Corriere 6.2.19
Il 16 febbraio all’Università Statale di Milano il Forum di psicoanalisi
Le due passioni che dividono l’Europa
di Silvia Vegetti Finzi
Amore
e odio per l’Europa, il titolo del Forum Europeo che si terrà sabato 16
febbraio presso l’Università Statale di Milano per iniziativa della
Scuola lacaniana di psicoanalisi, introduce nell’acceso dibattito tra
europeisti e nazionalisti due termini inattesi, che appartengono al
catalogo delle passioni più che al calcolo delle ragioni. Un’antinomia
originaria che incrina la nascita stessa dell’Unione Europea.
Non
dimentichiamo che l’ideale europeista nasce nel 1941, a Ventotene, dalla
fantasia utopica di due condannati al confino per antifascismo, Altiero
Spinelli ed Ernesto Rossi in collaborazione con Eugenio Colorni e
Ursula Hirschmann. Dall’esilio, i padri fondatori redigono un documento
che affida all’Europa la realizzazione degli ideali di pace, libertà e
giustizia travolti dalla guerra. Ma quando, nel 1950, si attua la prima
forma di coesione, la Comunità europea del carbone e dell’acciaio
(Ceca), sarà un patto meramente economico, una «fusione a freddo» che
lascerà estranea e indifferente l’opinione pubblica, rendendo fragile e
incompiuto il progetto unitario.
Tuttavia solo la crisi economica e
l’impossibilità di contenere i flussi migratori riveleranno, all’inizio
di questo secolo, il potenziale passionale celato dall’indifferenza.
Sull’onda
di vecchie e nuove formazioni politiche e il riemergere di termini
desueti quali «populismo» e «sovranismo», il disinteresse iniziale si
frantuma lasciando emergere contraddittorie dinamiche di amore e odio,
speranza e paura. Un coagulo di passioni che, nel corso dei lavori, gli
psicoanalisti intendono analizzare dialogando con storici, filosofi ed
economisti, nonché con i rappresentanti di varie istituzioni culturali.
Come
suggerisce Marco Focchi, direttore del Forum: «Senza il collante
dell’ideale, che convoglia i sentimenti ambivalenti mettendo a profitto
l’amore ed economizzando l’odio come energia trasformativa, le passioni
tracimano, si scatenano incontrollate, creano correnti alternative,
attriti, collisioni, incontri cercati e al tempo stesso rifuggiti».
Per
uscire da un’implosione che immobilizza e corrode, la psicoanalisi
propone di riconoscere la coesistenza dei contrari che Lacan chiama
hainamoration: una commistione di odio che divide e di amore che unisce,
finalizzata a mantenere la giusta distanza tra Sé e l’Altro. Ove
l’altro è anche una parte di me, la componente oscura di cui liberarmi e
che, proiettata sull’estraneo lo rende, in quanto ricettacolo del
negativo, sconosciuto e minaccioso. Si stabilisce così, nella logica
speculare dell’inconscio, un’inversione paradossale: non sono io che
odio l’altro, è l’altro che odia me. In un clima diffuso di sospetto e
ostilità, non basta tuttavia la buona volontà per realizzare un buon uso
delle passioni.
Tanto più in presenza di una profonda
dissimmetria tra l’inconsistenza dell’Europa, sentita come
un’istituzione algida e lontana, e una immagine del nostro Paese calda e
condivisa, radicata nella temperie collettiva del Risorgimento e della
Prima guerra mondiale. I nostri ragazzi crescono circondati da simboli e
narrazioni — vie, lapidi, monumenti, musica e teatro — che rammemorano e
celebrano fatti ed eroi di quelle storiche imprese. Nulla di simile per
quanto riguarda l’Europa: se l’Italia rappresenta la madre patria,
l’Europa evoca la matrigna che vorrebbe usurparne il posto. Come far
coesistere due figure così eterogenee? Mentre l’una appare unitaria e
coesa (una lingua, un suolo, una Legge), l’altra si presenta come
polimorfa, composita e conflittuale, aliena.
Poiché ogni epoca
storica si caratterizza per un problema da affrontare, alla nostra si
chiede soprattutto di declinare uguaglianza e differenza fondendole in
modo che l’amore prevalga sull’odio, l’unione sulla divisione. Ma perché
quell’alchimia possa avvenire è necessario promuovere, in nome
dell’Europa, una cultura diffusa e una formazione delle nuove
generazioni all’altezza della sfida che le attende.