Corriere 1.2.19
Venezia, due minorenni
Diedero fuoco a un clochard: niente condanne
di Andrea Priante
Bruciarono
per gioco un clochard. Nessuna condanna per i due responsabili
minorenni. Il tribunale di Venezia ha deciso la «messa alla prova» per
il diciassettenne, mentre il tredicenne non era imputabile.
Venezia
«Non passa giorno che non pensi a questo fatto. Voglio recuperare la
mia vita, ripartire da zero…». Ha 17 anni e chi lo conosce bene assicura
che «non è capace di piangere perché fin da piccolo tutti l’hanno
abbandonato, a cominciare dal padre».
E infatti, ieri mattina, ad
ascoltare le sue parole c’era solo la mamma, oltre al giudice del
tribunale per i minorenni di Venezia che, alla fine dell’udienza, l’ha
accontentato: rischiava una condanna a 14 anni per omicidio volontario e
invece il processo è stato sospeso. Cancellata ogni misura cautelare,
il magistrato ha ordinato per lui la «messa alla prova»: per tre anni
dovrà rimanere nella comunità protetta in cui si trova già da alcuni
mesi e affrontare un percorso di psicoterapia, oltre a proseguire nel
programma rieducativo dei servizi sociali che prevede che continui a
studiare, praticare sport e, due volte la settimana, fare del
volontariato in un canile e in una struttura che assiste i disabili. Se
le relazioni periodiche degli operatori confermeranno che il minorenne
si comporta bene, tra tre anni il reato sarà dichiarato estinto.
Vista
dai familiari della vittima, il risultato è che nessuno verrà mai
condannato per la morte di Ahmed Fdil, 64 anni, di origini marocchine,
che dopo aver perso il lavoro da operaio era diventato un senzatetto.
Morì arso vivo nel pomeriggio del 13 dicembre del 2017 all’interno di
una vecchia Fiat Bravo abbandonata a Zevio (nel Veronese) che era
diventata la sua casa.
A innescare il rogo, il 17enne e un suo
amico che all’epoca aveva 13 anni e che, vista l’età, non è neppure
imputabile. Nei verbali resta il racconto dei ragazzini che da tempo
tormentavano il senzatetto: «Lo facevamo per noia», hanno spiegato. Quel
giorno andarono in paese «perché non avevamo niente da fare». Presero
alcuni fazzoletti di carta da una pizzeria e li incendiarono gettandoli
all’interno della vettura dove dormiva Fdil «con l’intenzione di fare
uno scherzo». Poi la fuga e il giuramento: «Abbiamo fatto un patto tra
noi: non dovevamo rivelare a nessuno quello che era successo».
Ieri
in tribunale c’era anche il medico legale Paolo Frisoni, che ha svolto
una consulenza per conto dei familiari della vittima: «L’autopsia ha
dimostrato che Fdil non ha inalato una quantità di gas sufficiente a
fargli perdere i sensi, quindi è stato bruciato vivo. Ha cercato di
uscire dall’auto ma non c’è riuscito perché era incastrato con una
gamba».
Il difensore del 17enne, Giovanni Bondardo, spiega: «A chi
si scandalizza ricordo che la finalità delle decisioni di un tribunale,
specie per un minore, dev’essere di recuperare il responsabile di un
reato. Con la messa alla prova questo ragazzo potrà reinserirsi nella
società». Alla lettura dell’ordinanza, il nipote del clochard, Salah
Fdil, ha urlato: «Dunque la vita di un uomo non vale nulla? Questa non è
Giustizia, è un circo». Il giudice l’ha cacciato dall’aula. Ma fuori
Salah ha insistito: «È come se fosse morto un topo»