Repubblica 2.1.19
Uno sfregio da riparare dopo 75 anni di attesa
di Umberto Gentiloni
Un
quadro rubato, trafugato, scomparso per decenni sembra poter dar voce
alle ragioni dell’Europa in queste prime ore del nuovo anno.
Uno
scherzo del destino, una coincidenza fortuita e irrilevante mentre
all’orizzonte si addensano nubi minacciose sul destino del vecchio
continente. L’appello lanciato dal direttore degli Uffizi va oltre la
tela di Jan van Huysum e la sua possibile restituzione: da una famiglia
tedesca alla sala Putti del museo fiorentino, dalla parete di
un’abitazione privata fin sotto gli occhi di milioni di turisti, dove
oggi è sostituita da un’immagine provvisoria che riproduce il "Vaso di
Fiori". Dopo il furto nazista si perdono le tracce del quadro. A partire
dall’unificazione tedesca nell’ultimo decennio del Novecento si muovono
nell’ombra trattative con richieste economiche per la restituzione, in
un lavorio di intermediari e autorità italiane e tedesche cercando una
via percorribile, una sorta di cammino verso luoghi abbandonati durante
le tempeste della Seconda Guerra Mondiale. Il dipinto era rimasto al suo
posto, messo in sicurezza all’alba del confitto in vari spostamenti e
peripezie in compagnia di altre opere d’arte, fino al passaggio dei
soldati della Wehrmacht. Un furto che sembra uno sfregio, una ferita nel
cammino di conquista dell’Europa segnato dalla fortuna aggressiva del
terzo Reich. La ritirata da territori conquistati e occupati rappresenta
una occasione per violenze, eccidi e furti di oggetti preziosi. Le
logiche di guerra non risparmiano persone, luoghi, situazioni: una
rapina per irridere e umiliare interlocutori vendicandosi di alleati
infedeli. Tutto è in discussione, conteso e contendibile, persino le
memorie e le appartenenze scosse dai responsi definitivi dei teatri di
guerra. E così le parole del direttore del museo fiorentino vanno dritte
al punto, fino a valorizzare il nucleo fondante del processo
d’integrazione continentale. Un tedesco che dirige una grande
istituzione museale italiana nell’Europa che affonda radici e culture
nel lungo dopoguerra che abbiamo alle spalle. Una costruzione comune che
si appoggia sulla forza della ragione contro le ragioni della forza,
sulla comprensione di un passato comune contro le logiche di
nazionalismi vecchi o fintamente rigenerati. Il ritorno di un quadro
diventa così un simbolo di riconciliazione, un piccolo grande gesto per
costruire ponti e occasioni di dialogo a partire da un itinerario che
unisce generazioni di europei. L’arte è un messaggio che non conosce
recinti, vive della sua universalità nei luoghi pubblici o privati che
la conservano. Può apparire scontato o secondario nel nostro tempo. Il
valore del gesto in una positiva provocazione, il richiamo "al dovere
morale della restituzione per la Germania" va ben oltre le nature morte
di un olio su tela della prima metà del Settecento. Il percorso
possibile del "Vaso di Fiori" non è un ritorno indietro, né l’esito
contraddittorio di una caccia al tesoro sulle eredità del secondo
conflitto mondiale. L’augurio di poterlo ammirare a Firenze nel prossimo
futuro appare la conferma vitale di un destino comune.