Corriere 6.2.19
I cattolici in politica per costruire il futuro
In Italia la presenza di papa Francesco limita l’uso dei simboli religiosi da parte di Salvini
Nel cambio d’epoca che attraversiamo, è tornato centrale il rapporto tra politica e religione
di Mauro Magatti
Nelle
ultime settimane, in occasione dei cento anni dell’appello ai liberi e
forti di Sturzo, si è riacceso il dibattito sul ruolo dei cattolici in
politica (Galli della Loggia e Panebianco sul Corriere ). Comunque la si
pensi, il tema è oggi rilevante per almeno due ragioni. In primo luogo
perché nell’Italia a pezzi di oggi il variegato mondo cattolico,
nonostante la secolarizzazione incalzante, continua a essere — seppur
tra mille difficoltà — una delle poche presenze rilevanti. E in secondo
luogo perché, nel cambio d’epoca che stiamo attraversando, il rapporto
tra politica e religione è tornato centrale. Nel post-2008, in un mondo
diventato multipolare, la ricerca di un nuovo equilibrio tra identità
cultuali e sviluppo tecno-economico spinge le diverse aree del pianeta a
posizionarsi secondo una logica che ricorda da vicino le tesi dello
Scontro delle civiltà di Samuel Huntington. Dove la dimensione religiosa
è necessariamente tirata in ballo.
Non a caso, in Occidente, le
varie forme della nuova destra (da Trump a Orbán a Bolsonaro) sono
sostenute dall’ala più conservatrice del mondo cristiano. Un’alleanza
teorizzata da Bannon e costruita contro due «nemici»: la cultura
progressista (che ha il torto di combinare la fede nella innovazione
tecnoscientifica con i diritti individuali); e il mondo islamico,
storico avversario oggi accusato di minacciare la cristianità attraverso
l’immigrazione e il terrorismo. La «democrazia illiberale» di cui parla
Orbán è il prodotto di una nuova «santa alleanza» tra politica e
religione — da realizzare su base nazionale — per sconfiggere i due
avversari sopra richiamati. La capacità di mobilitare i fermenti
identitari di parte del mondo religioso costituisce un elemento
importante nella spiegazione dell’avanzata dei nuovi partiti sovranisti.
In
Italia la presenza di papa Francesco — con i conseguenti orientamenti
della Cei — ha finora limitato l’uso da parte di Salvini dei simboli
religiosi. Ma sotto la cenere, la brace brucia.
Cento anni fa, col
suo appello, Sturzo tentò di radunare le forze cattoliche per evitare
la dissoluzione della democrazia, stretta tra le destre emergenti e le
sterili convulsioni della sinistra. Oggi in Italia, in Europa, in
Occidente, quel bisogno si ripropone: come allora, il disordine mondiale
sta risucchiando gli strati popolari su posizioni estremiste. Col
consenso di quella parte del mondo religioso che spera in una rivincita
nei confronti della secolarizzazione.
Rispetto a 100 anni fa, si possono notare una somiglianza e una differenza.
Sturzo
fu il prodotto più maturo della lettura che l’Enciclica Rerum Novarum
aveva offerto dei grandi cambiamenti prodotti dall’industrializzazione.
Come allora, anche oggi il mondo cattolico ha a disposizione un testo
(Laudato si’) che per ampiezza e ricchezza è in grado di fornire la
cornice di riferimento per l’azione negli ambiti economico, sociale e
politico. La differenza è che l’Appello a i liberi e forti arrivò dopo
più di 20 anni spesi ad animare la presenza civile dei cattolici. Vero e
proprio tirocinio nella carne delle società, che permise a Sturzo di
maturare una concezione politica realista e vicina ai problemi reali
delle persone.
Per quanto nel Paese ci sia molto di più di quello
che emerge nella comunicazione pubblica, e per quanto molto di questo
nuovo venga proprio dalla radice cattolica, c’è da domandarsi se sia già
il tempo di serrare le fila o se non sia invece il momento di lavorare
con più determinazione a innovare i processi dell’economia, della
società, dei territori in modo da maturare i termini di una proposta
adeguata ai tempi che viviamo.
Inutile cercare si rispondere in
astratto a questa domanda. Quello che occorre fare è partire subito e
comunque dalla società: ascoltando i bisogni e i sogni del «popolo»
(termine caro a papa Francesco) e orientandoli nella direzione indicata
dalla Laudato si’. E cercando poi di capire, strada facendo, quale siano
i modi e le forme più adatte per contribuire al rilancio del Paese.
Quel
che deve essere chiaro è che un impegno dei cattolici in politica, oggi
come 100 anni fa, non riguarda la difesa di un’identità o di interessi
di parte. Riguarda invece la capacità di questo sguardo sul mondo di
immaginare una via d’uscita dalla crisi nella quale le società avanzate
si trovano oggi. Nella convinzione che la radice cristiana abbia
qualcosa da dire sul futuro e non solo sul passato.
Fu questa la
grande sfida di Sturzo, che, nonostante le sue personali traversie
politiche, alla fine portò frutti importanti. Il suo lavoro sul campo e
la sua ispirazione politica furono infatti decisivi per la nascita dei
partiti di ispirazione cristiana che, nel dopoguerra, ebbero un ruolo
importante a livello internazionale.
Circa un eventuale ritorno
dell’impegno dei cattolici in politica, sarà dunque di questo che si
dovrà parlare: lo sguardo cristiano è capace di dire una parola nuova
sulla crisi del mondo contemporaneo? Di costruire un consenso, ben al di
là dei propri confini identitari, attorno alle linee tracciate dalla
Laudato si’? Di essere voce di quei radicamenti concreti (nel mondo
dell’impresa, della ricerca, delle professioni, del sociale e così via)
da cui trarre anche quella classe dirigente di cui tutti sentono la
mancanza?