fatica a capire la natura reale dei movimenti populisti».
Al di là di compromessi a breve, come si può superare definitivamente l’impasse tra i due Paesi?
«Un cambiamento di governo in Italia sarebbe la soluzione definitiva. Oppure quello attuale deve diventare responsabile. Sono molto rispettoso della democrazia e in particolare di quella italiana. E non voglio immischiarmi nelle vostre scelte politiche. Ma da un punto di vista francese, europeo e anche di tanti miei amici italiani, visto che il vostro governo dopo mesi e mesi non cambia atteggiamento, dovrebbe cambiare. Risolverebbe tutti i problemi».
Il populismo italiano ha radici particolari o è simile a quello di altri Paesi?
«C’è una tendenza alla ricerca di un governo autoritario, che si ritrova ovunque nel mondo: in Cina, in Indonesia, nel Brasile, negli Stati Uniti. E ha sempre portato i popoli che l’hanno privilegiata alla catastrofe, fortunatamente temporanea, perché a un certo momento ne sono usciti».
Parigi ha richiamato il suo ambasciatore a Roma dopo l’incontro di Luigi Di Maio con alcuni gilet gialli. Non le sembra comunque un po’ esagerato?
«Ma quello è stato solo un aneddoto, guardiamo al fondo delle cose. E al contesto europeo».
Cosa vuol dire?
«La Commissione ha appena bocciato l’alleanza nel campo ferroviario tra Alstom e Siemens, che voleva essere una risposta alla concorrenza cinese. E invece abbiamo così tanto bisogno di difenderci in un momento in cui gli Stati Uniti stanno abbandonando l’Europa. Gli europei dovrebbero capire che ci ritroviamo sempre più soli e dovremmo essere sempre più uniti. La presa di coscienza della solitudine europea sarebbe la risposta da dare alla querelle franco-italiana».
l. mar.