il manifesto 9.2.19
La Polonia va allo scontro di culture
Incontri.
A Varsavia, con il poeta Jarosław Mikołajewski, «l’odio sta nel
linguaggio, il pensare con i simboli, vedere l’immigrato come una
minaccia»
di Angelo Ferracuti
La morte di Pawel
Adamowicz, il sindaco cristiano di Danzica accoltellato da un folle la
sera del 13 gennaio durante un concerto di beneficenza di fronte a
migliaia di persone, ha molto scosso il poeta Jarosław Mikołajewski,
italianista e traduttore di Dante, Leopardi, Pavese e Pasolini. Lo
stesso giorno, sul suo profilo Facebook, parafrasando il Corsaro, ha
scritto: «Io so./Io so proprio chi l’ha fatto./Lo sappiamo tutti. ’Chi’
oppure ’che cosa’. Ma una cosa può nulla. Un ’chi’, invece, può tutto,
perfino/ammazzare./E se qualcuno pensa di non sapere, prenda coraggio e
dica ’io so’ e subito capirà./Chi dirà ’io so’, sentirà quello di cui
aveva paura che sarebbe successo. Di cui sapeva che/sarebbe successo.
Poiché noi non soltanto sappiamo già. Lo sapevamo e non ne siamo/per
nulla sorpresi pur essendo increduli».
«DANZICA È GENEROSA,
Danzica condivide il bene, Danzica vuole essere una città di
solidarietà», sono state le ultime parole pronunciate da Adamowicz,
prima che il suo assassino lo raggiungesse sul palco colpendolo a morte.
L’incontro
con Mikołajewski è al Café Bazyliszek in Rynek Starego Miasta, la
piazza centrale e il cuore di Varsavia. Sorseggiando un the alla
cannella, il poeta dice serio che questo è «un momento storico
importantissimo». L’omicidio è secondo lui da collegarsi a un altro,
lontano nel tempo: quello del presidente della Polonia Gabriel
Narutowicz, che fu ucciso solo dopo cinque giorni dall’insediamento da
un ultranazionalista a Varsavia, il 16 dicembre del 1922. «Si trattava
dello stesso scontro di culture», afferma.
SECONDO MIKOŁAJEWSKI,
il bersaglio di Libertà e Giustizia, il partito di destra conservatrice
al potere guidato da Jarosław Kaczynski, sovranista e anti Putin, è la
Polonia come comunità di diverse etnie. «Il sindaco di Danzica si è
opposto alla politica governativa. Ha detto di accogliere lo stesso gli
stranieri, ed è stato ammazzato in un momento di solidarietà». Dopo
l’omicidio nel paese c’è stato un risveglio, la gente si è mobilitata,
ci sono state molte «marce del silenzio» spontanee nei maggiori centri
del paese, lunghissime file per visitare la camera ardente.
«LA
DESTRA POPULISTA che sta al governo è scesa di dieci punti – afferma
Mikołajewski – C’è una presa di coscienza che questo governo ci porta
verso il precipizio, l’odio sta nel linguaggio, il pensare con i
simboli, vedere l’immigrato come una minaccia». Tutto il contrario di
ciò che pensava il suo amico Ryszard Kapuscinski: «La sua era una
cultura di apertura. Nella storia della Poloniaè sempre esistita questa
dualità. Lui è un simbolo della Polonia aperta, che conosce, che ha
sofferto. Un paese proprio per questo dovrebbe avere l’obbligo di capire
gli altri e non sentirsi superiore, la destra odia la cultura di
Kapuscinski».
Secondo lo scrittore, la destra razzista polacca usa
i simboli con fanatismo, non vive i contenuti del cristianesimo, come
invece faceva il sindaco di Danzica e il movimento di amministratori
liberaldemocratici antisovranisti. «Ci siamo illusi per troppo tempo che
l’Unione europea fosse compiuta, non ci siamo accorti che sotto le
apparenze dormivano gli spettri del peggiore passato», dice. «Kaczynski
accoglie tutti, soprattutto i cattolici fondamentalisti, basta che
pensano con i simboli, ma non dimentichiamo che anche la cultura
comunista era nazionalista. Ora però è accaduto qualcosa di molto grave.
L’odio del linguaggio provoca l’omicidio».
IN «GIUNGLA POLACCA»,
proprio Kapuscinski, il reporter che scriveva la «storia viva», parlava
di qualcosa che ancora ci riguarda: «I morti ci ammoniscono. Ci hanno
trasmesso qualcosa di importante e noi dobbiamo sentirci responsabili.
Ognuno di noi, nei limiti delle sue capacità, dovrebbe combattere tutto
ciò che può portare alla guerra, al crimine, alla catastrofe. Noi
sopravvissuti alla guerra, sappiamo come comincia, da dove scaturisce.
Sappiamo che non nasce solo dalle bombe e dai razzi ma anche, e forse
soprattutto, dal fanatismo e dalla superbia, dalla stupidità e dal
disprezzo, dall’ignoranza e dall’odio».