venerdì 4 gennaio 2019

Repubblica 4.1.19
Dietro la rivolta dei Comuni la paura di una nuova bomba sociale
Con 120 mila irregolari in più nelle strade sarà difficile garantire la sicurezza. L’allarme del volontariato
di A. Z.


Ieri mattina, quando il ragazzo, subsahariano, 18 anni tra qualche giorno, si è presentato allo sportello per chiedere la residenza, gli impiegati dell’ufficio anagrafe del Comune di Palermo sono andati nel panico. Il giorno dopo il clamoroso guanto di sfida lanciato dal sindaco Orlando, in assenza del capo area ancora in ferie, nessuno se l’è sentita di rispondere a quel giovane migrante che non aveva la minima idea di essere diventato il primo possibile caso di "disobbedienza" alla legge Salvini. E così si sono limitati a rispondergli: «Torni lunedì ». Come lui, sono centinaia i giovanissimi immigrati che, nelle prossime settimane, dopo aver cominciato un percorso di accoglienza ed integrazione, al compimento dei 18 anni, rischiano l’espulsione non potendo più contare sul permesso umanitario. Solo una delle emergenze alle quali i sindaci dovranno far fronte con le loro scarse risorse.
Nei Comuni gli assessorati ai Servizi sociali, in contatto con le prefetture, ipotizzano numeri e compilano liste: quelle degli immigrati, titolari di protezione umanitaria, che dovranno lasciare i Cas, i centri di accoglienza dove sono ospitati in attesa di un posto in quegli Sprar che adesso la legge Salvini nega loro: 400 a Palermo, 900 a Milano, 5.000 in tutto il Piemonte, tanto per fare qualche numero. E non è solo un problema di risorse e umanità. A preoccupare i sindaci è anche la sicurezza delle città. Migliaia di invisibili (senza documenti, senza tetto e senza alcun mezzo di sussistenza) condannati ad entrare nell’esercito degli irregolari che, secondo le stime dell’Ispi, aumenteranno di 120.000 unità da qui al 2020, passando dai 480.000 " ereditati" da Salvini a più di 600.000.
Basta andare in giro per le città italiane per vedere già i primi effetti. A Milano, attorno alla stazione centrale, nei sottopassi, in via Sammartini, gli accampati in strada sono notevolmente aumentati. A centinaia sono andati a bussare alle porte delle strutture messe a disposizione dal Comune per il piano freddo, 2.700 posti che serviranno a coprire l’emergenza. Ma è una soluzione temporanea con finanziamenti limitati così come le poche centinaia di migliaia di euro che il Comune di Palermo è andato a scovare nelle pieghe del bilancio per garantire una sistemazione a chi rimarrà senza un tetto, famiglie palermitane e immigrate senza distinzione, per evitare una pericolosa guerra tra poveri capace di innescare una nuova bomba sociale.
A Firenze, dove parrocchie e associazioni di volontari aprono le porte a chi viene messo fuori dai Cas, il sindaco Nardella non ci gira attorno e chiama l’emergenza con il suo vero nome, la paura di non riuscire più a garantire la sicurezza delle città: «Questo è un decreto pericoloso, perché consegna nelle mani della criminalità, comune e organizzata, centinaia di migranti espulsi dai centri di accoglienza che non vengono rimpatriati, perché sappiamo bene che le espulsioni procedono estremamente a rilento, ma abbandonati in mezzo alla strada. Si mettono a rischio le vite dei migranti, aumentando il potenziale di insicurezza e criminalità. Noi comunque non ci faremo intimorire da Salvini e andremo avanti con le nostre forze».