il manifesto 13.2.19
«Stampa sotto attacco perché ostacola il potere»
Raffaele
Lorusso, segretario generale della Fnsi al XXVIII Congresso. Tagli
all’editoria, social network e precarizzazione minacciano la libertà di
stampa
di Giansandro Merli
«Dal governo in
carica sono arrivati e arrivano segnali di forte ostilità. Bisogna
confrontarsi con tutti, a patto che ci siano le condizioni – ha detto
aprendo
il 28° congresso della Federazione nazionale stampa italiana – Non si
può dialogare con chi, come il vicepremier Di Maio, parla di infimi
sciacalli, senza alcuna forma di ravvedimento auspica la chiusura dei
giornali, si compiace per l’azzeramento del fondo per l’editoria. Fino a
quando l’atteggiamento del governo sarà questo non potrà non esserci
una reazione. Se vuole confrontarsi seriamente troverà nella Fnsi un
interlocutore rispettoso e disponibile».
GIÀ IL 18 DICEMBRE SCORSO
il sindacato dei giornalisti aveva manifestato a Montecitorio contro i
tagli ai giornali cooperativi e delle minoranze linguistiche presentati
«con grande orgoglio» dal sottosegretario all’editoria Vito Crimi (5S) e
successivamente approvati dal parlamento. Secondo il governo la stampa,
al pari degli altri settori, deve essere regolata dal mercato. Lo ha
detto il presidente del consiglio Giuseppe Conte nel corso della
conferenza stampa di fine anno rispondendo alle domande di Radio
Radicale e del Manifesto, che insieme ad Avvenire e decine di altre
testate cooperative sono stati colpiti dai tagli al fondo per il
pluralismo.
SECONDO LORUSSO negli anni della crisi i giornalisti
occupati sono passati dai 18.866 del 2008 ai 15.016 dei dati più
recenti. In totale, meno 20%. Tra chi ancora riesce a lavorare nel
settore la precarietà è dilagante. «La figura del co.co.co. è il
principale strumento per aggirare la contrattualizzazione – sostiene – i
7.700 collaboratori coordinati e continuativi hanno una media
retributiva di 9.700 euro. Svolgono le stesse mansioni ma hanno un
salario sei volte inferiore a un giornalista assunto ex articolo 1». Una
situazione che mette a rischio anche i conti dell’Istituto nazionale di
previdenza dei giornalisti italiani (Inpgi): «Negli stessi anni i
giornalisti pensionati sono passati da 4.256 nel 2008 a 7.240 nel 2018».
IL
PROBLEMA per Lorusso è sistemico e riguarda anche le trasformazioni
tecnologiche che hanno investito il settore. Mentre i colossi del web
macinano guadagni da capogiro, anche grazie all’informazione prodotta
nelle redazioni, non c’è alcuna redistribuzione degli utili sul mercato
editoriale. «Dal 2007, quando sono arrivati iPhone e Facebook, le copie
vendute sono passate da 6,1 milioni al giorno a 2,6 milioni nel 2018,
incluse le copie digitali. Il mercato della pubblicità non è cresciuto
come ci si aspettava rispetto all’incremento degli utenti. Negli ultimi
10 anni è aumentato da 950 milioni a 2,9 miliardi di euro. Ma il 75% di
queste risorse finisce ai cosiddetti “over the top”, cioè Google e
Facebook».
IL CONGRESSO è stato aperto dai messaggi delle più alte
cariche istituzionali. «Libertà di informazione e democrazia sono
elementi inscindibili» ha affermato il presidente della Repubblica
Sergio Mattarella. Elisabetta Casellati, presidente del Senato, e
Roberto Fico, presidente della Camera, hanno sottolineato l’importanza
di deontologia ed etica nella professione giornalistica. Parole che
risuonano lontane dai provvedimenti del governo gialloverde che mettono
in ginocchio le piccole testate e consegnano l’informazione al mercato e
ai grandi gruppi editoriali. «La stampa è sotto attacco perché è
l’ostacolo all’affermazione di un modello a cui il potere ambisce da
sempre – ha concluso Lorusso – il modello del balcone, oggi diventato
balcone telematico, dal quale il capo parla alla folla e impone la sua
visione del mondo in 180 caratteri».