Corriere 1.2.19
La Rai smorza le polemiche sulla serie
«Montalbano e i migranti? Niente politica, storia scritta anni fa»
di Emilia Costantini
Roma
Il commissario Montalbano deve vedersela con gli sbarchi di migranti e
affronta l’emergenza con i pochi uomini di cui dispone: raccoglie un
corpo senza vita in mare, una tragedia palpabile, una preghiera laica,
la sua.
L’altro capo del filo e Un diario del ’43 sono i due nuovi
episodi della fortunata serie tv, che compie 20 anni, tratta da romanzi
e racconti di Andrea Camilleri, in prima serata su Rai1 l’11 e il 18
febbraio. Come sempre protagonista Luca Zingaretti, per la regia di
Alberto Sironi. Ma stavolta spunta la polemica, per la presunta
preoccupazione della Rai nel trasmettere le immagini degli sbarchi. «Giù
le mani da Montalbano!», tuona Davide Faraone del Pd in Vigilanza Rai.
Puntuale la smentita: «Non c’è imbarazzo per le scene sui migranti —
afferma la direttrice di Rai1 Teresa De Santis —. Se così fosse non
andrebbero in onda. Le polemiche politiche non ci riguardano». Aggiunge
Eleonora Andreatta, direttrice di Rai Fiction che produce la serie con
Palomar: «Montalbano è dentro la contemporaneità e si basa su due
elementi: la pietas e la giustizia. La scena del soccorso in mare
affonda le radici nella tragedia greca».
Zingaretti, chiamato in
causa, sottolinea seccato: «Trovo assurdo parlare di una voce per cui la
Rai sarebbe in fibrillazione. Io sono un attore, recito battute scritte
su un copione. Se, invece, volete conoscere il mio punto di vista sui
migranti, andate a rivedervi il monologo che feci quattro anni fa su
questo tema». Gli fa eco il produttore Degli Esposti: «Noi siamo
teatranti, trasponiamo i romanzi di uno dei più grandi scrittori
viventi. E comunque — aggiunge — Camilleri ha scritto questa storia tre
anni fa».
Polemiche a parte, Zingaretti preferisce soffermarsi
sull’evoluzione del suo personaggio: «Come in tutte le serie gialle, non
cambia il personaggio, ma l’ambiente in cui si muove e il genere
thriller si presta molto bene a raccontare il presente in cui è
collocato. Camilleri, come tutti i grandi scrittori, sa descrivere il
passare del tempo e Montalbano in alcuni momenti è un po’ più cupo
perché è invecchiato, ma soprattutto perché l’Italia è cambiata. Il
Commissario resta quello che è sempre stato, gli vogliamo bene così e
proprio perché è così. Ciò che gli ruota intorno invece si modifica».
Insomma,
l’attore non è stanco di interpretare il poliziotto di Vigata? «La
grandezza di un personaggio così può essere un limite per un attore, ma
non l’ho mai avvertito. Certo, è bello cambiare ruoli, ma è altrettanto
bello avere un rapporto tanto intenso e duraturo con una creatura
scritta da una penna felice».