il manifesto 13.2.19
L’Accademia ungherese sotto attacco
Senza
più autonomia, fondi e ricerca. Professori e studiosi scendono in
piazza a Budapest per difendere la prestigiosa Mta, su cui il governo
Orbán ha messo le mani
di Massimo Congiu
BUDAPEST
«Il sapere è del popolo ungherese, non del governo», si leggeva su uno
dei cartelli comparsi durante la manifestazione che si è svolta ieri nel
primo pomeriggio a sostegno dell’Accademia Ungherese delle Scienze
(Mta), la cui autonomia è attaccata da quasi un anno dal governo di
Viktor Orbán. Diverse centinaia di persone hanno formato una catena
umana intorno all’edificio della prestigiosa istituzione, fondata nel
1825, e consegnato al presidente dell’Mta, László Lovász, una petizione
per chiedere di non accettare la liquidazione della rete di istituti di
ricerca che fanno capo all’Accademia.
LE MANIFESTAZIONI per la
libertà accademica e per protestare contro il trasferimento a Vienna
della Ceu (Central European University) fondata da George Soros, sono
iniziate alla fine dell’anno scorso con una discreta partecipazione di
gente. La mobilitazione che ha avuto luogo nell’ultima settimana di
novembre e che si è intensificata nel corso del mese successivo, non ha
però ottenuto che il governo modificasse i suoi piani basati su una
chiara volontà di estendere il suo controllo sulla vita pubblica del
paese.
L’anno scorso l’esecutivo ha deciso di trasferire sostanze
economiche e competenze al neocostituito ministero per l’Innovazione e
la Ricerca guidato da László Palkovics per rendere la ricerca più
competitiva, secondo la motivazione ufficiale delle autorità. In ambito
umanistico, denunciano i ricercatori, sono stati creati, negli ultimi
anni, una decina di istituti di ricerca in aperta competizione con i
quindici coordinati dall’Accademia. Secondo i ricercatori dell’Mta,
l’obiettivo di Palkovics, e quindi del governo, è quello di ridurre
l’Istituzione a una sorta di «innocuo club accademico» composto, per lo
più, da studiosi in pensione, sul modello della riorganizzazione
dell’Accademia Russa delle Scienze, avvenuta fra il 2013 e il 2014. Una
nota del Forum dei ricercatori mette in guardia: la rete di centri di
ricerca dell’Mta, forte di 5mila membri attivi, è destinata ad essere
trasferita in università o centri di ricerca controllati dallo Stato o
ad essere soppressa. «Diversi centri operanti per lo più nell’ambito
delle discipline umanistiche e delle scienze sociali potrebbero essere
facilmente etichettati come ’non produttivi’ e quindi smantellati», si
legge nella nota.
POCO DOPO le elezioni dello scorso anno, vinte
dal Fidesz, il partito di Orbán, sono comparse liste di proscrizione,
alcune delle quali recanti nomi di studiosi rei di occuparsi di
argomenti relativi all’immigrazione, all’omosessualità e alle questioni
di genere. Temi, gli ultimi due, il cui studio va disincentivato,
secondo le autorità di Budapest, perché il paese non può permettersi di
legittimare tendenze sessuali devianti, dato il suo saldo demografico
negativo. Il governo ha così colpito a suon di decreti gli studi di
genere costringendo le facoltà di sociologia a sopprimere le relative
cattedre. D’altra parte le parole pronunciate di recente da Zoltán
Kovács, portavoce del gabinetto Orbán, sono chiare: «Queste ricerche non
coincidono con la filosofia del governo». Governo che, nella riforma
dell’istruzione, obbliga le scuole pubbliche ad adottare solo libri di
testo pubblicati dal Centro Statale per lo Sviluppo dell’Istruzione
(Ofi), al posto di quelli messi in circolazione da editori privati. Si
parla di testi che descrivono l’immigrazione come un pericolo per i
valori della nazione, e l’Unione europea come un entità dal quale il
paese si deve difendere.
LA COMUNITÀ SCIENTIFICA è in subbuglio.
All’interno dell’Mta è nato un gruppo di studiosi, Stadium 28, assai
attivo nella campagna in difesa dell’Accademia, contro la decisione
dell’esecutivo di controllarne l’attività, il budget e i temi di
ricerca. Numerosi studiosi dell’Mta hanno firmato una lettera destinata
all’esecutivo e al ministro Palkovics per chiedere il ripristino
dell’autonomia dell’Accademia, quell’autonomia giuridica e
amministrativa di cui l’Istituzione ha potuto godere fino all’anno
scorso. Ora però la situazione è cambiata, in peggio. Lo storico
italiano Stefano Bottoni, membro dell’Mta, ha rivolto un appello per
chiedere solidarietà alla comunità scientifica italiana in sostegno alla
lotta degli accademici ungheresi. Come scrive Bottoni, le autorità di
Budapest sanno che «dal 2021 l’Ungheria perderà parte dei finanziamenti
europei», si parla di 6 miliardi di euro in meno per il periodo che va
dal 2021 al 2027. La sola eccezione è quella riguardante il settore
dell’innovazione. Per cui, fa notare lo studioso, lo smembramento
dell’Accademia e dei suoi centri di ricerca è funzionale al controllo
governativo sulle ingenti somme destinate al comparto. Aspetti economici
a parte, Bottoni parla di «epurazione scientifica, la più drastica di
sempre nella storia del paese». Sono in linea con questo clima le frasi
pronunciate in un’intervista dal nuovo direttore del Museo Letterario
Petofi, Szilárd Demeter, secondo il quale vale la pena di agevolare il
lavoro degli scrittori ungheresi le cui opere si rivolgano ai loro
connazionali e possano essere considerate, anche in futuro, parte
integrante della letteratura ungherese, e non di quanti, per motivi
definiti puramente commerciali, aspirino soprattutto a essere tradotti
all’estero e a raggiungere la popolarità internazionale.