Repubblica 2.1.19
Brasile
Donne, neri, gay e indigeni bersagli dell’odio vincente
di Monica Benicio
Il
Brasile inaugura una stagione politica mai vissuta prima nella sua
storia. Il nostro è un Paese segnato dalle disuguaglianze sociali,
razziali e di genere. È uno Stato che ha subito un colpo di Stato
militare durato 21 anni, dal 1964 al 1985, e un colpo di Stato politico
nel 2016 con l’ascesa al governo di Michel Temer che, succedendo alla
presidente Dilma Rousseff, ha dato il via al mandato di Jair Bolsonaro.
Le
posizioni del nuovo governo — seppure arrivato al governo con
un’elezione democratica e non con un colpo di Stato militare come nel
1964 — sono un affronto ai principi di uno Stato democratico. Le
disuguaglianze sociali in Brasile sono la conseguenza del processo di
esclusione degli schiavi e delle schiave di colore nel periodo
coloniale, 318 anni di schiavitù durante i quali le donne nere e
indigene sono state regolarmente vittime di violenze e stupri. Il
genocidio della popolazione indigena è conseguenza delle dispute per la
terra cominciate con la scoperta del Brasile e la colonizzazione
europea, e mai cessate. Si stima che gli indigeni fossero 5 milioni nel
1500. Oggi la loro popolazione sparsa tra centri urbani e zone rurali,
si aggira tra gli 800mila e i 900mila individui.
Più di 250 gruppi etnici vivono sotto perenne minaccia e in situazioni di vulnerabilità sociale.
Le
donne, che sono la maggioranza della popolazione brasiliana, lo sono
anche nelle università. Le loro giornate lavorative sono triplicate —
tra mansioni domestiche e lavoro all’esterno, ma nonostante questo
stanno facendo nascere nuovi modelli di famiglia e si battono per
l’esercizio dei loro diritti di cittadine.
Parallelamente al
processo di emancipazione femminile, il tasso di femminicidi è cresciuto
nel Paese a un ritmo spaventoso. Per contrastarlo lo Stato fa poco, al
punto che il Brasile è diventato il quinto paese al mondo per numero di
donne uccise. Non è possibile quantificare ufficialmente il numero di
omosessuali, bisessuali o transgender, persone Lgbti, che hanno un
lavoro, sono impegnati nelle università o nelle scuole, possiedono
proprietà. Né esistono statistiche su quante di queste persone siano
vittime di violenza.
In assenza di politiche pubbliche statali,
sono le organizzazioni non governative a farsi carico della
rappresentanza di questa parte della popolazione nel momento in cui
rimane vittima di atti di intolleranza. Il Brasile è il Paese in cui
vengono uccise più persone Lgbti nel mondo. Due eventi di barbarie hanno
segnato una violazione della democrazia in questo periodo. Il primo è
stata l’esecuzione di matrice politica della consigliera Marielle
Franco, il 14 marzo 2018. Eletta con più di 45 mila voti nello stato di
Rio, Franco era nera, lesbica, abitante di una favela e socialista. Sono
passati quasi 300 giorni dalla sua uccisione e le autorità non hanno
ancora individuato né mandanti né esecutori. L’altro evento
immediatamente successivo è stata l’incarcerazione, anche questa di
matrice politica, del presidente Lula (Partito dei lavoratori, Pt) senza
prove e in maniera discriminatoria. Lula è ancora in carcere senza che
si conosca alcuna scadenza per un processo coerente con le normative
giudiziarie brasiliane.
Siamo di fronte a violenze che il governo
rende volutamente invisibili. Durante i governi del Pt, erano state
attuate politiche di azioni positive in parte mirate a questi gruppi
sociali storicamente subalterni. Di tali politiche, che hanno avuto
ricadute positive su tutti in generale, dobbiamo ringraziare le lotte
dei movimenti sociali. L’elezione di Bolsonaro è invece il risultato di
rancori contro il Pt e contro Lula, dell’apologia dell’odio contro le
donne, i neri, gli indigeni e gli Lgbti. Si sta configurando così uno
scenario d’insicurezza politica ed economica che poggia su un
conservatorismo morale e religioso e su discorsi discriminanti di chi
sta in cima alla piramide della disuguaglianza sociale brasiliana.
Noi
attivisti per i diritti umani abbiamo una sola opzione: resistere,
continuare a vivere e mantenere attivi i nostri diritti in modo da poter
occupare tutti gli spazi. Il nostro compito è riscoprire e ravvivare la
speranza per un Paese giusto, diversificato e amante della libertà e
seppellire una volta per tutte il fascismo che sta iniziando.
- Traduzione di Marina Parada
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Un
successo politico nato sull’intolleranza: è l’allarme lanciato dalla
compagna di Marielle Franco, attivista Lgbt uccisa l’anno scorso
L’opposizione messa a tacere
Un
murale che raffigura Marielle Franco, consigliera comunale e attivista
Lgbt, uccisa il 14 marzo 2018 a Rio de Janeiro. L’omicidio rimane ad
oggi irrisolto. In alto, Monica Benicio, attivista, vedova di Marielle e
autrice dell’articolontando la sua pena.
Traduzione di Marzia Porta