Il Fatto 9.1.19
D’Alema: “Il Pd doveva dare l’appoggio esterno ai 5Stelle”
Il
Líder Massimo torna sulle trattative post elezioni e critica la classe
dirigente dei dem: “Ha consegnato il Paese alla destra, l’ascesa della
Lega è colpa sua”
di Lorenzo Giarelli
Il Partito
democratico doveva dare l’appoggio esterno a un governo del Movimento 5
Stelle. Sette mesi dopo la fumata nera tra dem e grillini, sancita in
diretta tv da Matteo Renzi in barba all’imminente assemblea Pd, Massimo
D’Alema torna sulle trattative post 4 marzo, puntando il dito contro la
classe dirigente: “È stato un errore grave di analisi e di condotta
politica aver considerato i 5Stelle come l’altra faccia della Lega e
aver spinto il Paese nelle mani della destra”.
Il Líder Massimo
parla dalla poltrona di C’ero una volta… la sinistra, il programma
condotto da Antonio Padellaro e Silvia Truzzi – realizzato dalla
piattaforma tv Loft (www.iloft.it e app Loft) e in onda per gli abbonati
dal 17 gennaio, con Achille Occhetto, Fausto Bertinotti e D’Alema
ospiti delle prime tre puntate –, spiegando come fosse possibile,
allora, far emergere gli aspetti più “di sinistra” del Movimento, adesso
in gran parte sacrificati dall’alleanza con Salvini: “Di certo il M5S
non è l’erede della tradizione dei partiti di sinistra, ma bisognava
capire che un movimento che si era presentato alle elezioni avendo come
parole d’ordine la lotta alla povertà e ai privilegi ha raccolto un
qualcosa che storicamente apparteneva a quell’area”.
C’erano
dunque i presupposti, secondo D’Alema, per mettere all’angolo la Lega,
che pure alle urne era arrivata dietro al Pd: “Non so se un accordo coi 5
Stelle fosse possibile, ma andare a vedere le carte era obbligatorio.
Un leader serio avrebbe detto a loro di fare il governo e avrebbe dato
l’appoggio esterno su quattro o cinque obiettivi chiari”.
Progetti
stroncati sul nascere dal mancato ricambio nella classe dirigente del
Partito democratico, rimasta la stessa, durante la gestione delle
trattative, che aveva guidato il Pd al crollo elettorale: “È stata una
responsabilità politica del gruppo dirigente renziano. È con la sua
complicità che Salvini adesso è al 30 per cento nei sondaggi”. E
raccoglie consensi, insieme al Movimento 5 Stelle, nell’Italia che
dovrebbe essere rappresentata dalla sinistra: “Oggi ho incontrato una
persona per strada che mi ha fatto un quadro perfetto della nostra
situazione. Mi ha detto: ‘Ho sempre votato per voi, stavolta non potevo
perché c’era Renzi e allora ho votato Movimento 5 Stelle. Mi sa che ho
fatto una cazzata’. Da questo sentimento diffuso dobbiamo ripartire”.
Al
fallimento della stagione del Giglio magico e di Liberi e Uguali, però,
D’Alema esclude possa seguire un suo ritorno nel centrosinistra che
sarà. Non con un incarico politico, almeno: “Io ci sono e ci sarò per
dare un contributo. Studio, scrivo, propongo idee, ma non voglio più
avere responsabilità politiche, non ho intenzione di candidarmi”.
E
a proposito di elezioni, nel corso del programma D’Alema ha anche
escluso di avere rimpianti per aver mancato il Quirinale, sfiorato sia
nel 2006 che nel 2013. Tredici anni fa, è la versione di D’Alema, fu lui
a tirarsi indietro dopo una telefonata in cui Berlusconi gli spiegava
l’impossibilità, per la coalizione di centrodestra, di sostenere il suo
nome: “Allora andammo su Napolitano, anche se poi Berlusconi non votò
neanche lui”. Diverso, invece, il caso del 2013: Fabrizio d’Esposito,
intervenuto in trasmissione, ha ricordato i retroscena dell’epoca,
secondo cui Anna Finocchiaro, che presiedeva l’assemblea Pd, mise ai
voti soltanto la candidatura di Romano Prodi, scartando quella dell’ex
Pci. Episodio su cui D’Alema preferisce glissare. A modo suo: “Nessun
rimpianto per allora. Tutto sommato quello non era un ruolo adatto a me.
Disciamo”.