domenica 27 gennaio 2019

Secondo MASSIMO FRANCO l'autorevolo editorialista del Corriere della Sera sarà questo il futuro che ci attende Trattative ora in corso tra il Vaticano e la Lega
Corriere 27.1.19
Incontro riservato con Salvini e Giorgetti a inizio anno
I leghisti dal cardinale Becciu
Il porporato. Il ruolo tra il formale e l’informale del nuovo «cardinale italiano» che tratta con i partiti
I 5 Stelle. La preoccupazione dei 5 Stelle che cercano a loro volta una sponda Oltre Tevere
di Massimo Franco


Sono entrati dalla scala di servizio, scavalcando un paio di sacchi dell’immondizia. Ma ne valeva la pena. Per il ministro dell’Interno Matteo Salvini, castigatore dei migranti, e per il sottosegretario a Palazzo Chigi, Giancarlo Giorgetti, leghista più moderato di governo, quella era la porta di ingresso, se non nel Paradiso, nel Purgatorio. Incontrare il cardinale Giovanni Angelo Becciu, ex sostituto alla Segreteria di Stato, di fatto omologo vaticano di Salvini fino a pochi mesi prima, significava uscire dall’inferno di un muro contro muro ufficiale tra il Carroccio e la chiesa di Papa Francesco. E farlo un paio di giorni dopo l’Epifania, voleva dire cominciare bene il 2019: nel segno del dialogo.
In Vaticano ne parlano con un filo di imbarazzo. Ed è inutile cercare conferme dal padrone di casa. Becciu è diventato il «cardinale italiano» per antonomasia, negli ultimi anni: lo stesso ruolo tra il formale e l’informale che aveva Achille Silvestrini nel secolo scorso. Il punto di collegamento discreto tra la politica italiana e quella vaticana; l’interlocutore di tutti; l’alto prelato smaliziato al punto giusto per trattare riservatamente senza compromettere la Santa Sede. Lui aveva incontrato lo «sceriffo» dei governi di centrosinistra, Marco Minniti. E poi, prima delle elezioni del 4 marzo, il futuro vicepremier dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio. Tutti ricevuti in uno di quei mitici appartamenti cardinalizi alla destra della basilica di San Pietro, nel Palazzo apostolico, che come sempre alimentano anche mille pettegolezzi sui costi di manutenzione e di ristrutturazione.
Quel giorno di gennaio 2019, l’incontro di cui ha parlato ieri il Fatto Quotidiano doveva rimanere riservato perfino per la Gendarmeria vaticana. E invece, dal Viminale avevano informato i colleghi d’Oltre Tevere. Non era prevista la presenza di Salvini: si era aggiunto all’ultimo momento. In quei giorni infuriava lo scontro sui migranti delle navi Sea watch e Sea eye, col ministro schierato, al solito, contro lo sbarco nei porti italiani: perfino in attrito col premier Giuseppe Conte. Con Becciu si doveva discutere la strategia del governo populista sull’immigrazione. Ma il tema ne racchiudeva altri.
La Lega cerca da tempo una sponda e una legittimazione per calamitare ciò che resta del voto cattolico. Deve confrontarsi su cosa sia oggi l’interesse nazionale per la Santa Sede e il governo italiano. E, sotto sotto, voleva sondare Becciu su un’udienza di Papa Francesco a Salvini. Sarebbe stato questo, il vero contenuto del «pranzo segreto». Col cardinale che avrebbe chiesto al ministro dell’Interno un gesto di generosità sui disgraziati in attesa sulle navi: farli sbarcare poteva permettergli magari anche di prendersene il merito. E con Salvini disposto a pensarci su, ma perplesso perché i servizi di informazione, avrebbe sostenuto, temevano che un cedimento avrebbe moltiplicato gli arrivi.
Alla fine sarebbe riemersa la richiesta di un’udienza con Jorge Mario Bergoglio. Ma per ora, sarebbe stato spiegato, è impensabile. E non solo perché il pontefice aveva appena ricevuto il premier Conte e stava per incontrare il presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Il macigno era e rimane la posizione della Lega di Salvini su immigrazione e sicurezza. Divide e avvelena anche i rapporti col e nel mondo cattolico. Si insinua nelle parrocchie. Contrappone vescovi a vescovi, come nel resto d’Europa, d’altronde: anche se non è vero che la Conferenza episcopale italiana chiude al dialogo.
A metà marzo, forse il 13, l’istituto di formazione Elea, con la regìa del giornalista Piero Schiavazzi, organizza un dibattito pubblico per i quaderni della rivista di geopolitica Limes. Tema: «L’interesse nazionale» di Palazzo Chigi e Santa Sede, per la prima volta, forse, non coincidenti. Protagonisti: il nuovo segretario della Cei, monsignor Stefano Russo, e il leghista Giorgetti. Non deve sorprendere. Il sottosegretario è amico e frequentatore da tempo di monsignor Libero Andreatta, fino all’agosto 2017 capo chiacchierato dell’Opera romana pellegrinaggi. Il sottosegretario, che il Corriere ha pure cercato senza ricevere risposta, vive da tempo in un appartamento del Vicariato vecchio in via della Pigna. E proprio in una delle sue sale si svolgerà la conferenza di Limes a marzo.
Luogo simbolico. Nel luglio del 2016 si confrontarono in quelle stanze, a due passi da Camera e Senato, Di Maio e il direttore di Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti, Antonio Spadaro. Dibattito replicato a luglio dell’anno scorso col presidente della Camera, il grillino Roberto Fico, sempre con Spadaro, potente consigliere di papa Francesco. Fu allora che si cominciò a parlare di «Cernobbio cattolica», e di «pontieri» tra Movimento Cinque Stelle e Vaticano. Ebbene, neppure un anno dopo sembra quasi che si assista al tentativo della Lega di scippare all’alleato di governo anche i rapporti con il Vaticano e i vescovi italiani; o comunque di fargli un’aperta concorrenza.
A Palazzo Chigi sono terrorizzati all’idea che Francesco riceva Salvini prima delle Europee: sottrarrebbe altri voti. Ma non c’è il rischio, vista la sua linea, agli antipodi rispetto al Papa. Oltre tutto, il tentativo di «conversione» fatto da Becciu sarebbe fallito. Poche ore dopo l’incontro col ministro e il sottosegretario Giorgetti, Salvini ha ricominciato a sparare contro i migranti: tanto che in Vaticano adesso c’è chi ha considerato imprudente l’apertura di credito del «cardinale italiano». Ma la Santa Sede tratta con tutti: perfino con dittatori come il venezuelano Nicolàs Maduro e con quello della Corea del Nord, Kim Jong-un. E chissà che dopo le Europee di maggio i colloqui con la Lega possano passare attraverso la porta principale.