Repubblica 29.12.18
Nick Nolte “Il cinema è l’unica salvezza per la Terra distrutta”
di Arianna Finos
PAESTUM
Barba lunghissima e tunica chiara, Nick Nolte ha il physique du rôle da
profeta biblico, ma con la giusta dose di ironia.
In Last Words
di Jonathan Nossiter, favola ecologista tra poesia e apocalisse sugli
ultimi sopravvissuti nell’anno 2085, interpreta il solitario
Shakespeare, 124 anni e la voglia di andarsene dal pianeta sterile e
senza più energia guardando i capolavori del cinema alla Cineteca di
Bologna. «Solo che non puoi decidere tu quando far arrivare la morte. E
così annaspa.
Ritrova, suo malgrado, uno scopo quando incontra
Kal, un giovane africano a cui insegna a usare la macchina da presa per
ritrarre, ultimo cineasta, quel che resta dell’umanità». Il film è
tratto dal romanzo Mes derniers mots di Santiago Amigoreno, che co-firma
la sceneggiatura con Nossiter, produce Donatella Palermo ( Fuocoammare,
Cesare deve morire) con Rai Cinema. La troupe è stanziata vicino al
mare, nel Parco Archeologico di Paestum.
Sotto il tendone comune
Nolte mangia con diligenza il tacchino nell’allegria generale. Al suo
fianco, bicchiere di vino in mano, siedono Alba Rohrwacher e Stellan
Skarsgård, Charlotte Rampling è nella roulotte che si prepara al ciak e
Kalipha Touray — il giovane rifugiato che Nossiter ha trovato nel centro
di accoglienza di Palermo dopo aver provinato centinaia di attori a
Londra — ha l’aria preoccupata: «Rispetto ai primi giorni va meglio,
Nick mi aiuta e mi insegna tanto». Si gira una scena sulla spiaggia da
post apocalisse. Il mare in tempesta, lamiere, falò accesi e un pesce
enorme allo spiedo. «L’ultimo esemplare rimasto», spiegherà Nolte ai
giovani del gruppetto che conoscono solo cibo in polvere. Ci viene
chiesto di allontanarci dal set perché è prevista una scena di nudo
collettivo, malgrado il vento freddo e l’umidità, che tutti hanno
accettato senza problemi.
«Malgrado i nostri corpi, mio, di
Charlotte e di Stellan, abbiano conosciuto maggiore splendore, non
abbiamo problemi nel metterci al servizio del film». (Poi la scena è
stata modificata perché «a restituire il profondo senso di intimità e
condivisione bastavano i loro sguardi», Nossiter). Sono previste 12
settimane di riprese tra Italia, Francia, Croazia, Grecia.
E Nolte
sarà in quasi tutte le scene. Una fatica che l’attore, 77 anni e una
carriera lunga 200 film tra Hollywood e cinema indipendente, accetta in
nome della causa ambientalista.
«Jonathan è venuto da me mentre
giravo un film a Berlino. Abbiamo mangiato e parlato molto di quello che
sta accadendo al pianeta.
Mi ha dato un’impressionante mole di documenti, studi, articoli.
Tutti concordi nel dire che abbiamo già passato il limite.
Non
mi interessano i film di fantascienza che scommettono su quale sarà il
futuro dell’uomo e della società. Ma questo è un film profetico e non
c’è un regista migliore di Jonathan per girarlo.
Io, Stellan e
Charlotte abbiamo voluto esserci». Una lunga pausa, poi aggiunge: «È
passata l’era in cui lottavo per il successo. Non ho nessun traguardo
materiale da raggiungere. Faccio scelte dettate dalla spiritualità e
questo è un film che parla d’amore e di spirito».
Il personaggio
che interpreta si chiama Shakespeare e sarà la guida del giovane Kal. «È
uno Scrooge nel deserto. Ha perso tutto, la famiglia, gli amici, da
tanto tempo. Prima scaccia Kal, ma poi lo aiuta a trovare uno scopo
nella vita, lo trasforma nell’ultimo cineasta sulla terra, si mette in
viaggio con lui e incontra l’ultimo residuo dell’umanità. È un film
pieno di morte, ma anche di vita. Di speranza, malgrado tutto».
Shakespeare custodisce gli ultimi spezzoni di pellicola dei grandi
capolavori del cinema. Ed è di grande suggestione la scena ambientata al
tempio di Paestum in cui, davanti a un centinaio di comparse vestite di
stracci, vengono proiettate sul teatro le immagini. «È stato
emozionante.
Guardando quei frammenti mi sono dimenticato che stavamo girando. Chaplin, Fellini… un’esperienza indimenticabile».
Se
gli si chiede quale frammento di un suo film sceglierebbe taglia corto:
«Ho la memoria a breve termine e per me l’ultimo film è sempre il più
importante. E questa è una storia estrema». Ragiona su come potrà essere
accolto il film in patria. «Immagino le reazioni: in America non può
succedere... Ma abbiamo un presidente tutt’altro che consapevole
sull’ambiente.
Trump ha ridefinito il concetto del ridicolo, non
c’è umorismo che tenga di fronte a questa realtà. Ha tolto ogni dignità
al suo ufficio.
Il mondo deve affrontare questa situazione,
l’instabilità che ne consegue. Sono preoccupato per mia figlia». Con
Sophie Lane Nolte, undici anni, ha girato Head full of honey, remake di
un film tedesco firmato dallo stesso regista, Til Schweiger, il viaggio
agrodolce di un nonno malato di Alzheimer con la nipotina, l’unica in
famiglia che sembra in grado di comprenderlo: «Il personaggio mi ha
ricordato mia nonna, che soffriva di demenza. Ero l’unico ad ascoltarla
mentre parlava con le persone del suo passato.
E provavo a interagire con lei.
Sono
state le mie prime prove di recitazione». L’idea di far recitare Sophie
è arrivata quasi per caso: «Ha talento, spero che segua la sua
passione. Per il mio paese spero invece in una politica che torni a
parlare di gentilezza, condivisione compassione, generosità».