martedì 8 gennaio 2019

Repubblica 8.1.19
Commento
Assalto squadrista le parole non bastano
di Marco Damilano


Non ci accontentiamo, non ci possiamo accontentare.
Il ministro dell’Interno Matteo Salvini è intervenuto per commentare l’aggressione fascista ai giornalisti de L’Espresso Federico Marconi e Paolo Marchetti solo alcune ore dopo e soltanto perché sollecitato dalle domande di un cronista.
Guardate il video, l’aria annoiata con cui il ministro si è degnato di rispondere. Ha detto che chi alza le mani deve finire in galera, ci mancherebbe, e che questo figuriamoci - vale per tutti, giornalisti, netturbini, poliziotti. Giusto, ministro: quel Giuliano Castellino che lei ostenta di non conoscere, infatti, è stato arrestato in passato per violenza e resistenza contro pubblico ufficiale. Per questo non ci accontentiamo del suo bla bla di circostanza, un dichiarare vuoto, soprattutto se paragonato alle esternazioni torrenziali e eccitate con cui inonda i social e i teleschermi.
Non di una rissa si è trattato, ma della volontà manifesta di alcuni fascisti di impedire ai giornalisti di svolgere il loro lavoro.
Un’aggressione che avviene dopo mesi in cui siamo come giornalisti sotto attacco da più fronti, compreso quello di importanti esponenti del governo di cui Salvini fa parte.
Per questo la noia e la banalizzazione del ministro non ci bastano.
«Al popolo italiano di quello che scrivono e affermano i pennivendoli di regime poco interessa», ha commentato l’autore dell’aggressione a cose fatte: una rivendicazione.
Aspettiamo la condanna del titolare del Viminale, che ha per legge il dovere di garantire la sicurezza di tutti, compresi i giornalisti, e il rispetto delle regole della Costituzione repubblicana. E antifascista.