Repubblica 6.1.19
Il cinese He Jiankui
Punito da Pechino lo scienziato che sfida il tabù del Dna umano
di Filippo Santelli
PECHINO
È riapparso nella foresteria dell’università di Shenzhen, in una stanza
del quarto piano. Qualche giorno fa, un reporter del New York Times lo
ha intravisto dalla finestra discutere con un’altra ombra, forse quella
della moglie. Poi uscire allo scoperto sul piccolo balconcino, camminare
in tondo dietro la rete di metallo che hanno montato per impedirgli di
calarsi o buttarsi giù. Gesticolava e parlava da solo He Jiankui,
sequestrato in una camera del dormitorio per professori che una dozzina
di energumeni in borghese piantona giorno e notte. Lo scienziato cinese
che ha sfidato le leggi di uomini e dei, annunciando al mondo via
Youtube di aver creato i primi bebè con il Dna modificato in
laboratorio, ora vive in questo limbo. In attesa che le autorità di
Pechino indaghino sui suoi esperimenti e capiscano se le gemelline Lulu e
Nana, primi esemplari di Homo Sapiens Sapiens Ogm, esistono davvero.
In
attesa che gli cuciano addosso un crimine e una pena adeguati
all’ondata di sdegno universale che il suo esperimento ha generato.
Di
lui non si avevano notizie da un mese. Il 27 novembre, mentre l’eco
della sua ricerca sconvolgeva il mondo, He era salito sul palco di una
conferenza sulla genetica ad Hong Kong. Aveva chiesto scusa per le
modalità dell’annuncio, contrarie a ogni criterio di divulgazione
scientifica. Ma aveva difeso l’esperimento, confermando la nascita delle
gemelline e parlando senza ulteriori dettagli di un ulteriore feto
"modificato" in fase di gravidanza. Poi più nulla.
Alcuni avevano
ipotizzato una fuga all’estero, invece eccolo lì, agli arresti "grigi"
con cui il regime trattiene i personaggi scomodi, avvolgendoli in un
buco nero informativo. Rispetto al trattamento standard, nel suo caso la
cortina è ancora più fitta: l’ufficio per la propaganda ha intimato ai
media nazionali di non parlarne, i colleghi dell’Università di Scienza e
Tecnologia di Shenzhen hanno le bocche cucite. Termometro
dell’imbarazzo in cui He ha precipitato il Dragone. Perché è vero, a
caldo il ministero per la Scienza e un centinaio di ricercatori ne hanno
condannato con forza la «follia». Eppure in quell’impresa degna del
dottor Frankenstein molti hanno visto l’inesorabile epilogo della
giungla in cui si muove la ricerca in Cina. Del tutto indifferente
all’etica, sacrificata nella forsennata corsa al primato in ogni campo.
L’ingegneria
genetica è una delle tecnologie prioritarie indicate dal presidente Xi
Jinping per il prossimo, strategico, balzo in avanti del Dragone. E
questo, in un Paese che già guarda alle novità con minore diffidenza
rispetto all’Occidente, ha portato a limitare al minimo le norme sugli
esperimenti, anche i più controversi. La Cina è stata la prima ad
applicare la chirurgia dei geni, la tecnica denominata CRISPR-Cas9, ai
primati. Poi la prima, già nel 2015, ad utilizzarla a scopo terapeutico
su malati terminali di cancro.
Test che negli Stati Uniti hanno
richiesto oltre due anni per essere autorizzati, sottoposti a una
profonda analisi da parte di comitati etici nazionali, qui hanno avuto
luce verde in pochi giorni con il semplice timbro di un ospedale. Ed è
questo contesto che ha fatto immaginare al 35enne He, figlio di umili
contadini dello Hunan passato di colpo dalla fisica alla genetica, che
la ricerca sugli embrioni di cui aveva parlato a molti colleghi negli
Stati Uniti, ricevendo reazioni tra il freddo e l’indignato, fosse
possibile in patria. Dopo un periodo da ricercatore a Stanford, è
tornato in Cina grazie a Mille Talenti, il programma creato dal governo
per attirare giovani scienziati. E all’insaputa dell’Università di
Shenzhen, di cui è associato, ha reclutato otto coppie formate da
persone malate di Aids, promettendo loro che avrebbe reso i loro figli
immuni dal virus. La punizione dovrebbe essere esemplare, ne va
dell’immagine del Paese. Gli strumenti legali non mancano: una legge del
2003 stabilisce che non si possano modificare embrioni destinati alla
procreazione assistita, il consenso informato che He ha fatto firmare ai
genitori era molto generico, senza contare che per evitare la
trasmissione dell’Aids ai figli esistono già metodi efficaci. La domanda
però è se tutto questo spingerà Pechino a regolare in maniera più
stringente la ricerca, genetica e non. Una circolare ministeriale
diffusa nei giorni scorsi ha intimato a tutti gli scienziati che hanno
eseguito sperimentazioni proibite su embrioni di auto denunciarsi.
Eppure
l’estrema libertà è una delle leve con cui il Dragone ha cercato di
riportare a casa i suoi ricercatori più brillanti, al servizio delle
ambizioni di potenza del regime.
E se da una parte i cittadini
chiedono sicurezza e controlli, dall’altra lamentano il ritardo rispetto
all’Occidente nella disponibilità di farmaci e terapie avanzate. Anche
per l’approvazione delle nuove medicine Pechino ha creato una corsia
super veloce, al limite dello spericolato; nei giorni scorsi un farmaco
contro l’anemia prodotto da AstraZeneca è diventato il primo a essere
commercializzato nel Paese prima che negli Stati Uniti o in Europa. La
multinazionale ha potuto trasmettere alle autorità i risultati dei test
clinici sull’uomo man mano che venivano eseguiti, anziché alla fine del
processo.
A tanta libertà perfino molti scienziati occidentali
guardavano con invidia, prima che He Jiankui ne rivelasse il lato
oscuro. «Può essere un’opportunità di cambiare il modo in cui stiamo
regolando questa tecnologia», ha detto Jennifer Doudna, biochimica
americana tra gli inventori del CRISPR-Cas9, proponendo che siano le
Nazioni Unite a discuterne. Difficile, considerato il livello di
litigiosità e inconcludenza che si riscontra nelle Organizzazioni
internazionali anche su temi scientifici, vedere la lotta al cambiamento
climatico. Così per ora, del terremoto che un mese fa ha sconvolto il
mondo, resta solo l’innaturale limbo di silenzio in cui le autorità
cinesi hanno avvolto il destino di Lulu, Nana e del loro creatore. Forse
una bufala pubblicitaria, forse un passo epocale nella storia
dell’uomo, dalle conseguenze imprevedibili. La risposta è chiusa in una
stanza al quarto piano di un dormitorio di Shenzhen. E lì potrebbe
restare ancora a lungo.