Corriere 2.2.19
il dossier
L’Europa tra due fuochi
Armi
nucleari, accuse incrociate di violazioni Stati Uniti-Russia. Cosa
succederà ora? L’incognita del posizionamento di nuovi sistemi
missilistici.
Ecco le possibili conseguenze
di Paolo Valentino
Negoziato
tra gli Stati Uniti e l’allora Unione Sovietica, firmato nel 1987 da
Ronald Reagan e Michail Gorbaciov, il Trattato Inf (Intermediate Range
Nuclear Forces) proibisce sviluppo, produzione e spiegamento di tutti i
missili nucleari basati a terra con raggio d’azione tra 500 e 5.500
chilometri. È stato il primo accordo nella storia del disarmo atomico a
prevedere l’eliminazione fisica di un’intera classe di armamenti:
Washington mandò al macero i Pershing e i Cruise schierati in Europa,
Mosca eliminò i suoi SS-20 puntati contro i Paesi europei della Nato.
Perché il ritiro Usa?
È
dal 2014, sotto l’Amministrazione Obama, che gli Usa accusano la Russia
di violare l’intesa. Pomo della discordia è il missile Iskander nella
variante 9M729, nel codice Nato SSC-8, che secondo i russi avrebbe un
raggio di soli 480 chilometri, ma che secondo il Pentagono può volare
fino a 2.500 chilometri, cioè in palese violazione dell’Inf. Di più,
l’Amministrazione Trump sostiene che il sistema sia stato non solo
testato, ma già spiegato a Ekaterinburg, a Est degli Urali, e nel
poligono di Kapustin Jar, non lontano da Volgograd, l’ex Stalingrado. Il
Cremlino respinge le accuse ma non fornisce prove. In una visita
organizzata la scorsa settimana fuori Mosca per un centinaio di
giornalisti e addetti militari, i russi hanno mostrato un container di
lancio del SSC-8 ma non il missile stesso. Secondo l’esperto tedesco
Markus Schiller, l’argomento di Mosca che gli SSC-8 sarebbero una
versione modernizzata degli SSC-7, il cui raggio è appunto di 480
chilometri, non convince, poiché le nuove rampe di lancio sono costruite
in modo da far sospettare un raggio molto più lungo.
Le accuse di Mosca
La
Russia sostiene che il sistema di difesa anti-missile già installato
dagli americani in Romania (e prossimamente anche in Polonia) non sia in
grado di lanciare solo ordigni difensivi (cioè mirati a distruggere
missili in arrivo) del tipo Mk-41, ma anche missili BGM-109 Tomahawk,
che nella versione più moderna hanno un raggio di 2.500 chilometri e
possono anche essere dotati di testate nucleari. Il Pentagono ribatte
che i lanciatori stazionati in Romania sono programmati solo per un
sistema difensivo. Ma secondo Schiller, «basterebbero poche ore per
cambiare il software» e renderli compatibili con i micidiali Tomahawk.
Di più, secondo i russi un’altra classe di missili previsti per il
sistema di difesa, gli SM-3, potrebbero diventare offensivi, cambiandone
l’inclinazione e dando loro una traiettoria balistica. Nell’uno e
nell’altro caso, agli occhi di Mosca si tratta di violazioni dell’Inf.
Certo c’è un’asimmetria nelle accuse reciproche: quelle dei russi si
basano infatti su interpretazioni controverse dell’accordo, mentre
quelle degli Usa sugli SSC-8 si fondano sul fumus di un inganno
deliberato da parte di Mosca. Tuttavia è sospetto anche il rifiuto degli
Stati Uniti di rendere pubbliche foto satellitari e altre informazioni,
che il Pentagono dice di avere e che dimostrerebbero in modo
inconfutabile le violazioni di Mosca.
Che succede adesso?
Con
l’annuncio di Mike Pompeo che, causa le ripetute violazioni russe, gli
Usa sospendono il rispetto del Trattato, inizia da oggi un periodo
transitorio di sei mesi, durante i quali le parti sono ancora
formalmente vincolate all’accordo. Una breve finestra, che dovrebbe
essere utilizzata nell’improbabile tentativo di salvarlo. In assenza di
«compliance» da parte di Mosca, Washington si ritirerà definitivamente
dall’Inf.
La situazione europea
«Senza il Trattato Inf ci
sarà meno sicurezza», avverte il ministro degli Esteri tedesco Heiko
Maas. La fine dell’intesa sui missili intermedi darebbe infatti il via a
una nuova corsa agli armamenti nucleari. Libere da ogni vincolo,
verosimilmente anche da quello del New Start che limita i missili
strategici fino al 2021 e difficilmente verrà rinnovato, Washington e
Mosca potranno riarmare di pari passo con il vero convitato di pietra
della partita, la nuova Superpotenza cinese, che non ha mai firmato
alcuna intesa sul disarmo. Tradotta nel teatro europeo, la fine dell’Inf
riaprirebbe il tema lacerante di uno stazionamento di nuove armi
atomiche americane nel Vecchio Continente. Il riarmo nucleare in Europa
diventerebbe una sorta di danno collaterale della nuova confrontazione
strategica globale.