mercoledì 6 febbraio 2019

La Stampa 6.2.19
La fede come scudo dei diritti
di Gian Enrico Rusconi


È un testo forte, drammatico quando parla della «frustrazione, solitudine e disperazione, che conduce a cadere nel vortice dell’estremismo ateo e agnostico oppure nell’integralismo religioso, nell’estremismo e nel fondamentalismo cieco». «L’estremismo religioso e nazionale e l’intolleranza hanno prodotto nel mondo sia in Occidente sia in Oriente ciò che potrebbero essere chiamati i segnali di una terza guerra mondiale a pezzi».
Ma ci sono anche passaggi in positivo tutt’altro che scontati - se presi sul serio.
Ad esempio l’invito ad «adottare la cultura del dialogo, la collaborazione come condotta, la conoscenza reciproca come metodo e criterio».
Siamo sicuri che la massa dei credenti di entrambe le fedi è pronta seguire questo invito? O rimarrà frenata da tenaci reciproci pregiudizi?
Tre punti meritano una particolare attenzione. L’insistente riaffermazione del valore dei diritti umani con un breve ma efficace paragrafo dedicato ai «diritti della donna». Il pluralismo e la diversità religiosa definiti nel documento come espressione di «una sapiente volontà» divina. L’affermazione del concetto di «cittadinanza piena» con il rifiuto dell’uso discriminatorio del termine «minoranza».
E’ molto significativo che il sommo pontefice e il grande imam motivino e legittimino con ragioni religiose («la sapienza divina») le differenze di credo. Scrivono: «La sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad una certa religione o cultura come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano». Da qui la raccomandazione che, anziché generare competizione per il possesso in esclusiva della verità o favorire reciproche chiusure, le differenze diventino motivo di reciproca conoscenza.
E’ una raccomandazione che può sembrare rivolta soprattutto alla cultura islamica. Ma sono sicuro che in settori non irrilevanti del mondo cattolico ci sono voci di dissenso che paventano in tutto questo una forma di relativismo o di eclettismo religioso. Il contrario della reciproca conoscenza.
Del resto, su un piano diverso, non si sente ripetere da noi la tesi della incompatibilità dell’islam con la democrazia? E non si sta affermando ai nostri giorni una cultura politica che usa in modo discriminatorio il termine «minoranze» e quindi «prepara il terreno alle ostilità e alla discordia e sottrae le conquiste e i diritti religiosi e civili di alcuni cittadini discriminandoli»? E magari agiscono così proprio coloro che intendono difendere la «nostra» cultura religiosa.
Non so quale efficacia avrà questo testo sulla «Fratellanza umana» che gli alti estensori vorrebbero diventasse oggetto di ricerca e di riflessione negli istituti di ricerca e di formazione. Certamente rimarrà un documento storico di un momento estremamente difficile per le religioni contemporanee.