martedì 12 febbraio 2019

Il Fatto 10.9.19
I sindacati tornano in piazza: “Ora veniteci a contare voi”
Sfida al governo - Cgil, Cisl e Uil: le tre confederazioni manifestano di nuovo insieme. A San Giovanni arrivano in 200 mila. E per l’occasione Di Maio e Salvini stanno zitti
di Salvatore Cannavò


Che la manifestazione di Cgil, Cisl e Uil sia stato un successo lo si capisce dal fatto che né Luigi Di Maio né Matteo Salvini abbiano scelto la replica dello sfottò o dell’attacco frontale. Impegnati nell’ultimo miglio della campagna elettorale per l’Abruzzo, i due vicepremier hanno parlato d’altro. Ma non hanno potuto non vedere il fatto nuovo.
Di numeri non ce ne sono – “contateci voi” ha detto Maurizio Landini dal palco del comizio – ma si tratta comunque del corteo delle grandi occasioni (circa 200 mila partecipanti) e alcuni fatti molto chiari.
Il primo è che ora il governo ha un interlocutore alternativo, non ancora un avversario diretto – non siamo ancora allo sciopero generale – ma un controcanto. Secondo, il sindacato c’è, ha una forza e, soprattutto, un leader di peso, riconosciuto e che vuole farsi sentire. Terzo, Cgil, Cisl e Uil vogliono tornare a essere una controparte, contare per strappare dei risultati. “Invece di incontrare i Gilet gialli in Francia – ha detto Landini dal palco – il governo incontri il sindacato”.
La manifestazione è stata anche occasione di una rinnovata unità delle tre sigle sindacali che si erano divise nei confronti dei governi di centrosinistra. Contro il Jobs Act solo Cgil e Uil manifestarono e scioperarono. E dietro questa unità hanno sfilato anche le varie sinistre con i due candidati alla segreteria del Pd, Nicola Zingaretti e Maurizio Martina – il terzo, Roberto Giachetti era a Danzica a incontrare Solidarnosc… Hanno sfilato leader minori come Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana e Roberto Speranza, di Mdp. Ma allargando il quadro si sono visti anche altri personaggi: la foto di gruppo di Massimo D’Alema con Sergio Cofferati e Guglielmo Epifani o quella di Carlo Calenda avvolto nella bandiera Cisl (mentre il figlio sventolava una vecchia bandiera Pci). Immagini che raccontano anche i rischi che corre il sindacato a essere schiacciato sulla corsa della politica al selfie di turno. Soprattutto se questo diventa un richiamo al “frontismo” magari in nome di Emmanuel Macron.
Landini ha avvertito il rischio e ha ribadito che il sindacato vuole rappresentare “valori importanti della Costituzione”, ma per conto suo, in piena autonomia.
Alla fine della giornata, comunque, resta in campo una forza sociale e popolare che si contrappone al governo: “Contro quelli che seminano odio – spiega ancora Landini – ci sono quelli come noi che seminano solidarietà”. Il tema dei migranti, dell’antirazzismo dei valori da difendere ha percorso anche i discorsi di Forlan della Cisl e di Barbagallo della Uil. Su questo Cgil, Cisl e Uil vogliono tenere una distanza molto chiara con la narrazione di governo: “Sono più i giovani italiani che lasciano il Paese dei migranti che arrivano” ha detto Landini il quale ha ribattuto più volte su punto avvertendo del rischio che la chiusura nazionalista comporta per i diritti dei lavoratori: “Guardate Orban in Ungheria: chiude il suo paese e ai lavoratori chiede di fare fino a 400 ore di straordinario”.
L’alternatività al governo si recepisce anche sul tema sociale più importante che ha caratterizzato la manifestazione: il lavoro. “Vogliamo gli investimenti perché solo questi creano lavoro” è stato il ritornello insistito. E in questa impostazione si legge la cultura sindacale che, al fondo, contrappone il “lavoro” al “reddito” e che sull’importanza degli investimenti, e delle grandi opere, costruisce un rapporto privilegiato con le imprese. Non a caso hanno sfilato ieri, per la prima volta, anche alcune rappresentanze degli industriali.
Alternativi al governo, dunque, ma per farsi ascoltare. Anche per questo i tre segretari hanno insistito sulla propria piattaforma e sulle rivendicazioni: più investimenti, rinnovo dei contratti per il pubblico, più fondi al Mezzogiorno, no all’autonomia differenziata – tema che diventerà centrale – insufficienza delle modifiche alla legge Fornero e dubbi, tanti dubbi, sul Reddito di cittadinanza. La tesi è: “Va bene una misura contro la povertà, ma si poteva incrementare il Rei”. Soprattutto, dicono, si dovrebbero ripristinare i classici ammortizzatori sociali per il lavoro – cassa integrazione, Naspi – e creare lavoro con gli investimenti pubblici. Landini, poi, non perde l’occasione di ironizzare sui “navigator” i nuovi addetti ai centri per l’impiego che dovrebbero indirizzare i percettori del reddito di cittadinanza verso posti di lavoro: “Ma saranno assunti con contratti precari, non mi sembra una grande idea”.