il manifesto 2.2.19
Cina, dai Maopai del web alla potenza del capitalismo
Convegni.
Un seminario dedicato al Paese di Mezzo, presso il dipartimento degli
studi orientali dell'università La Sapienza di Roma. In ricordo di
Angela Pascucci, redattrice e inviata de «il manifesto» che ha indagato a
fondo la società e la politica cinese
Da «Red» di Wei Hui
di Tommaso Di Francesco
Corrono,
si toccano il busto nudo, mettono in fila i corpi, ridono e recitano,
danzano: sono i contadini migranti cinesi, i nonmingong che in centinaia
di milioni hanno abbandonato a forza le campagne devastate della nuova
Cina denghista per lavorare nelle iper-fabbriche mondiali dislocate
prima nelle zone speciali, poi un po’ dappertutto; loro i dimenticati da
tutti, ma i protagonisti del mega-sviluppo cinese che l’ha trasformata –
grazie al loro sfruttamento – nella prima potenza capitalistica
mondiale; qui in questo video si rappresentano da soli in un grande
capannone della periferia urbana, organizzati dalla performer e
danzatrice Wen Hui. Le immagini scorrono dal computer allo schermo in
una sala dell’universita di Roma. Uno spettacolo e un lavoro il suo di
pratica corporale dentro il quotidiano, di indagine; e che chiamando in
prima persona sulla scena i protagonisti, ci ricorda subito la
redattrice e inviata de il manifesto Angela Pascucci – autrice di due
testi fondamentali, Talkin’China e Potere e società in Cina – che ci ha
lasciato nell’aprile 2018.
COSÌ, DOVEVA ESSERE una iniziativa
accademica solo per ricordarla, invece il seminario che si è svolto in
questi giorni alla Sapienza di Roma, al Dipartimento di studi orientali
alla presenza di tanti studenti e di molte presenze significative della
sinologia italiana, è stato un vero approfondimento: sulla Rivoluzione
culturale e su Mao, argomenti della nuova sinistra cinese che va da
figure come Wang Hui alla rivista Utopia e ai gruppi dei Maopai
(sostenitori di Mao) molto presenti su web; su quel che resta del Muro
della democrazia e di Bei Dao che si richiamava a un umanesimo marxista;
sulla strage della Tian An Men del 1989 della quale si continua a
tacere in patria; sul caso Bo Xilai; su Xi Jinping che tiene saldo il
potere basando la propria politica sul richiamo alla complementarietà
dei due periodi, prima e dopo la modernizzazione, ma ora la sua «nuova
era» di fatto ridimensiona Deng ed eleva il pensiero di Mao; sul
collante del nazionalismo come sostrato che tiene in piedi la società;
sulla ripresa di attenzione a Confucio, che si diffonde quasi come
«religione» di Stato che ben si confà alla «comunità del destino
condiviso» lanciata da Xi…
ANGELA NE SAREBBE STATA contenta.
Perché in suo nome sono state rievocate e affrontate quasi tutte le
questioni che riguardano l’attualità della Cina e con esse il nodo che
rappresenta il «Paese di mezzo» attualmente nel mondo. Del resto, non
poteva essere diversamente. Perché proprio questo è stata la ricerca
incessante che per trenta anni la redattrice e inviata de il manifesto
ha condotto con rigore. Cercando di far interagire la scoperta del nuovo
con i processi storici della realtà.
HANNO APERTO la giornata il
saluto sul suo «contributo sinologico» della docente Gaia Perini,
collaboratrice di Angela, e quello di Enzo Naso, marito e compagno di
una vita, che ha ricordato come tutto abbia avuto inizio nel 1984, in un
viaggio fatto insieme in un periodo decisivo nel quale, di fatto, si
avviava concretamente la svolta capitalista voluta da Deng Xiaoping, che
cancellava la collettivizzazione delle terre la realtà di 60mila Comuni
popolari e si aprivano le Zone speciali, permeabili all’intervento del
capitalismo internazionale; dopo la sconfitta della Rivoluzione
culturale, i tentativi di prendere il potere di Lin Biao e soprattutto
dopo la morte di Mao nel 1976 e il ritorno sulla scena di Deng Xiaoping e
l’avvento di Zhao Ziyang. È l’anno in cui Angela attraversa la Cina per
la prima volta, partendo dalle sedi universitarie – non erano forse
state tra le «basi» principali delle guardie rosse? – fino
all’attraversamento profondo, sui battelli che lungo l’immenso Yangtze
Kiang e prima della mega-diga sulle sue Gole, da Chongqing ancora
arrivavano direttamente a Shanghai dopo un viaggio di quasi una
settimana.
LE DOMANDE POSTE tantissime, ma molte risposte restano
inevase e presenti nell’attualità dei nostri giorni. Straordinari i
contributi al seminario: in videoconferenza è intervenuto da Parigi il
sinologo Jean-Philippe Béja sulle vicissitudini del movimento per la
democrazia; «Non solo celebrazioni per la politica di apertura e
riforme» è stato il tema della comunicazione della docente Marina
Miranda che ha aperto squarci su una stagione di conflitti; Alessandra
Lavagnino è intervenuta su «dalla rimozione del passato all’invenzione
della tradizione» raccontando di un singolare convegno tenuto a Nishan,
la sua città natale, su Confucio a fine 2018; preziosa la relazione di
Maria Rita Masci sulla scena letteraria delle riforme «dagli Occhi neri
di Gu Cheng alle Colonne di ghiaccio di Can Xue»; poi ha concluso
Alessandra Brezzi su «storia, memoria e corpo, l’opera di Wen Hui dagli
anni Novanta a oggi».
Una conclusione suggestiva. Tra la
riabilitazione ballata del distaccamento delle «guardie rosse dell’Opera
di Pechino» e l’agitarsi dei corpi dei migranti contadini che ridendo,
battendosi il torso nudo come tamburi, mettono in scena il loro
sradicamento doloroso, abbiamo rivisto il lavoro della «performer»
Angela Pascucci.