mercoledì 9 gennaio 2019

Repubblica 9.1.19
Il foreign fighter rimasto ucciso in Siria
L’ultima lettera di Giovanni " Cercherò la morte sul campo"
L’ingegnere bergamasco con una laurea alla Bocconi e due figli adolescenti che ha lasciato tutto per combattere l’Isis: "Ma non vado a fare il terrorista"
di Paolo Berizzi


PONTERANICA ( BERGAMO) Chiamiamola, per concisione, una "fuga all’estero"». Una fuga di sola andata. «Faccio conto di non tornare mai più, e non nel senso che vivrò là il resto dei miei giorni: nel senso che cercherò attivamente la morte liberatrice sul campo». Due pagine scritte con il computer.
La lettera è datata 20 luglio 2018: tre giorni prima di partire dall’aeroporto di Malpensa per gli Emirati arabi e poi, da lì, per il Kurdistan iracheno. Eccolo il commiato di Giovanni Asperti, morto da "martire" a 53 anni con il nome di battaglia di "Hiwa Bosco", che significa "speranza". Un saluto pieno di dettagli privati e indirizzato ai suoi tre fratelli, Stefano, Carlo e Andrea, alla moglie Cristiana e ai due figli, di 13 e 14 anni.
La missiva — spedita al momento della partenza con destinazione Erbil, la città da cui poi Asperti raggiunge il "campo" di battaglia, che il 7 dicembre gli sarà fatale, di Derik, nel nordest siriano — è il racconto di una scelta estrema. «Non vado a imparare a fare il terrorista. Vado a fare la guerra per i curdi — scrive il foreign fighter bergamasco con laurea alla Bocconi per spiegare l’arruolamento nell’esercito Ypg in lotta contro l’Isis — . Ma chiariamo bene questo punto: non vado a fare il mercenario.
Quel che vado a fare non prevede corrispettivo, lo si fa gratis... Io sono fiero di quello che vado a fare».
Che cosa spinge a infilare la mimetica un tecnico petrolifero con trascorsi all’Eni, padre di due adolescenti, cresciuto in una famiglia di intellettuali e professionisti: uno che al liceo si portava avanti con le materie dell’anno successivo per potersi dedicare alla geologia, la sua vera passione?
Impossibile saperlo con certezza: per farsi un’idea può essere utile riannodare un filo.
Quello che collega Ponteranica, seimila abitanti alle porte di Bergamo, a Roma: la città dove gli Asperti hanno da sempre un piede. Il padre di Giovanni, Pietro, medico morto nel 2004, è stato con Lucio Magri e Luigi Pintor nel gruppo di intellettuali che nel ‘68 diede vita al Manifesto. E a Roma vivono ancora l’anziana madre del "guerriero per caso", ex insegnante e sorella del fu deputato del Pci Vittorio Chiarante, e uno dei suoi tre fratelli: tutti in carriera.
Il più grande è Stefano, sessant’anni, filologo e preside della facoltà di Lettere e filosofia dell’università La Sapienza. Dice: «Giovanni non era un fanatico. Credo che la sua non sia stata una scelta ideologica o di carattere religioso. Forse, in un momento particolare della sua vita, ha colmato un vuoto cercando un ideale in cui non credeva fino in fondo, ma che è bastato a portarlo in quei luoghi». Prima di diventare "Hiwa Bosco", Giovanni era stato ospite del fratello. «Non aveva fatto trasparire niente».
E invece aveva già pianificato tutto.
«Non perdete tempo a cercare di chiamarmi: no Internet, no email, no smartphones. Nulla.
Ciao». Si chiude così la lettera spedita ai familiari, tutti tranne la madre: agli altri due fratelli, Carlo e Andrea (il primo lavora per il Consorzio aerospaziale Leonardo, l’altro è docente di informatica all’Università di Bologna). E alla moglie Cristiana e ai figli.
Loro tre abitano a Ponteranica. Una situazione familiare complessa in quella casa di via Valbona da cui ultimamente Giovanni partiva sempre meno: non più come una volta, quando i viaggi in Medio Oriente erano continui.
Eppure, al tecnico specializzato nella dismissione di piattaforme petrolifere (lavorava per la Geolog di San Giuliano Milanese), le trasferte capitavano ancora: e infatti ai suoi familiari, per coprire la "fuga all’estero", aveva detto che andava in un impianto in Kuwait.
Chi sia stato il "gancio" di Asperti, chi abbia fatto da cerniera con le milizie curde Ypg non è chiaro: la Digos di Bergamo, guidata da Marco Cadeddu, in cerca di tracce ha esaminato apparati elettronici e scandagliato il "prima". Zero.
Il guerriero cinquantenne non frequentava i social network.
Ma gli investigatori non escludono che, prima di partire per il fronte anti-Isis, Asperti possa avere eliminato dei contatti.
Gli accertamenti iniziano ai primi di agosto, dopo la denuncia della moglie, con l’apertura da parte della Dda di Brescia di un fascicolo (il cosiddetto "modello 45", il registro degli atti non costituenti notizia di reato).
Nessuno allora immagina che, appena quattro mesi dopo, Asperti sarà il primo italiano caduto in Siria nella battaglia anti-Daesh.
Proprio lui, il padre che un tempo, quando tornava a casa, quassù, sulla collinetta di Ponteranica, costruiva giocattoli tecnologici per i figli. «Questi non li trovate in nessun negozio», scherzava.
Dice un altro foreign fighter bergamasco, il 30enne Claudio Locatelli, anche lui già impegnato in Siria, che Asperti «ha un profilo diverso rispetto a quello degli altri, soprattutto per l’età». Un over 50 nelle file dello Ypg è anomalo (l’età media dei diciassette italiani considerati in forze alle milizie curde è ben più bassa). Il giocattolo più pericoloso Giovanni l’ha assemblato per se stesso: «Cari fratelli, dite che sono fisso all’estero per la ditta».
Faccio conto di non tornare mai più, e non nel senso che vivrò là il resto dei miei giorni: nel senso che cercherò attivamente la morte liberatrice sul campo Vado a fare la guerra per i curdi. Ma chiariamo: non sono un mercenario. Quel che vado a fare non prevede corrispettivo, lo si fa gratis... Io ne sono fiero
Nome in codice: Hiwa Bosco
Giovanni Francesco Asperti, morto il 7 dicembre a Derik, nel nordest siriano