La Stampa 10.2.19
Bombe carta e paura
Gli anarchici scatenano la guerriglia a Torino
La
protesta contro lo sgombero dell’Asilo occupato. Dodici fermati Strade
bloccate, cassonetti in fiamme e un autobus di linea devastato
di Irene Famà e Lodovica Poletto
Bruciano
i cassonetti non lontano dal centro. Si sgretolano le vetrate. Nel
sabato dello shopping, quando la movida sta per iniziare, quando le
famiglie stanno ancora passeggiando davanti alle vetrine, esplode la
follia di chi, vestito di nero, con i caschi e le maschere sul viso,
vuol vendicarsi di un «sopruso» che sopruso non è. La Polizia ha chiuso
L’Asilo, storica casa del mondo anarchico torinese. Lo ha fatto dopo 25
anni. E dopo che la Digos ha arrestato sei persone sospettate di 23
attentati commessi in giro per l’Italia. Buste esplosive,
essenzialmente. E la base dove tutto veniva organizzato era proprio
l’Asilo di via Alessandria: due piani, un vecchio edificio di una certa
bellezza. È per questo che è nata la vendetta. Il sabato di delirio in
centro.
Erano partiti in poco più di mille: destinazione non
ufficiale era andare a riprendersi l’Asilo. I duri e puri dell’anarchia
indigena e gli amici arrivati da fuori. Dal Veneto, da Milano e da altre
zone. E poi la terra di mezzo di gente solidale, ma non anarchica.
Solidali per lo sgombero, come i pochi del centro sociale più politico
del Nord Italia, Askatasuna. È finita come raccontano le immagini di
questa giornata. Strade bloccate, ovunque cassonetti in fiamme. E il
fiume Dora che fa da spartiacque: sui ponti non si passa perché
dall’altra parte sarebbe fin troppo facile arrivare attraverso mille
strade all’Asilo.
E sono quattro ore di delirio assoluto. Di
sirene e uomini con caschi e scudi che corrono da tutte parti. È il fumo
dei lacrimogeni sparati per tentare di disperdere non chi vuole
protestare, ma quelli che cercano a tutti i costi il contatto con la
polizia. Elencare tutti i fatti e gli scontri sarebbe inutile e quasi
impossibile. Ma c’è una serie di episodi che fanno impressione e che
raccontano di una violenza inutile e insensata che nulla ha a che fare
con la protesta. Corso San Maurizio, arriva la marea di chi cerca lo
scontro. Le scritte sui bus sono scontate. Ciò che è inquietante è
l’assalto ad un mezzo da parte di un gruppo con il viso coperto.
Passamontagna e caschi. A bordo ci sono due donne e l’autista. È il
delirio. I mascherati sfondano i vetri con le spranghe. La gente scappa.
Loro devastano. Gratis. Come gratis sono le vetrine mandate in frantumi
del palazzo di «Smat», la società partecipata che gestisce l’acqua
potabile. Arrivano sfondano e scappano. Inseguiti da manganelli e
sirene.
Volano bombe carta tra le gambe dei poliziotti e volano
sanpietrini. E la risposta sono le cariche e i lacrimogeni. Che rendono
l’aria irrespirabile, che fanno piangere la gente che passa, oppure che
arriva quando gli scontri sono già da un’altra parte della città. È il
prezzo da pagare in questa giornata di delirio. Che va in scena nella
zona a cavallo tra il centro e il quartiere Vanchiglia.
«È finita
la pacchia», scrive su Facebook il ministro dell’Interno Matteo Salvini.
«Torino ostaggio di qualche centinaio di delinquenti dei centri
sociali: tutto il mio supporto ai Torinesi e alle Forze dell’Ordine». La
sindaca Appendino replica parlando di «episodi di violenza di una
gravità inaudita». Scrive: «Quanto sta accadendo in queste ore non può
essere confuso in alcun modo con l’esercizio della democrazia».
Se
in via Bava la sentissero dire queste cose mentre gli anarchici saltano
sulle auto e sfondano i parabrezza per il gusto di farlo allora ci
sarebbero per lei applausi pubblici. Ma in strada, quando è finita la
buriana, la gente protesta. Contro gli anarchici e contro la sua
maggioranza. Che oggi non sfila con chi protesta. Si appalesa soltanto
una ex Cinquestelle, la Montalbano, che difende l’Asilo: «Altro che
sgombero, bisognava dialogare con questi. E di politico in strada ci
sono soltanto io. Mi sentiranno lunedì in Consiglio».
E mentre lei
difende chi sfonda vetrine e auto in via Bava e via Artisti bruciano
cassonetti e saltano vetri. E la polizia alla fine riesce a placcarne e
bloccarne una dozzina. Manette e tutti seduti a terra. Per loro la
guerra stasera è finita. Anzi finirà in questura. Per gli altri, invece,
c’è la fuga verso piazza Santa Giulia.
Quando nei locali della
movida inizia ad esserci super affollamento la giornata è finita. Per
ora. Dodici arresti. Un manifestante in ospedale in «codice giallo» come
dicono quelli del 118.Un manipolo di poliziotti anch’essi in pronto
soccorso a farsi medicare. È finita, per ora, ma la notte rischia di
essere una altro momento di delirio. L’Asilo non sarà preso. Perché la
Questura lo difende. Come Fort Knox.