mercoledì 9 gennaio 2019

La Stampa 9.1.19
Tito Boeri
“L’Inps non va commissariata
E sulle pensioni anticipate i soldi previsti non basteranno”
intervista di Alessandro Barbera


«L’Inps non si merita il commissariamento. Non c’è nessuna ragione per farlo: non ci sono né problemi di funzionamento, né fatti gravi. Se accadesse, sarebbe un modo di esautorare il Parlamento che ha un ruolo importante nella procedura di nomina». Lo stipendio che il presidente dell’Inps Tito Boeri lascerà a febbraio non è fra i più alti a disposizione nei ranghi statali - centotremila euro lordi - ma si tratta della poltrona di gran lunga più ambita dai partiti. Lo dimostrano le voci di questi giorni a proposito di un possibile blitz del governo.
Per comprendere l’entità della posta in gioco basta una visita all’ufficio dell’Eur, più di cento metri quadrati con enorme vetrata sull’Esedra, il capolavoro architettonico circolare che avrebbe dovuto fare da ingresso all’Esposizione Universale del 1942. Oppure ci si può affidare ad un numero: fra pensioni, sussidi e affini l’Istituto nazionale di previdenza sociale gestisce più di un terzo del bilancio pubblico. Il mandato di Tito Boeri è in scadenza in un momento delicatissimo: fra reddito di cittadinanza e controriforma delle pensioni «c’è da gestire una mole di lavoro impressionante».
Lega e Cinque Stelle le hanno dato il benservito. Non è così?
«Ormai ci sono abituato. Un giorno mi attaccano, l’altro pure. Per questo dovrebbero avere da tempo individuato un sostituto. Anzi, faccio un appello al governo perché faccia in fretta: prima lo nominano, più tempo avrò per un serio passaggio di consegne».
Matteo Salvini dice che lei fa politica. La invita a candidarsi. Cosa risponde?
«Credo sia mio dovere istituzionale parlare dei temi che interessano l’Ente. Ma quando c’è una legge da applicare, io do il massimo, anche quando si tratta di norme che non condivido».
Lo ammetta, ogni tanto anche lei è andato sopra le righe. Ogni tanto anche lei si sarà detto “avrei dovuto mordermi la lingua”. O no?
«Errori nella vita ne abbiamo fatti tutti. È vero, ho un linguaggio diretto. Non mi piace parlare per mezze frasi, non è nel mio stile. Ma dopo il liceo non ho mai fatto politica. Mai. In realtà sono un impolitico: sono stato attaccato da tutto l’arco costituzionale, anche da chi ha scelto di nominarmi (Matteo Renzi, ndr). Parlo delle cose che conosco, e lo faccio nel rispetto della mia storia accademica e professionale».
Allora le chiedo il massimo della schiettezza anche oggi: il suo collega Alberto Brambilla dice che partire ad aprile con il reddito di cittadinanza è “una follia”. Se la sente di sottoscrivere questo giudizio?
«No. Io ero e sono favorevole ad una misura di sostegno alla povertà, e ho apprezzato il fatto che le ultime bozze si sono avvicinate ad una estensione del reddito di inclusione in vigore. Ma è vero che nel testo ci sono diverse incongruenze».
Ad esempio?
«La misura spiazza il lavoro al Sud. Un single con reddito zero può aspirare a 9.360 euro all’anno: sa quanti sono i lavoratori dipendenti al Sud che hanno redditi da lavoro inferiori a quella somma? Il 43 per cento. Ciò significa che quasi un giovane su due da quelle parti potrà essere messo di fronte a due alternative entrambe allettanti: smettere di lavorare o essere pagato in nero per ottenere comunque il sussidio».
La Lega sostiene che l’attuale testo penalizza le famiglie.
«Si, è così. Penalizza le famiglie numerose dove sono concentrati i poveri. Una famiglia con tre figli prende il doppio di un single, una famiglia con cinque figli lo stesso. Non si doveva sostenere la genitorialità?».
