giovedì 31 gennaio 2019

Repubblica 31.1.19
Una storia dei partiti dal 1945 a oggi, il nuovo saggio di Piero Ignazi
L’Italia dall’età dell’oro a quella dell’argilla
di Stefano Folli


Chiunque nel prossimo futuro voglia ricostruire la storia dell’ascesa e successiva decadenza del sistema dei partiti in Italia non potrà fare a meno di avvalersi degli studi di Piero Ignazi, politologo ben noto ai lettori di questo giornale. Soprattutto non potrà ignorare il suo ultimo lavoro: I partiti in Italia dal 1945 al 2018, edito dal Mulino. Una ricostruzione fedele e precisa in ogni dettaglio che compone il complesso mosaico delle forze che hanno rappresentato dall’inizio la Repubblica sorta all’indomani del disastro bellico, portatrici di severe ideologie antagoniste, ma anche di ideali e di speranze in un futuro migliore.
Quelle forze seppero stabilire un nesso profondo con un popolo stremato, evitando che il conflitto politico degenerasse e assicurando nel complesso, almeno in una prima fase — quella che Ignazi chiama l’età dell’oro — e non senza limiti e contraddizioni che fosse data risposta al bisogno diffuso di crescita economica e civile, pur sullo sfondo della grande frattura tra Est e Ovest del mondo.
Merito di Ignazi è spiegare senza semplificare. Egli non smarrisce mai il filo della narrazione, ma non edulcora la drammaticità dello scontro politico, la fatica delle alleanze, la difficile evoluzione delle forze in campo, dai cattolici ai comunisti, dai socialisti ai laici fino alla trasformazione della destra.
Protagoniste del saggio sono le idee, certo, ma soprattutto le persone, coloro che hanno incarnato il sistema nelle sue varie accezioni o se si vuole anche l’anti- sistema in certi passaggi storici. Come sia stato possibile che un po’ alla volta questa architettura si sia immiserita e i partiti, chi più chi meno, abbiano smarrito il legame vitale con la società, rinchiudendosi nell’esercizio di un potere spesso clientelare, è il tema cruciale che determina l’estinguersi delle forze storiche della Prima Repubblica e che poi scandisce l’avvento della stagione " populista" nella quale siamo immersi con il duopolio Lega- M5S. Non senza il lungo interludio berlusconiano, passaggio cruciale per capire le ambiguità della transizione italiana: l’era del partito " patrimoniale" e personale che non è mai destra europea, ma conquista il palazzo e lo tiene in pugno senza invertire la rotta verso il declino.
Dal confronto ideale e politico, anche duro e talvolta spietato, dei primi anni repubblicani ai giochi di potere autoreferenziali e poi, esito estremo, al divorzio approssimativo tra élite e popolo, con tutte le incognite che si aprono dopo il 4 marzo 2018. Nell’analisi di Ignazi molta attenzione è dedicata alla discesa verso la disgregazione: dall’età dell’oro, di cui si è detto, a quella del ferro e infine a quella dell’argilla. E non c’è bisogno di troppe parole per illustrare il significato dell’immagine. L’età dell’argilla significa che i partiti sono ormai svuotati della loro funzione di rappresentanza popolare. Sono scatole vuote; il che impoverisce e forse devasta la dialettica politica, deformandola e gettando ombre sulla salute della democrazia.
Non a caso nell’Italia di oggi c’è chi spinge per forme bizzarre di democrazia diretta il cui unico scopo è sottolineare l’irrilevanza del Parlamento, fino a proclamarne l’inutilità in un giorno non troppo lontano.
Nelle pagine di Ignazi colpisce l’inevitabile confronto tra l’Italia della rinascita post- bellica e quella di oggi, in cui la coesione nazionale sembra sfilacciarsi nonostante i proclami " sovranisti". C’è da riflettere sul senso delle istituzioni della Dc di De Gasperi — ma anche di Dossetti — attenta a distinguere tra partito e governo con uno scrupolo che in seguito sarà via via dimenticato. O sul sentimento " risorgimentale" del mondo laico ben interpretato da Ugo La Malfa e in seguito da Spadolini. E ancora il travaglio del Pci che con sofferenza vuole adeguarsi alla realtà di una società occidentale sviluppata e fondata sull’economia di mercato. O la parabola del socialismo riformista. E i radicali di Pannella che impongono nell’agenda politica il tema fragoroso dei diritti civili. Fino allo spazio adeguato che l’autore dedica alla crisi della sinistra e a quella che definisce " l’illusione del Pd". In questa cornice spicca l’esperienza di Renzi: dalla baldanza iniziale ai gravi e decisivi errori commessi nel segno di un " congenito egocentrismo".
Nessuna nostalgia, in conclusione, ma l’invito a capire meglio come e perché siamo finiti con i piedi nell’argilla.
I partiti in Italia dal 1945 al 2018 di Piero Ignazi (Il Mulino pagg. 352 euro 25)