il manifesto 2.2.19
Maduro o non Maduro, Mosca pensa ai suoi interessi
Putin
invia un team di diplomatici a Caracas. L'obiettivo è parlare con tutti
e trovare una soluzione che non metta a rischio le relazioni economiche
di Yurii Colombo
Sono
giorni di grande fibrillazione per la diplomazia russa per trovare una
via d’uscita alla crisi venezuelana. Voci e notizie si rincorrono ma
spesso sono fantasiose. Come quella, riportata da molte testate secondo
la quale nei forzieri della Banca centrale russa sarebbero stati
depositati 20 miliardi di dollari in oro venezuelani. Priva di qualsiasi
fondamento anche la voce secondo cui 400 contractor russi sarebbero
presenti a Caracas.
Risulta invece confermato che un team di
diplomatici russi sia atterrato in Venezuela e abbia preso contatto con i
vertici dello Stato, dell’opposizione e dell’esercito (il ministero
degli Esteri conferma inoltre la misteriosa notizia di aver spedito un
aereo civile vuoto a Caracas).
La Russia intende giungere a una
soluzione che tuteli i suoi interessi, e non lo nasconde affatto. Ieri
l’autoproclamato presidente Juan Guaidó ha voluto mandare un esplicito
messaggio in questo senso sia alla Russia sia alla Cina. «La cosa più
vantaggiosa per Russia e Cina è la stabilità del paese e il cambio di
potere: Maduro non protegge gli interessi del Venezuela, non protegge
gli investimenti di nessuno, quindi non è redditizio neppure per questi
Stati», ha dichiarato Guaidó alla Reuters.
Dopo poche ore è giunta
la replica del portavoce del Cremlino Dmitry Peskov che suona come una
vera apertura di credito verso l’opposizione: «Indipendentemente dallo
sviluppo della situazione politica in questo paese, speriamo e
attendiamo con impazienza di poter proseguire e sviluppare le nostre
relazioni commerciali ed economiche» ha dichiarato Peskov. Che ha poi
precisato come per ora il referente di Mosca resti Nicolás Maduro.
Ma
quest’ultimo non deve aver apprezzato la sortita di Peskov. Mosca ora
si aspetta che la crisi si possa risolvere per via negoziale e
elettorale e senza una crisi militare che costringerebbe Mosca a
schierarsi obtorto collo con il governo bolivariano.
Non è certo
il realismo politico ciò che manca alla Russia di Putin. «Ci sono rischi
per l’attività delle compagnie russe in Venezuela, sarebbe sciocco
negarlo» ha detto ai giornalisti il vice primo ministro Dmitry Kozak.
Interessi corposi: non si tratta solo dei 17 miliardi di dollari di
esposizione creditizia e delle partecipazioni azionarie in molte società
petrolifere venezuelane, ma anche degli 11 miliardi di forniture
belliche del periodo 2005-2017 mai pagate dal governo venezuelano.