giovedì 7 febbraio 2019

Il Fatto 7.2.19
Sanità, la svolta di Fontana non piace ai privati
di Gianni Barbacetto


Modello Formigoni ciao ciao. La Regione Lombardia cambia registro e cerca di riequilibrare sanità pubblica e sanità privata. Il Celeste magnificava la sanità lombarda – quella da lui riformata modificando il modello nazionale – come una “eccellenza”, un esempio per tutto il Paese. Intanto in Lombardia la spesa pubblica sanitaria aumentava e soprattutto cresceva la quota per le strutture private, a danno della sanità pubblica. Crescevano anche i “benefit” per Roberto Formigoni, il presidente della Regione Lombardia che godeva di viaggi, vacanze, yacht, pranzi, cene, villa in Sardegna e coccole varie ed eventuali, gentilmente messe a disposizione dai boss della sanità privata, che hanno il senso della riconoscenza. La Corte d’appello di Milano lo ha condannato per questo, nel settembre 2018, a 7 anni e 6 mesi di reclusione per il reato di corruzione. E la Corte dei conti gli ha sequestrato 5 milioni di euro, valutando che questa sia la somma dei benefit ricevuti negli anni.
Al di là dei “benefit”, il Modello Formigoni consisteva nell’equiparare strutture pubbliche e strutture private, in nome della libertà di scelta del paziente. Impostazione unica in Italia, che ha lasciato, in realtà, ai privati la libertà di crescere, aumentare i fatturati e scegliere i settori dove offrire più servizi: quelli più remunerativi, naturalmente, lasciando al pubblico quelli che rendono meno e creando per alcune prestazioni lunghissime liste di attesa. Roberto Maroni, succeduto a Formigoni al vertice della Regione, ha cambiato i nomi delle strutture sanitarie, ma non il sistema. Così sono cresciute le fortune e i fatturati di imprese come Humanitas (di Gianfelice Rocca), San Donato e San Raffaele (della famiglia Rotelli), Multimedica (di Daniele Schwarz).
I ricoveri in Lombardia sono 1,4 milioni all’anno: circa 500 mila (il 35 per cento) sono in strutture private, con un fatturato di oltre 2 miliardi, sui 5,4 totali. Le visite e gli esami ambulatoriali sono 160 mila all’anno: 67 milioni (il 42 per cento) fornite dai privati, che incassano 1,2 miliardi di euro, sui 2,9 miliardi totali.
Ora ad annunciare la svolta, provando a uscire dal Modello Formigoni, è il presidente Attilio Fontana. Ce la farà? Il primo atto è un documento intitolato “Regole di sistema 2019” in cui chiede ai privati di programmare le attività non in base ai propri fatturati, ma alle esigenze dei pazienti, fornendo innanzitutto le cure più necessarie e quelle con maggiori tempi di attesa. Chiede di vincolare 35 milioni di euro per prestazioni non scelte dai boss privati, ma dall’assessorato alla Sanità. “Bisogna evitare che gli erogatori si concentrino su attività caratterizzate da buona redditività e da non verificata necessità epidemiologica”, si legge nelle nuove regole della Regione. Per questo 35 milioni saranno sottratti alla discrezionalità dei privati e impiegati per prestazioni scelte dal pubblico.
Lo stesso succederà per dodici visite ed esami specialistici ad alti tempi di attesa, che oggi hanno code di più di 30 o di 60 giorni. Più stringenti saranno anche i controlli, per verificare se siano davvero necessarie alcune prestazioni molto di moda (e molto remunerative) come per esempio gli interventi di chirurgia anti-obesità.
Richieste legittime, visto che i privati incassano, ma a pagare, con soldi pubblici, è sempre la Regione. Che Fontana sia sulla strada giusta lo dimostra la reazione rabbiosa dei boss della sanità privata, arrivata attraverso Confindustria Sanità e le altre associazioni dei padroni delle cliniche. Ma riuscirà a scalzare il Modello Formigoni?