La Stampa 1.2.19
Vent’anni di Montalbano
Zingaretti: “Il Commissario è sempre contemporaneo Oggi aiuta donne e migranti”
di Michela Tamburrino
Zingaretti
è sempre più Montalbano. Vent’anni fa si davano del lei, Zingaretti e
l’eroe in vernacolo, rude e dai buoni sentimenti che Camilleri aveva
reso grande tra le pagine dei preziosi libri Sellerio.
Una lenta
trasmutazione operata su due fronti, l’attore e lo scrittore, l’uno si
faceva personaggio e l’altro glielo cuciva addosso. Vent’anni fa era Il
ladro di merendine con la creazione del personaggio François, il bambino
che avrebbe potuto essere figlio di Montalbano per reciproca elezione
affettiva. Invece ha vissuto agitato ed è morto malamente. Ora torna nei
ricordi e nelle citazioni. Perché i vent’anni di Montalbano portano
lieta nostalgia, torta e due nuovi episodi in onda lunedì prossimo,
L’altro capo del filo e il lunedì seguente, Un diario del ’43, regia di
Alberto Sironi, sempre su Rai 1, con nuove tematiche e spettri evocati,
il dramma della migrazione accennato in Ladro di merendine e che oggi ha
il duro sfondo dello stupro ai danni di una bambina, del lavoro di un
medico dai mille pregi e di un musicista talentuoso fuoriuscito da un
barcone.
Vent’anni e un’Italia cambiata con un commissario che le
corre dietro. Un bello slancio visto che i numeri sono dalla sua: 1
miliardo e 179 milioni telespettatori solo italiani ma è trasmesso in 65
paesi tra Europa, Sudamerica, Stati Uniti e Asia. Era cominciata con un
assaggio su Rai 2 nel terrore, ricordava il produttore Carlo Degli
Esposti, Palomar, che una storia colta potesse non piacere. Non fu così.
Ma perché tanto successo? Perché Vigata, il paese siciliano di fantasia
con il più alto tasso di omicidi al mondo dove Montalbano opera, su
Google vanta oltre 250.000 risultati. Ma perché Montalbano non
invecchia? «Perché guarda alla sua contemporaneità. Con lui sono partito
per un viaggio senza uguali che ha contribuito a fare di me l’uomo che
sono oggi. Senza Montalbano sarei diverso. Il suo successo lo dobbiamo
anche alle radici profonde delle storie che affondano nella cultura, che
entrano dentro le pieghe di un'Italia sempre diversa. E poi il Sud,
quella Sicilia tanto poetica e struggente ma non lontana dalla realtà,
così come Camilleri ce la restituisce; avvolgente, seduttiva, fino al
mal d’Africa che mi prende da lontano».
Però Zingaretti subì la
malia dell’abbandono, nel 2005. Poi il ripensamento: «Io sono ancora qui
con tutti gli altri, una squadra mai cambiata che ci ha uniti, ci ha
fatti crescere assieme ai personaggi. Non cambia Montalbano come non
cambiano Augello o Fazio. Un attore che interpreta un personaggio
esistente o di fantasia letteraria si immerge in un universo che è fatto
di tante componenti diverse. Queste a lungo andare per forza ti segnano
e determinano la persona. In vent’anni abbiamo girato con cura
cinematografica solo 34 episodi. Sembrano molti di più».
La
vecchiaia è quel segno nel volto e qualcuno che se ne è andato:
«Marcello Verracchio era il dottor Pasquano, il medico legale. Lo
abbiamo salutato in ospedale, per sempre. Sono contento che la
produzione abbia avuto il coraggio di accogliere la nostra idea, far sì
che il personaggio letterario seguisse la stessa sorte del suo
interprete. Impossibile sostituirlo. Sono stati anni importanti quelli
che abbiamo passato, abbiamo sondato grovigli di passioni, siamo
nell’oggi e in un tempo lontano».
Dice Tinni Andreatta a capo di
Raifiction: «Montalbano subisce un’evoluzione esteriore e interiore.
Montalbano continua a vivere e muta. Aumentano i suoi silenzi, i momenti
in cui sente il bisogno di stare con se stesso, sulla terrazza. Appare
più maturo, più capace di ascoltare e rimanere in silenzio davanti al
dolore e all’umana pietà, capace di forte indignazione e di
comprensione. La consapevolezza del male nel mondo, però, per un verso
non lo fa arretrare nella ricerca della verità, dall’altro, manifesta la
sua umanità dolente, con i vivi e con i morti. Nella storia e oltre la
Storia. Montalbano rimette ordine nelle cose senza fare compromessi,
senza accettare le comode verità, senza nascondersi. È questa la grande
scrittura di Camilleri, una scrittura profonda che tocca senza giudicare
gli abissi più profondi e reconditi del nostro tempo». Ecco che
Camilleri nel primo episodio parla delle donne, la giovane araba
migrante stuprata durante la traversata da due scafisti e di contro la
donna decisa, autonoma, determinata, uccisa anche lei. E nel secondo
episodio cerca nel passato remoto della guerra i significati del
presente.
«Il film dai diversi piani - dichiara Teresa De Santis
direttrice di Rai1 - ci offre spunti di riflessione e una splendida
narrazione di temi controversi e complessi affrontati dal punto di vista
dell’autore».
Si apre appunto con i migranti in una Vigata allo
stremo delle forze, Montalbano che raccoglie un corpo in mare, Antigone
maschile, dolente e attuale. É il risultato di tanti anni da Montalbano.