La Stampa 7.2.19
Nel triangolo fra religioni monoteiste è decisiva una parola: Abramo
di Gabriel Levi
Nella
tradizione cristiana, che si richiama al libro biblico della Genesi,
Abramo è considerato il padre di tutti i credenti. Con molta coerenza,
San Paolo sostiene che Abramo è il primo uomo che è stato giustificato
principalmente per la fede.
Nella tradizione islamica, che
riprende un discorso talmudico, Abramo è il primo uomo che, da solo, ha
scoperto il Dio unico e misericordioso. Il Corano deriva da lui e da suo
figlio Ismaele il precetto vincolante della circoncisione, per l’islam
in età consapevole.
La tradizione ebraica è, come di solito, complessa o problematica.
Nella
Genesi Abramo è presentato come colui che parla con il Dio unico e lo
proclama come il Giudice che deve fare giustizia su tutta la terra. Nel
libro dell’Esodo viene poi detto che Abramo, come i suoi discendenti
fino a Mosè, conosceva soltanto il nome divino Shaddai.
Nel
pensiero talmudico, queste due posizioni vengono confrontate molto
fortemente. Da una parte viene ribadito che Abramo ha praticato in prima
persona la circoncisione a 99 anni e l’ha accettata per i suoi
discendenti agli 8 giorni. Dall’altra parte viene detto che Abramo non
voleva proprio accettare la circoncisione, perché pensava che questa
pratica lo avrebbe separato dalla religione universale di tutti i
popoli. Si sarebbe convinto solo quando Dio gli avrebbe spiegato «pensa a
te, mi chiamo Shaddai (che faccio e che dico basta) perché ho
abbastanza divinità per ogni essere vivente».
Il principio
universalistico di Abramo viene così illuminato in un’altra prospettiva:
Dio mette Abramo alla prova davanti alla distruzione di Sodoma e
Gomorra (il Male Assoluto). Abramo sostiene, contro Dio, che Sodoma e
Gomorra non debbano essere distrutte se ci sono nelle città almeno dieci
giusti. E, qualunque sia stata la decisione divina, Abramo rimane fermo
al suo posto.
Un altro metodo piuttosto semplice per comprendere
la religione di Abramo è quello di studiare il suo vocabolario
religioso: le 10/12 parole e concetti che compaiono nel testo biblico
per la prima volta nella narrazione di e su Abramo.
Queste parole e
concetti sono: fiducia/fede, giustizia, diritto, pietà-amore, verità,
integrità, camminare davanti a Dio, timore-senso della presenza divina,
messa alla prova, educazione.
Come si vede, nel pensiero ebraico,
Abramo ha due ruoli. E’ il primo ebreo (ed i suoi discendenti dovranno
fare un lungo percorso educativo di 400 anni per arrivare al patto
definitivo del Sinai). E’ il primo sacerdote universale, il continuatore
consapevole del patto che Dio ha fatto con tutta l’umanità, dopo il
Diluvio con Noè, a cui sarebbe stato detto esplicitamente che ogni
essere umano è creato ad immagine della divinità.
Queste
riflessioni e questa viva memoria sono ben attuali, ancor più in questi
giorni in cui papa Francesco e l’imam Al Tayyib con la loro
dichiarazione hanno fatto un passo importantissimo ma incompleto,
omettendo il nome di Abramo nel loro documento. Incompleto nel senso di
incompiuto e cioè che i due firmatari presumibilmente sanno di dover
completare la loro dichiarazione, nel ricordo dei quasi quattro millenni
di Abramo.
La presenza ben evidenziata di alcuni rabbini
all’evento dimostra chiaramente che la questione è stata compresa e che
la soluzione è stata soltanto rimandata.
La dichiarazione del
pontefice e dell’imam stabilisce: che Dio non può essere mai invocato
per ferire altri credenti; che per i credenti Dio è sempre e soltanto il
Dio di tutti; dei credenti e dei non credenti.
Proprio per queste
ragioni il nome di Abramo non può mancare in questa nuova riflessione
cattolico-islamica. Forse anche il nome di Noè dovrebbe essere
ricordato. Ancora oggi gli ebrei, quando vedono l’arcobaleno, che è il
segno del patto di pace tra Dio e Noè, benedicono Dio che ricorda il
patto con tutta l’umanità.
Un ricordo personale affettuoso. Tullia
Zevi aveva un grande sogno politico- morale: il Trialogo fra le tre
religioni monoteistiche. Per come l’ho capito negli anni, solo il
Trialogo può essere allo stesso tempo un discorso laico e universale,
religioso e politico. Poiché ci obbliga a guardare soltanto i punti che
uniscono ogni uomo ad ogni uomo.