sabato 2 febbraio 2019

La Stampa 2.2.19
Armistizio del 1940 tra tedeschi e francesi
Spuntano i nastri registrati in segreto
di Leonardo Martinelli


Quel 22 giugno 1940 Hitler non tralasciò alcun dettaglio, perché la Germania potesse prendersi la sua rivincita sulla Francia: nessuno dei simboli possibili, neppure la scenografia. L’armistizio venne negoziato e firmato nello stesso vagone ferroviario dove i tedeschi avevano sottoscritto l’altro ventidue anni prima, che aveva posto fine alle ostilità della Grande guerra. Ma stavolta erano i francesi sconfitti e umiliati. Il Führer fece trasportare quella vettura ristorante dal museo dove, nel frattempo, era stata messa in bella mostra. La sistemò nel medesimo luogo, la radura di Rethondes, nella foresta alle porte di Compiègne. E lui si volle sedere nella poltrona occupata l’11 novembre 1918 dal maresciallo Ferdinand Foch. Aveva ricevuto, sbrigativo e sprezzante, i tedeschi. Ora toccava a lui: Hitler non voleva perdersi niente di quel momento. E ordinò di sistemare segretamente, intorno al tavolo, dei registratori. Perché suoni e voci della rivincita passassero ai posteri.
Non se ne sapeva niente di quelle registrazioni, sparite nel nulla. Ma domani sera, su France 5, uno dei canali pubblici francesi, nel documentario «1940, i segreti dell’armistizio», del regista e storico Emmanuel Amara, saranno in parte riproposte. Già si disponeva delle trascrizioni degli scambi fra le due delegazioni durante l’incontro e dei filmati, ma senza suono. «Avevamo il contenuto ma non la psicologia di quella giornata. Adesso se ne può capire di più», ha sottolineato Bruno Ledoux, collezionista e appassionato di storia. Lui, nel 2015, a un’asta a Monaco di Baviera, si aggiudicò «per qualche migliaio di euro» delle scatole metalliche con 45 dischi di alluminio, registrati solo su un lato, gli stessi che si usavano negli Anni Quaranta. Sopra c’era scritto in francese «Presidenza del consiglio, amministrazione della radiodiffusione nazionale». E poi in tedesco «Verhandlung», negoziazioni. Solo più tardi, ascoltandoli, scoprì di cosa si trattava. Ha deciso di darli ad Amara per il documentario. E ha già promesso di donarli agli archivi di Stato, perché siano disponibili per gli storici.
Cosa portano in più le sei ore di audio? Le esitazioni, le richieste, le minacce. Anche i rumori collaterali (come gli aerei che sorvolavano la radura, per impaurire ancora di più i francesi). Perfino i silenzi, come quello di Hitler, che se ne restò muto e scomparve dopo la lettura di un veemente Preambolo, dove il generale Wilhelm Keithel addossava a inglesi e francesi la responsabilità della Prima e della Seconda guerra mondiale. Si ascolta il generale Charles Huntziger, a capo della delegazione francese, dire che «alcune condizioni non le accetteremo mai, qualunque cosa avvenga». Ma la voce è incerta, trasmette un forte malessere. E i negoziatori mandati da Parigi alla fine accetteranno tutto, pure la divisione del Paese in due, a Nord occupato dalla Wehrmacht e al Sud governato dal regime di Vichy, con il maresciallo Pétain fantoccio dei nazisti. Hitler utilizzò uno dei primi sistemi di registrazione del suono, messo a punto da una società tedesca. Huntziger non poteva neanche immaginare di essere registrato, quando cercava di resistere, spiegando che «la clausola di restituzione di tutti i tedeschi presenti sul territorio francese è contraria al nostro onore e al diritto d’asilo». Niente da fare: loro rivolevano dissidenti ed ebrei fuggiti in Francia. E allora si sente la voce dell’interprete Paul Otto Schmidt che traduce in francese quell’«ordine» di Keithel.
Ma dove erano finiti questi dischi? Il Führer se ne era tenuto una copia e un’altra l’aveva inviata a Pétain. Secondo lo storico François Delpla si trattava di «una minaccia appena velata» nei suoi confronti. Insomma, Berlino, quando voleva, poteva umiliare pubblicamente Vichy, se avessero provato a ribellarsi o a fare i furbi. Quando nel settembre 1944 gli Alleati avevano appena occupato Parigi, i nazisti decisero di trasferire Pétain in Germania, a Sigmaringen, con i suoi uomini fidati. Il maresciallo portò via gli archivi più scottanti in alcuni bauli, distribuiti tra i collaboratori. In uno probabilmente c’erano anche i famosi dischi.