lunedì 4 febbraio 2019

La Stampa 4.2.19
“Visti d’oro” in Estonia e passaporti in vendita
di Lorenzo Bagnoli


Suur Patarei, Tallinn, capitale dell’Estonia. È qui, lungo la dorsale cittadina che si affaccia sul mar Baltico, che abita Igor Bidilo, kazako di passaporto, europeo di portafoglio. L’uomo che partire dal 1995 ha investito in almeno quattro Paesi dello spazio Schengen, più altrettanti al di fuori.
Tutto comincia con l’acquito della residenza in Estonia, attraverso uno dei due programmi del Paese per le Residency-by-Investments, la residenza permanente in cambio di cash. Rientrano nell’insieme Golden Visa: programmi attraverso cui ricchi investitori possono acquistare la cittadinanza (come, ad esempio, nei casi di Malta e Cipro) oppure la residenza (come, tra gli altri, in Estonia o in Italia, dal dicembre 2017). Tutti nell’Unione europea le offrono. Secondo un report del 2018 di Tranparency International e Global Witness, l’industria dell cittadinanza in dieci anni ha prodotto circa 25 miliardi di euro di investimenti esteri, più i proventi date alle 550 agenzie internazionali che hanno fatto da consulenza. Un mercato ricco.
La Commissione europea, però, il 23 gennaio, gli ha dichiarato guerra aperta. Tra i fattori che hanno contribuito a questo scontro, figura il fallimento delle norme antiriciclaggio sugli investimenti stranieri che hanno permesso lo scandalo Danske Bank. La succursale che funzionava da lavatrice per il denaro sporco era, per altro, proprio in Estonia. Qualcosa non ha funzionato nei controlli sugli investitori facoltosi. Scrive la Commissione nel suo report, che con il passaporto si conferiscono «automaticamente i diritti», tra cui «il diritto al voto e alla partecipazione come candidato alle elezioni europee». Anche chi di fatto non ha un vero legame con il Paese. E poi c’è l’equità fiscale: in Italia, ad esempio, per chi compra la residenza è prevista una «tassa sostitutiva» di 100 mila euro sul reddito estero, qualunque esso sia; in Bulgaria, Estonia e Lettonia l’investitore estero accede a un regime di tassazione agevolata; a Cipro, Malta oppure in Irlanda e Portogallo il sistema offre una tassazione parallela che non tiene conto delle fonti estere di guadagno. Ingiusto, sostiene la Commissione. I Paesi membri, Malta in testa, si sono sempre difesi assicurando un sistema di due diligence avanzatissimo su ogni richiesta. Eppure già nel 2017 il Parlamento europeo definisce «discutibili» per completezza e adeguatezza. «Gli incentivi fiscali – prosegue il rapporto – costituiscono un vero fattore trainante della domanda». Creando di fatto competizione all’interno dello stesso “mercato” della cittadinanza europea. Bidilo, per diventare residente in Estonia, ha dovuto investire nel Paese un milione di euro e aprire almeno una società. Nulla di più facile, per il presidente del Cda di Baltic International Holding. In cambio ha ottenuto il diritto a restare per almeno cinque anni, la libera circolazione nell’area Schengen e una tassa del 20% solo sui ricavi dell’attività in Estonia. Visti i ricavi del suo Atek Group nel 2016, 10 miliardi di dollari, il presidente uscente del Montenegro Milo Djukanovic – vecchia conoscenza della giustizia italiana, visto che tra 2003 e 2009 è stato imputato e poi archiviato per reati di mafia e contrabbando dai tribunali di Napoli e Bari – ha scritto a Bidilo per concedergli la cittadinanza onoraria. «È il fondatore di CG Investment Doo a Tivat (Montenegro) – si legge nella lettera di Djukanovic -. Nel periodo 2014- 2016 ha investito complessivamente 13 milioni di euro», tra terreni, appartamenti e hotel. Tutte attività, riporta Mans, organizzazione che si occupa di corruzione e criminalità organizzata in Montenegro, che hanno sempre operato in perdita. Non solo, scrivono: di nuovi posti di lavoro Bidilo ne ha creato solo uno. Il suo.