sabato 9 febbraio 2019

La Stampa 9.2.19
La concubina etiope
di Mattia Feltri 


Continuavo a leggere il bel libro di cui vi parlavo ieri, Le gemme della memoria, del sapiente persiano del XIII secolo Sadid Al-din Muhammad Awfi, e in particolare la deliziosissima storia del principe Harun al-Rashid e della sua bella concubina etiope in cui si narra che di notte «nella piacevole intimità dell’amplesso, il califfo Harun le disse: adesso mostrami bene il sedere». La dolce concubina per difendere il versante ingaggiò la dottrina: «Ma l’Iddio eccelso dice nel Corano: accostatevi a loro dalla parte che Dio v’ha comandato!».
Ecco, leggevo questo interessante racconto, quando scopro che Luigi Di Maio per ricucire con Parigi ha scritto a Le Monde di aver «sempre guardato alla tradizione democratica millenaria della Francia». Accidenti, in Francia la tradizione democratica ha poco più di due secoli (quella cosina lì, la Rivoluzione francese), e noi ci siamo abituati, ma ora anche i francesi sanno con quale stazza di somarello hanno a che fare, e lo valuteranno di conseguenza.
Però, che volete farci, ero ansioso di sapere come andava a finire la disputa erotico-teologica di Harun e della concubina etiope. Harun aveva calato la sua carta sacra: «Proprio Dio ha detto: le vostre donne sono come un campo per voi, venite dunque al vostro campo al vostro piacere». O principe dei credenti, replicò la concubina, quel versetto è stato abrogato da quest’altro: «Entrate in casa dalla porta!». La ragazza, con la sua erudizione, incantò il califfo, ebbe molti onori e soprattutto inespugnato l’inviolabile accesso. Apologo, questo, laddove si spiega che cosa può succedere, a non saper le cose.