il manifesto 3.1.19
Mattarella debole e gli sfasciacarrozze della Costituzione
Governo/Parlamento.
Le convulsioni del dopo 4 marzo accentuano la centralità degli organi
di equilibrio e garanzia: Presidente della Repubblica, Corte
costituzionale. Per questo il discorso di fine anno di Mattarella è
condivisibile, ma non del tutto soddisfacente. Ha un senso di ordinaria
amministrazione, in un contesto per nulla ordinario. È minimale il
richiamo alle forze politiche a ridiscutere a cose fatte sulla legge di
stabilità, anche se capiamo la pressione per promulgare comunque. È un
equilibrismo il richiamo alla sicurezza e agli immigrati, ma non
all’accusa di violare i diritti umani che molti hanno rivolto all’Italia
di Massimo Villone
È
risuonata alta la protesta contro l’incostituzionale bavaglio applicato
al parlamento con l’approvazione della legge di stabilità. Come scrive
Azzariti su queste pagine, nell’esperienza passata molto era già
accaduto.
E il voto imposto senza uno straccio di discussione è
stato solo l’ultimo e più evidente strappo. Ma bisogna essere
consapevoli che il più ampio rispetto del galateo parlamentare non
avrebbe, con ogni probabilità, prodotto una legge significativamente
diversa. La domanda è: come si può fare utilmente argine?
La forza
di un’assemblea elettiva è data dalla forza dei soggetti politici
collettivi che in essa entrano con i propri rappresentanti. La debolezza
del parlamento oggi viene dalla debolezza complessiva del sistema dei
partiti. Salvo uno: la Lega. E questo ne spiega la capacità di assumere
una posizione dominante nella compagine di governo e il trend dei
sondaggi. Non c’è competizione tra un partito vero con un progetto
politico, e un non-partito che va a palazzo Chigi con un non-programma,
ma con un paniere di proteste variamente raccolte.
Le convulsioni
del dopo 4 marzo accentuano la centralità degli organi di equilibrio e
garanzia: Presidente della Repubblica, Corte costituzionale. Per questo
il discorso di fine anno di Mattarella è condivisibile, ma non del tutto
soddisfacente. Ha un senso di ordinaria amministrazione, in un contesto
per nulla ordinario. È minimale il richiamo alle forze politiche a
ridiscutere a cose fatte sulla legge di stabilità, anche se capiamo la
pressione per promulgare comunque. È un equilibrismo il richiamo alla
sicurezza e agli immigrati, ma non all’accusa di violare i diritti umani
che molti hanno rivolto all’Italia.
Terreno anche giuridicamente
minato, come dimostra lo scontro in atto tra il sindaco Orlando e il
ministro Salvini. Non si menziona l’attacco alla stampa e
all’informazione. Si allude in modo del tutto criptico – richiamando
l’unità della Repubblica come comune destino – alla secessione leghista
strisciante attraverso l’art. 116. Eppure, l’attacco all’unità è ormai
pubblicamente discusso e viene rafforzato da minacce di crisi di
governo. Mentre la Costituzione chiama il Capo dello Stato a
rappresentare l’unità nazionale (art. 87). Persino Conte si è
auto-nominato garante.
Si può opporre che il Capo dello Stato si è
anche già espresso altrove. Ma nel discorso di fine anno parla
direttamente a tutti gli italiani. È un messaggio non mediato, di
efficacia comunicativa non comparabile con l’esternazione in sedi più
ristrette, come gli incontri con la stampa parlamentare o benemerite
associazioni.
È possibile che il ruolo del Capo dello Stato, già
difficile, lo diventi ancor più. Analoga considerazione vale per la
Corte costituzionale. Il 9 gennaio deciderà preliminarmente sulla
ammissibilità del ricorso Pd per la legge di stabilità, e potrebbe
negarla. Ma è indiscutibile la indebita compressione della funzione dei
parlamentari – non rileva se considerati individualmente o come gruppo –
nelle ore convulse che hanno preceduto il voto sulla fiducia e
l’approvazione. Quanto alla successiva decisione sul merito, però, un
rigetto del ricorso – anche guardando ai precedenti – è più probabile,
soprattutto per l’argomento che esistono garanzie e rimedi
nell’ordinamento interno dell’assemblea. Nel confronto politico proprio
di un’assemblea elettiva violazioni molteplici sono in ogni momento
possibili, e una linea giurisprudenziale di apertura senza filtri
rischierebbe di rendere la Corte sede di appello per contrasti e
dissensi, individuali e di gruppo. Nel caso specifico, poi, potrebbe
provocare uno tsunami politico, istituzionale e finanziario. Volendo
scommettere, sì per l’ammissibilità, no nel merito del ricorso.
Bisogna
rimanere in campo, ma sapendo che non ci sono scorciatoie o demiurghi.
Il paese si rinsalda con soggetti politici stabilmente e solidamente
strutturati, assemblee ampiamente rappresentative, parlamentari
liberamente eletti e non vincolati al mandato di chicchessia.
Un
percorso né facile né breve. Scalfari su Repubblica legge nel discorso
di Mattarella la nazione perfetta. Più modestamente, noi vorremmo porre
al riparo da strappi il tessuto artigianale complesso e raffinato della
Costituzione, tornando ai fondamentali e fermando gli sfasciacarrozze.