il manifesto 9.2.19
Cucchi, «esami sbagliati» e «telefonate sparite»
Processo bis. Masciocchi: «Dal corpo sezionata e analizzata parte di colonna sana, senza lesioni»
di Eleonora Martini
Un
«unico evento» traumatico recente – «verificatosi entro 7-15 giorni
dalla morte» – e molto importante, «non riconducibile cioè ad una
semplice caduta», sarebbe la causa delle due fratture vertebrali
riscontrate sul corpo di Stefano Cucchi. Fratture – della vertebra
sacrale S4 e della parte superiore della vertebra lombare L3 (soma,
quest’ultimo, che, nella parte opposta, presentava gli “esiti
cicatriziali” di una vecchia frattura ormai rinsaldata) – riscontrate
perfino dalle lastre effettuate all’ospedale Fatebenefratelli dove venne
visitato il geometra romano arrestato il 15 ottobre 2009 e morto al
Pertini una settimana dopo, ma non dai consulenti e dai periti medico
legali durante il primo processo.
A confermarlo ieri in udienza
davanti alla I Corte d’Assise di Roma è stato Carlo Masciocchi, tra le
altre cose professore ordinario di radiologia dell’Università
dell’Aquila ed ex presidente della Società Italiana di Radiologia
Medica, che ha spiegato a fondo su quali evidenze scientifiche si basa
il suo giudizio.
Nel giugno 2015, su richiesta dell’avvocato Fabio
Anselmo, legale dei Cucchi, Masciocchi studiò l’Rx del Fatebenefratelli
fornito in formato jpeg e le immagini Tac total body eseguita sul
cadavere il 23 novembre 2009, arrivando a concludere ciò che poi, nel
corso del processo bis, è stato confermato dagli stessi carabinieri
“pentiti”: ossia che Stefano aveva subito un forte trauma che gli aveva
spezzato la schiena.
Ma c’è soprattutto un particolare davvero
inquietante che è stato confermato dal luminare di radiologia durante
l’interrogatorio del pm Giovanni Musarò: nel corso del primo processo
Cucchi (non ancora conclusosi) che vede alla sbarra cinque medici del
Pertini, i consulenti medico legali del pm Vincenzo Barba (i professori
Tancredi, Arbarello, Carella e Cipolloni), che hanno sostenuto la
presenza una sola frattura vertebrale e di vecchia data, lo hanno fatto
sulla base di una Risonanza magnetica effettuata sul cadavere riesumato
circa 40 giorni dopo la morte (esame che, secondo Masciocchi, non può
rivelare nulla su un corpo senza vita e per di più eviscerato, perché si
basa sulla rilevazione dell’attività vitale dei tessuti molli).
Mentre
il collegio peritale nominato allora dalla III Corte d’Assise di Roma
(Cristina Cattaneo, Mario Grandi, Gaetano Iapichino, Giancarlo Marenzi,
Erik Sganzerla e Luigi Barana: tra loro nessun radiologo) arrivarono
alla stessa conclusione dopo aver effettuato una Cone Beam (sorta di
panoramica sofisticata usata dai dentisti) «su un tratto di colonna
vertebrale sezionato e prelevato dal cadavere che comprendeva le
vertebre L5, L4 e la parte inferiore della L3, ossia quella dove non
c’era la frattura». Nessuno dei consulente risulta indagato, ma la
scoperta ha lasciato di stucco anche il pm Musarò che ha aperto un
fascicolo integrativo al processo bis riguardante il depistaggio.
Ed
è proprio in questo ambito che si può inscrivere la deposizione del
maresciallo Davide Antonio Speranza, all’epoca dei fatti in servizio
presso la stazione Quadraro. Dopo la morte del giovane, gli venne
chiesto di redigere un’annotazione che poi gli venne corretta. «Scrissi
la seconda sotto dettatura diretta del maresciallo Mandolini (tra gli
imputati, ndr)», ha raccontato ieri riferendo di essere stato poi
ascoltato nei giorni successivi anche dal comandante della compagnia
Casilina, il maggiore Paolo Unali. Ultimo particolare, riferito in aula
dal capo della Squadra mobile, Luigi Silipo: i Cd con le registrazioni e
i tabulati delle conversazioni non trascritte del 2009, le prime dopo
la morte di Cucchi, non si trovano più. «Che fine abbiano fatto – ha
detto Silipo – non lo so».