Repubblica 3.1.19
Dietro al colle la sfida delle due italie
di Stefano Folli
Il
2019 si apre con alcuni sindaci, guidati dal palermitano Leoluca
Orlando, che contestano il decreto anti-migranti di Salvini e annunciano
di non volerlo applicare. Si vedrà quali effetti pratici avrà questa
levata di scudi.
Potrebbe essere solo un gesto dimostrativo e
mediatico; oppure un inizio di disobbedienza civile molto ambiziosa. Che
la sinistra in Italia rinasca dal rifiuto del "decreto sicurezza" è
difficile da credere, tuttavia la questione generale è un’altra:
l’opinione di centrosinistra è alla ricerca affannosa di qualcosa a cui
aggrapparsi.
La scadenza delle elezioni europee si avvicina e si
avverte l’urgenza di temi e contenuti nuovi in grado di sostenere il
confronto con i nostri "sovranisti", al momento tra i più aggressivi
dell’Unione. La risposta a questo bisogno è frammentaria come tutta la
storia recente del mondo "progressista" sconfitto il 4 marzo. Le
contraddizioni non si contano. Ci sono i comitati e circoli "macroniani"
che dovevano preparare il lancio spettacolare di una "lista Renzi" e
che appaiono già ridimensionati dal disimpegno dell’ex presidente del
Consiglio, tutt’altro che convinto dell’opportunità di lasciare il Pd
senza la certezza di uno spazio elettorale adeguato (i sondaggi indicano
un 5-6 per cento al suo movimento). C’è il percorso dello stesso Pd
verso le primarie, senza che siano chiari non tanto i programmi, quanto
l’idea di sinistra coltivata da Zingaretti e dal suo avversario Martina:
il che rischia di fare del congresso solo un’occasione offerta al ceto
politico per sistemare i rapporti tra le correnti.
Infine c’è
appunto il "partito dei sindaci" che prova a riorganizzarsi in funzione
anti-Salvini, da Orlando a de Magistris a Pizzarotti e altri. In passato
tentativi simili non hanno dato buoni risultati perché al dunque i
fattori che dividono i sindaci sono più numerosi di quelli che li
uniscono. Ma il 2019 si profila come un anno cruciale e non è strano che
molti si attrezzino per giocare le loro carte.
È su tale sfondo che è calato il discorso di San Silvestro di Sergio Mattarella.
Discorso
di forte impegno morale ma nella sostanza prudente, come ha
sottolineato Eugenio Scalfari. Eppure il centrosinistra ne ha fatto
subito la sua bandiera ideale, sfumando la linea di demarcazione tra il
ruolo istituzionale del presidente e la guida politica che certo
Mattarella non può incarnare, ma di cui quello schieramento ha estrema
necessità. E qui si pone l’interrogativo più delicato, come notava ieri
anche l’anziano Emanuele Macaluso.
Riconosciuto che il capo dello
Stato è e rimane il garante dell’equilibrio costituzionale, i suoi
richiami alla coesione a chi si rivolgono? In teoria a tutti, in pratica
devono scontare lo squilibrio politico che si è creato nel Paese.
Il
fronte cosiddetto populista è accreditato di circa il 60 per cento, ma
un conto sono i Cinque Stelle, oggi attentissimi alla parola del
Quirinale, e un altro sono i leghisti. Del centrosinistra allo sbando si
è detto. Dopo il voto europeo l’Italia potrebbe trovarsi alle prese con
una destra salviniana rafforzata ed esigente. Interprete di un progetto
in Italia e in Europa assai diverso da quello delineato da Mattarella.
Il quale però incarna un potere istituzionale tutt’altro che indefinito,
come vorrebbero i suoi avversari. Quindi l’Italia ideale descritta dal
capo dello Stato rischia di essere sfidata dall’Italia reale figlia dei
nostri tempi e legittimata nelle urne (sia pure urne europee e non
nazionali). Sotto tale aspetto il 2019 potrebbe preparare qualche
sorpresa.