Cosa pensa della controriforma delle pensioni?
«Dobbiamo ancora fare le ultime valutazioni sul decreto, ma il rischio di non rispettare il tetto di spesa c’è. E le tasse sono destinate ad aumentare. La durata triennale potrà spingere ad anticipare le uscite soprattutto nel privato e il divieto di cumulo è sbagliatissimo: finirà per alimentare il lavoro nero. Ci obbligherà a mandare ispettori per controllare che non versino i contributi! Gli over sessanta andrebbero incentivati a lavorare, non il contrario: ci sono fior di studi che dimostrano quanto sia salutare mantenersi professionalmente attivi».
Qualcuno le direbbe “lo vada a spiegare a un operaio edile sulle impalcature a sessant’anni!”.
«Per quelle categorie di lavoratori esistono già strumenti per ottenere la pensione in anticipo. Gli operai del manifatturiero già oggi vanno mediamente in pensione a sessant’anni».
Qualche anno fa lei firmò con Pietro Garibaldi uno studio in cui spiegava che un effetto “staffetta” fra giovani e anziani in effetti esiste. O no?
«Studiammo il caso opposto, ovvero quanto fosse stato negativo l’effetto della riforma Fornero, che alzò l’età pensionabile in maniera drammatica. Stimammo che nei primi anni per ogni tre persone costrette ad allungare l’età del ritiro c’è stata un’assunzione in meno per i giovani. Mi pare che il governo abbia stimato tre assunti per ogni uscita...»
Quando scatterà il blocco delle indicizzazioni e il taglio delle pensioni più alte?
«E’ uno dei problemi che stiamo affrontando in queste ore. Se tutto va bene il taglio delle pensioni d’oro sarà a marzo, il blocco delle indicizzazioni ad aprile. Ciò significa che la prima decurtazione accorperà tre mesi».
Una pessima Pasqua per chi ha pensioni sopra i millecinquecento euro lordi. Non c’erano alternative?
«Purtroppo no. Dietro a ogni norma c’è un lavoro enorme. Spesso non se ne comprende la portata».
Non l’ha colpita il fatto che il blocco delle indicizzazioni sia passato indenne dal giudizio dell’opinione pubblica? Eppure non è dissimile a quanto imposto dal governo Monti. O forse ha ragione il premier Conte quando dice che il taglio sarà così lieve che non se ne accorgerebbe nemmeno l’Avaro di Molière?
«Una battuta infelice. Sulle nostre teste fra il 2020 e il 2021 pendono aumenti Iva per svariate decine di miliardi. Se il governo non riuscisse a bloccarli ci sarebbe di qui a due anni un’aumento dell’inflazione di due punti, ciò si tradurrebbe in un taglio di oltre 300 euro al mese per chi ha una pensione di 2.300 euro lorde. Trovo paradossale che mentre si dice di voler abolire la legge Fornero si introduca lo stesso meccanismo che inizialmente diede i maggiori risparmi».
Il Festival dell’Economia di Trento ci sarà anche quest’anno? Il nuovo presidente leghista della Provincia dice che lei fa politica e minaccia di boicottarla.
«Mi auguro si svolga regolarmente. A differenza del ministro della Salute Grillo non ho mai guardato all’orientamento politico delle persone che invito».
Questa potrebbe essere l’ultima intervista da presidente dell’Inps. C’è un episodio in questi quattro anni che ricorderà in particolare?
«(Riflette a lungo). Le impiegate dell’Inps di Scampia. In quell’area ci sono tre uffici pubblici: il nostro, la Polizia e i Carabinieri. Quando le ho incontrate ho avuto conferma che in questo ente ci sono molte persone che ci credono davvero, e vivono il loro mestiere come una missione».
Cosa farà dopo quest’esperienza?
«Tornerò al mestiere di prima, quello della ricerca».