sabato 2 febbraio 2019

Il Fatto 2.2.19
India, “reddito minimo a tutti”: va in campagna pure il nipote di Gandhi
“Nessuno sarà più povero” - La misura promessa sarebbe inapplicabile viste la quantità di indigenti (circa 400 milioni) e le scarse entrate tributarie. Ma detta l’agenda elettorale
di Cristina Piotti


“Non ci saranno più persone affamate in India. Nessuno sarà più povero”. Questo ha promesso pochi giorni fa ai suoi elettori Rahul Gandhi, leader del principale partito di opposizione indiano, il Congress.
Il figlio di Sonia Gandhi (politica indiana di origine italiana, vedova del figlio di Indira Gandhi), ha infatti promesso in caso di vittoria alle prossime elezioni generali (che si terranno tra aprile e maggio) che implementerebbe una variante del reddito minimo universale, diretto unicamente alle fasce più basse della popolazione.
“Al momento non ci sono dettagli, ma sembrerebbe trattarsi più che altro di una forma di pagamento ai redditi più bassi, piuttosto che di un vero e proprio reddito universale minimo, che in quanto tale è destinato a soggetti ricchi e poveri, in modo incondizionato” sottolinea Luke Martinelli, ricercatore associato dell’Institute for Policy Research dell’Università di Bath. “Non è ancora chiaro a quanto ammonterà il costo della misura o quali prove dovranno essere fornite per rientrarvi, né se il pagamento avverrà per nucleo familiare o su base individuale”. Se i destinatari del reddito sono incerti, quelli della dichiarazione politica sono noti. Non è infatti un caso che la dichiarazione di Rahul Gandhi sia avvenuta in uno Stato contadino, quello Chhattisgarh, dove il partito del Congress ha di recente vinto le elezioni locali, vittoria salutata come un segnale del successo dell’opposizione tra le file dei lavoratori rurali. Quasi il 70% della popolazione indiana ha interessi o lavora nel settore rurale e agricolo.
“Per questo i partiti si concentrano ora sul settore agricolo, nel senso più ampio del termine” ricorda Kenneth Bo Nielsen, analista dell’Università di Oslo. “È ormai evidente che il governo in carica del primo ministro Modi non è riuscito a fare molto per questa fetta di popolazione: il Congress sta capitalizzando il crescente malcontento nel mondo rurale e agricolo”.
Uno scacchiere politico, prima ancora che sociale, tutto da definire. Via Twitter, il Congress ha fatto sapere che i numeri della misura saranno rivelati in futuro, contestualmente alla pubblicazione del manifesto politico del partito. Qualche esempio di cosa potrebbe prefigurarsi, però, c’è: “Tra il 2011 e il 2013 un esperimento di reddito universale di base è stato condotto nello Stato indiano di Madhya Pradesh, con ottimi risultati in termini di livelli di indebitamento delle famiglie, salute e equità di genere. Ma era un progetto finanziato dall’Unicef, non tramite tassazione” ricorda Martinelli. E se il medesimo piano fosse esteso all’intero subcontinente, i numeri sarebbero imponenti: basti pensare che, secondo la Banca Mondiale (dati del 2011) il 21,9% degli 1,2 miliardi di indiani vive sotto la soglia della povertà. “La sfida è proprio il finanziamento dovendo assicurarne uno sufficiente e stabile in un contesto, come quello indiano, di insufficienti incassi provenienti dalle tasse”, continua Martinelli. “Tuttavia l’alto livello di disuguaglianza sociale, l’ampio e complesso spettro di programmi di sussidi anti-povertà rendono l’India un candidato ideale al reddito minimo. Senza contare che esiste un database per le carte d’identità biometriche, chiamate Aadhaar, che potrebbe ridurre le eventuali frodi”.
Quanto alle reazioni del governo in carica, il primo a parlare è stato il portavoce del Bjp, partito del primo ministro Narendra Modi, che ha bollato l’idea come populista e inattuabile, perché troppo costosa. In India esistono già oltre 900 piani e programmi di sussidio, che arrivano a pesare per quasi il 5% del Pil nazionale, periodicamente tacciati di inefficienza, frodi e sprechi. Nonostante i dubbi, il colpo di scena è atteso: i commentatori politici indiani sono pronti a scommettere che, pur di non perdere voti, il Bjp si troverà costretto a fare un annuncio simile nelle prossime ore. “È davvero troppo presto per dire se si arriverà mai all’approvazione del piano che dovrebbe confrontarsi con l’opposizione delle élite rurali, dei proprietari terrieri e della classe media urbana”, secondo Nielsen. “Portare il tema della povertà al centro dell’agenda politica indiana, è comunque importante”, chiosa.