il manifesto 7.2.19
Cucchi, il generale Casarsa indagato per il depistaggio
L’allora
colonnello, comandante del Gruppo Roma, finisce nell’inchiesta
integrativa al processo bis. Fino a un mese fa era comandante dei
Corazzieri del Quirinale, accusato di falso
di Eleonora Martini
E
ora c’è il primo generale dei Carabinieri indagato per il depistaggio
delle indagini sulla morte di Stefano Cucchi. Si tratta di Alessandro
Casarsa, fino a quattro settimane fa comandante dei Corazzieri del
Quirinale, immediatamente rimosso quando le indagini hanno iniziato a
lambire gli ambienti del Gruppo Roma, di cui Casarsa all’epoca dei fatti
era comandante.
Nel 2009 il generale occupava un gradino più in
basso nella carriera militare, era colonnello. Finora il più alto in
grado nei vertici dell’Arma finiti nell’inchiesta integrativa al
processo bis aperta dal pm Giovanni Musarò per fare luce sui tentativi
di insabbiamento del pestaggio subito dal geometra romano da parte di
due carabinieri che lo arrestarono il 15 ottobre 2009, è stato il
tenente colonnello Luciano Soligo che allora era comandante della
compagnia Talenti Montesacro.
Il generale Alessandro Casarsa
La
scorsa settimana il generale Casarsa si è recato a Piazzale Clodio dove
è stato interrogato dal procuratore capo Giuseppe Pignatone e dal pm
Musarò che lo accusa di falso, per aver permesso di modificare le
annotazioni di servizio stilate da due carabinieri della caserma di Tor
Sapienza, dove il giovane arrestato trascorse la notte, che contenevano
particolari sullo stato di salute attuale di Cucchi. Secondo il
resoconto dell’interrogatorio ricostruito sul Corriere della Sera, il
generale si sarebbe difeso negando ogni addebito ma soprattutto –
particolare importante, se confermato – avrebbe detto di ricordare bene a
distanza di nove anni «l’indicazione data ai carabinieri che avevano
avuto a che fare con Cucchi di essere il più precisi e dettagliati
possibile nelle loro ricostruzioni».
Il nome di Alessandro Casarsa
compariva nell’elenco dei testimoni chiamati a processo dall’avvocato
Diego Perugini, difensore di Nicola Menichini, uno dei tre agenti di
polizia penitenziaria erroneamente accusato di lesioni e abuso di
contenzione nel primo processo (a causa del depistaggio) e che oggi è
parte lesa. Nella lista di testimoni del legale compaiono anche il
generale Vittorio Tomasone, all’epoca comandante provinciale, e il
capitano Tiziano Testarmata, accusato di favoreggiamento per non aver
messo agli atti una mail nella quale un altro indagato, il tenente
colonnello Francesco Cavallo, indicava come falsificare le annotazioni
su Cucchi.
«Ma ora che il generale Casarsa è indagato, la sua
deposizione al processo diventa questione ancora più delicata»,
riferisce Perugini che spiega al manifesto i motivi per i quali ha
chiamato a deporre anche i vertici dell’Arma: «Che ci fosse un filo
rosso che portava più in alto lo si era capito fin dall’inizio, l’aria
fetida la si percepiva già, ma quello che sta venendo fuori era
sinceramente inimmaginabile».
«Ciò che sta emergendo ogni giorno
di più, è spaventoso – commenta la notizia Ilaria Cucchi, sorella di
Stefano -. I depistaggi e i tentativi di insabbiamento della verità ci
sono stati nel 2009, poi nel 2015 e continuano ancora oggi, malgrado un
magistrato come Musarò stia cercando di fare luce sull’accaduto. Non
hanno paura di nulla né rispetto di alcuno, neppure della magistratura.
Da cittadina, mi fa paura».