La Stampa 2.2.19
Finisce la stagione del disarmo
Si apre la partita con Pechino
di Stefano Stefanini
Oggi
gli Stati Uniti escono dal Trattato sulle armi nucleari intermedie
(Inf). Causa: le violazioni russe con i missili SSS-8. Salvo improbabili
ripensamenti di Mosca entro sei mesi, l’annuncio del Segretario di
Stato, Mike Pompeo, segna la fine di una stagione di disarmo. Purtroppo.
Inizia una partita complessa. Mosca e Washington restano protagonisti,
ma devono fare i conti anche con la Cina. Al teatro europeo si aggiunge
quello asiatico e del Pacifico.
La Guerra fredda si era chiusa con
un sistema auto-immunitario che aveva per pilastri i Trattati Inf
(1987) e Cfe (armi convenzionali in Europa; 1990). Quell’architettura di
sicurezza che oggi rimpiangiamo era figlia del suo tempo. Presupponeva
un duopolio strategico mondiale Urss-Usa che non esiste più. La rete si è
smagliata lentamente. La Russia si è ritirata dal Cfe nel 2007. L’Inf
scricchiolava da tempo.
Le prime accuse di violazione russa
risalgono al 2014, da parte dell’amministrazione Obama, in concomitanza
con la crisi ucraina. Dopo cinque anni gli Usa ne traggono ne
conseguenze. Da oggi gli americani «sospendono gli obblighi» a cui erano
tenuti in base al Trattato. Quali sono questi obblighi?
Il nodo del Novator
Le
armi vietate sono i missili a testata nucleare, lanciati da terra, con
una gittata fra i 500 e i 5500 km, in grado quindi di colpire bersagli
compresi fra gli Urali e l’Atlantico ma non di minacciare direttamente
l’America dalla Russia o viceversa. Reo di violare il Trattato è il
missile russo Novator 9M729 (SSS-8 in gergo Nato). I russi lo negano e
ribattono che sono i sistemi di difesa antimissilistica americani a non
essere in regola in quanto possono essere convertiti in armi offensive.
Difesa d’ufficio debole ma efficace nella comunicazione al pubblico,
altro terreno di battaglia.
Nessun negoziato
La posizione
Nato, e quindi dell’Italia (nell’Alleanza si decide per consenso e chi
non è d’accordo può bloccare), è pienamente coincidente con quella
americana: l’SSS-8 è un sistema d’arma vietato dal Trattato. Pompeo ne
ha dato atto agli alleati e ha immediatamente ricevuto solidarietà alla
richiesta che entro sei mesi Mosca distrugga i missili. Non avverrà.
Precedenti tentativi di negoziare con Mosca non hanno dato alcun
risultato. Non è nell’interesse russo.
La Russia è giunta
lucidamente alla decisione di dotarsi di un’arma che, nella più benevola
delle ipotesi, tracima dagli argini Inf perché ritiene di averne
bisogno per la propria sicurezza. Per due motivi: uno si chiama Nato,
l’altro si chiama Cina.
I rapporti di forza
Sul teatro
europeo i rapporti di forza militare si sono invertiti. Durante la
guerra fredda all’Urss veniva attribuita una schiacciante superiorità
convenzionale, compensata dalla deterrenza nucleare sul versante
alleato. Oggi Mosca può sicuramente minacciare la periferia orientale
della Nato ma, a torto o ragione, si sente inferiore alle complessive
capacità militari e tecnologiche dell’Alleanza (a condizione
naturalmente che gli Usa siano della partita). L’arma nucleare è la
diventata la sua contro-assicurazione necessaria. Sul versante asiatico
il rapporto è ancora più sproporzionato a favore di Pechino.
Il terzo incomodo
Per
la Russia l’Inf si era trasformato in camicia di forza. Lo diventa
anche per gli Stati Uniti indietro tecnologicamente e privi di un
sistema d’arma di cui avrebbero bisogno, guarda caso, proprio e
soprattutto nel teatro del Pacifico. La Cina non incontra invece alcuna
limitazione Inf, che impegna solo Mosca e Washington.
Parte così
una nuova partita nucleare a tre. Dobbiamo sperare che si concluda con
un nuovo Trattato Inf. Ci dovrà essere dentro anche Pechino – e
possibilmente avere portata «erga omnes». Altre potenze scalpitano sul
terreno nucleare e missilistico.
Quanto all’Europa e all’Italia,
più vulnerabili senza Trattato Inf, diventa sempre più importante
tenersi stretta la Nato e costruire pazientemente ma costantemente una
propria capacità di difesa che la renda meno esposta a ricatti nucleari.