Corriere 9.2.19
Franzoni, i giorni a Cogne dopo la libertà
«Ora finalmente mi godo la nuova vita»
Nel borgo bolognese dove vive protetta dalla famiglia. Il vicino: «Le affiderei i miei figli»
«Lei ha cercato di incolpare dei poveracci, è meglio che qui non ci ritorni più»
di Gianluca Rotondi
Monteacuto
Vallese (Bologna) San Rocco è un fortino assediato. Il piccolo borgo
sull’Appennino bolognese dove Annamaria Franzoni ha scelto di vivere da
donna libera è un crocicchio di strade e villette isolate dove si
conoscono tutti. Dista solo una manciata di chilometri da Ripoli Santa
Cristina, il paesino dove è nata e che ha segnato tutte le tappe di
questa storia infinita che dopo 17 anni è arrivata al punto di svolta.
Eppure sembra che il tempo si sia fermato, con i pochi residenti e i
tanti parenti a fare da scudo per proteggere la «bimba», come tutti da
sempre chiamano la mamma di Cogne. Sembra di essere tornati ai giorni
dell’arresto quando su queste montagne c’erano più giornalisti che
abitanti. Tutto è come allora, compresa la poca voglia di parlare e
l’influenza che ancora esercita la famiglia Franzoni, una dinastia che
col padre Giorgio al timone ha tirato su mezzo paese e ora ha eretto un
muro di silenzio.
Anna Maria se ne sta chiusa nella villetta
bianca dove abita con la sua famiglia da novembre, sulla facciata una
grande stella cometa, il ricordo del primo Natale passato qui. È
protetta dai parenti e dagli amici che l’hanno vista crescere e in tutti
questi anni si sono sempre schierati dalla sua parte. Come Giulia e sua
sorella che ieri le hanno portato una busta con la spesa aprendosi un
varco tra cronisti e cameramen. L’hanno affidata a una ragazza, l’unica a
mettere il naso fuori di casa. «Le ho parlato poco fa al telefono, è
felice e sollevata. Ha detto che ora è finalmente libera di vivere la
sua vita, di godersi quella libertà che per troppi anni non ha avuto.
Noi non abbiamo mai avuto dubbi sulla sua innocenza, la conosciamo bene e
sappiamo che non può averlo fatto».
Qui la pensano tutti così, un
copione mandato a memoria senza mai un dubbio. Antonio Bignami vive
davanti alla nuova casa dei Franzoni, li ha visti traslocare a novembre e
stabilirsi qui, a pochi tornanti dal padre Giorgio e non lontano
dall’azienda agricola di famiglia: «Era tranquilla, aspettava questa
notizia con impazienza. La conosco da sempre, faceva da babysitter ai
miei figli e glieli affiderei ancora. Ho festeggiato le nozze d’argento
nell’agriturismo dei Franzoni e Annamaria ci ha fatto la torta. Per lo
Stato resta colpevole ma lei vuole dimostrare di non esserlo. Ripete che
è innocente».
È questo il pensiero fisso di Annamaria, una donna
divisa tra la voglia di essere dimenticata e l’esigenza di dire che a
dispetto delle sentenze non è stata lei a uccidere Samuele. Ma lei e la
sua famiglia allargata hanno scelto la strategia del silenzio. Non una
parola, solo indifferenza. Stesso copione nell’azienda di famiglia dove
le poche parole spese sono per i cronisti «brutta gente».
A metà
pomeriggio arrivano i carabinieri, li hanno chiamati dalla villetta per
chiedere di allontanare i giornalisti dalla proprietà. I militari
identificano tutti. I pochi passanti che si fermano a parlare vivono con
fastidio questa nuova ribalta mediatica: «Vuole essere lasciata in
pace, dimenticata». Ma non vacillano: «Non è stata lei, ha sofferto
anche troppo». Tutt’altra atmosfera si respira a Cogne dove la gente non
ha dimenticato gli anni delle accuse e dei veleni: «Se potevano
incastravano gente del posto, vicini di casa. Ha incolpato dei
poveracci, cercato di colpire chi non c’entrava. Meglio non torni qui».
Ma Annamaria li è tornata qualche giorno a novembre con la famiglia,
proprio nella villetta di Montroz dove il 30 gennaio 2002 fu ucciso
Samuele. Era già libera.