Repubblica 2.1.19
Sesto San Giovanni
Arriva Casapound l’affronto più duro per l’ex Stalingrado
di Franco Vanni
Un
convegno di CasaPound negli spazi del Comune a Sesto San Giovanni.
Nella città Medaglia d’oro della Resistenza, ex Stalingrado d’Italia,
dal 2017 amministrata per la prima volta da una giunta di centrodestra,
rischia di cadere l’ultimo tabù. L’autorizzazione per l’incontro
pubblico, in programma per il prossimo 18, è stata data a inizio
dicembre.
E da allora l’ex roccaforte operaia a nord di Milano non
si dà pace. A chiedere che la sala sia negata è uno schieramento ampio,
che va dalla sinistra locale (per una volta unita) al Movimento 5
stelle, fino ad esponenti di quella lista civica moderata che al
ballottaggio delle Comunali nel giugno di due anni fa portò alla
vittoria Roberto Di Stefano di Forza Italia.
Il Comitato
antifascista di Sesto San Giovanni ha lanciato una petizione sulla
piattaforma Change.org per chiedere al Comune di fare marcia indietro,
sostenendo che CasaPound «lotta contro la libertà e la tolleranza, cioè
contro la democrazia». In dieci giorni l’appello, sostenuto dall’Anpi,
ha raccolto 2.235 adesioni. Poche, in una città di 81mila abitanti che
sull’antifascismo ha costruito per settant’anni la sua identità. Dalla
sola Sesto nel 1944 furono deportati verso i lager nazisti 570
cittadini, per lo più operai in sciopero contro il regime. In 233 non
fecero ritorno. «Per Sesto il convegno neofascista sarebbe l’ultima e
più dolorosa coltellata», dice Pietro Comi, attivo nel Comitato.
Per
l’assessore leghista alla Cultura, Alessandra Magro, il problema non
esiste: «CasaPound è un partito politico riconosciuto — dice —.
Hanno
pagato al Comune quanto dovuto per affittare la sala, e non c’è una
ragione giuridicamente valida per impedire loro di riunirsi».
Il
13 dicembre scorso è stato il Movimento 5 stelle a presentare una
mozione in Consiglio comunale che impegni le associazioni che chiedono
spazi al Comune a professarsi antirazziste, «in armonia con i valori
della Costituzione». Oltre al centrosinistra, ha aderito l’ex candidato
sindaco "moderato e apolitico" Gianpaolo Caponi che con il suo 26 per
cento al primo turno appoggiò poi al ballottaggio Di Stefano. Ma non
basta. Caponi, non in linea con l’amministrazione, non è più nemmeno in
Consiglio. E i suoi ex sostenitori sono passati nei gruppi consiliari
del centrodestra. Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno bocciato
la mozione. «Da qui al 18 organizzeremo presìdi, volantinaggi e convegni
— dice Comi —. Le istituzioni devono capire la gravità di quello che
potrebbe succedere. Per Sesto la ferita sarebbe troppo grande».