Repubblica 31.1.19
Camminare è l’arte di trovare davvero noi stessi
Tutti i più grandi pensieri sono concepiti mentre si cammina, sosteneva Friedrich Nietzsche
di Paolo Rodari
In
edicola con il nostro giornale il libro diventato di culto del primo
uomo che ha raggiunto a piedi tre "poli": il Nord, il Sud e la cima
dell’Everest Per l’autore prendersi il tempo di passeggiare consente di
"sottrarsi alla tirannia della velocità e così dilatare la meraviglia di
ogni istante della propria vita"
Da oggi con "Repubblica" il
bestseller di Erling Kagge, l’esploratore norvegese che racconta le
meraviglie dell’andare a piedi Un gesto al tempo stesso sovversivo e
alla portata di tutti
Tutti i più grandi pensieri sono concepiti
mentre si cammina, sosteneva Friedrich Nietzsche. E così ritiene Erling
Kagge, l’esploratore norvegese che dopo aver dedicato un libro alla
scoperta del silenzio e della sua voce, ha scritto Camminare, il libro
da oggi in edicola con
Repubblica, indicando un gesto giudicato
sovversivo e, insieme, alla portata di tutti. Occorre soltanto
rinunciare alle comodità di sempre e scegliere di spostarsi a piedi,
anche in città, anche nel quotidiano. Non ne beneficeranno solamente il
pensiero e la salute, ma anche, forse soprattutto, lo spirito:
«Sottrarsi alla tirannia della velocità significa dilatare la meraviglia
di ogni istante e restituire intensità alla vita», scrive Kagge. Capita
a chiunque, quando si decide di camminare, di scoprire tesori sui quali
ci si era soffermati di rado, superficialmente. Capolavori dell’arte e
dell’architettura sono lì, a un passo, ma non si dedica loro il tempo
necessario.
Camminando, invece, le strade percorse mutano. Si
abbandonano le direttrici più trafficate e si attraversano parchi,
giardini, strade pedonali, le vie più nascoste e silenziose. A Roma si
scoprono i 229 busti del Pincio, filari di marmo come un manuale di
storia lungo venticinque secoli.
A Parigi le Colonne di Buren o il
passaggio Choiseul. A Vienna la magnificenza dell’Innere Stadt, il
centro storico dichiarato nel 2001 patrimonio dell’umanità dall’Unesco. E
ancora a New York la vista al tramonto su Central Park da Top of The
Rock, il Parco delle statue a Mosca, la vista del Tower Bridge e del
Tamigi dal Millennium Bridge di Londra.
Nelle tradizioni religiose
camminare è sempre stato un modo per trovare sé stessi, il proprio
sentiero interiore. Gli antichi pustinnikki russi lasciavano tutto e
andavano in cerca del loro deserto, il luogo di Dio, attraverso lunghe
peregrinazioni fra pianure e steppe. Il pellegrinaggio al Tempio di
Gerusalemme era prassi nel mondo ebraico al tempo delle feste Pesach,
Shavuot e Sukkot. Così nel mondo islamico nel quale, oltre allo Hajj, il
pellegrinaggio obbligatorio almeno una volta nella vita a Mecca,
frequenti sono i pellegrinaggi alle tombe dei marabutti, i mistici del
Nordafrica. E, ancora, i percorsi a piedi della tradizione buddista nei
luoghi più importanti della vita di Buddha.
Ma cos’è camminare?
Per Kagge è anzitutto fare amicizia con le cose: «La montagna giù in
fondo, che si trasforma via via che ti avvicini, diventa una buona
compagna ancor prima che tu l’abbia raggiunta. Gli occhi, le orecchie,
il naso, le spalle , la pancia e le gambe le parlano e la montagna
risponde. Il tempo si dilata, indipendentemente dai minuti e dalle ore».
Insieme, camminare è perdersi per trovarsi: «Qui mi sono già perso una
volta, so dove siamo», gli disse un giorno suo fratello durante una
passeggiata.
Ma alla base di tutto c’è una scelta, ovvero la
decisione sulla strada da prendere. D’istinto tutti cercano il cammino
più facile. Mentre scegliere altri percorsi può essere allenamento utile
per riuscire in grandi cose nella vita. «A scuola – scrive Kagge – non
ero mai il migliore sugli sci o il più forte nelle gare.
Ogni anno
ero tra i peggiori in tutte le materie e avevo voti pessimi in
ginnastica. Oggi so che i motivi principali per cui ce l’ho fatta a
portare a termine lunghi viaggi in sci sono che ho curato molto la
preparazione e che ho tentato. Ho scelto la via difficile. Senza
piegarmi ai consigli dati con le migliori intenzioni o ai commenti degli
altri su cosa fosse possibile o meno per me. È stata una fortuna che
nessuno avesse mai raggiunto il Polo Sud a piedi da solo. Arrivarci è
stato più facile di quanto avessi pensato.
Proprio come mi sembrò
un miracolo quando io e mio fratello riuscimmo a uscire dall’Østamrka
quella volta in cui ci eravamo persi».
Come diceva Arne Næss,
«l’impossibile ogni tanto capita anche a noi». Scegliere la strada più
difficile nel camminare è dunque spinta a raggiungere l’impossibile
nella vita. Lo sosteneva anche il filosofo Martin Heidegger per il quale
gli uomini, per essere liberi, dovrebbero desiderare di caricarsi di
fardelli. «Scegliendo la via con meno ostacoli – chiosa Kagge – si dà
sempre la priorità all’opzione che comporta meno preoccupazioni. In
questo modo le nostre decisioni sono stabilite a priori e viviamo non
solo una vita non libera, ma anche noiosa».