mercoledì 2 gennaio 2019

Repubblica 29.12.18
Nick Nolte “Il cinema è l’unica salvezza per la Terra distrutta”
di Arianna Finos


PAESTUM Barba lunghissima e tunica chiara, Nick Nolte ha il physique du rôle da profeta biblico, ma con la giusta dose di ironia.
In Last Words di Jonathan Nossiter, favola ecologista tra poesia e apocalisse sugli ultimi sopravvissuti nell’anno 2085, interpreta il solitario Shakespeare, 124 anni e la voglia di andarsene dal pianeta sterile e senza più energia guardando i capolavori del cinema alla Cineteca di Bologna. «Solo che non puoi decidere tu quando far arrivare la morte. E così annaspa.
Ritrova, suo malgrado, uno scopo quando incontra Kal, un giovane africano a cui insegna a usare la macchina da presa per ritrarre, ultimo cineasta, quel che resta dell’umanità». Il film è tratto dal romanzo Mes derniers mots di Santiago Amigoreno, che co-firma la sceneggiatura con Nossiter, produce Donatella Palermo ( Fuocoammare, Cesare deve morire) con Rai Cinema. La troupe è stanziata vicino al mare, nel Parco Archeologico di Paestum.
Sotto il tendone comune Nolte mangia con diligenza il tacchino nell’allegria generale. Al suo fianco, bicchiere di vino in mano, siedono Alba Rohrwacher e Stellan Skarsgård, Charlotte Rampling è nella roulotte che si prepara al ciak e Kalipha Touray — il giovane rifugiato che Nossiter ha trovato nel centro di accoglienza di Palermo dopo aver provinato centinaia di attori a Londra — ha l’aria preoccupata: «Rispetto ai primi giorni va meglio, Nick mi aiuta e mi insegna tanto». Si gira una scena sulla spiaggia da post apocalisse. Il mare in tempesta, lamiere, falò accesi e un pesce enorme allo spiedo. «L’ultimo esemplare rimasto», spiegherà Nolte ai giovani del gruppetto che conoscono solo cibo in polvere. Ci viene chiesto di allontanarci dal set perché è prevista una scena di nudo collettivo, malgrado il vento freddo e l’umidità, che tutti hanno accettato senza problemi.
«Malgrado i nostri corpi, mio, di Charlotte e di Stellan, abbiano conosciuto maggiore splendore, non abbiamo problemi nel metterci al servizio del film». (Poi la scena è stata modificata perché «a restituire il profondo senso di intimità e condivisione bastavano i loro sguardi», Nossiter). Sono previste 12 settimane di riprese tra Italia, Francia, Croazia, Grecia.
E Nolte sarà in quasi tutte le scene. Una fatica che l’attore, 77 anni e una carriera lunga 200 film tra Hollywood e cinema indipendente, accetta in nome della causa ambientalista.
«Jonathan è venuto da me mentre giravo un film a Berlino. Abbiamo mangiato e parlato molto di quello che sta accadendo al pianeta.
Mi ha dato un’impressionante mole di documenti, studi, articoli.
Tutti concordi nel dire che abbiamo già passato il limite.
Non mi interessano i film di fantascienza che scommettono su quale sarà il futuro dell’uomo e della società. Ma questo è un film profetico e non c’è un regista migliore di Jonathan per girarlo.
Io, Stellan e Charlotte abbiamo voluto esserci». Una lunga pausa, poi aggiunge: «È passata l’era in cui lottavo per il successo. Non ho nessun traguardo materiale da raggiungere. Faccio scelte dettate dalla spiritualità e questo è un film che parla d’amore e di spirito».
Il personaggio che interpreta si chiama Shakespeare e sarà la guida del giovane Kal. «È uno Scrooge nel deserto. Ha perso tutto, la famiglia, gli amici, da tanto tempo. Prima scaccia Kal, ma poi lo aiuta a trovare uno scopo nella vita, lo trasforma nell’ultimo cineasta sulla terra, si mette in viaggio con lui e incontra l’ultimo residuo dell’umanità. È un film pieno di morte, ma anche di vita. Di speranza, malgrado tutto». Shakespeare custodisce gli ultimi spezzoni di pellicola dei grandi capolavori del cinema. Ed è di grande suggestione la scena ambientata al tempio di Paestum in cui, davanti a un centinaio di comparse vestite di stracci, vengono proiettate sul teatro le immagini. «È stato emozionante.
Guardando quei frammenti mi sono dimenticato che stavamo girando. Chaplin, Fellini… un’esperienza indimenticabile».
Se gli si chiede quale frammento di un suo film sceglierebbe taglia corto: «Ho la memoria a breve termine e per me l’ultimo film è sempre il più importante. E questa è una storia estrema». Ragiona su come potrà essere accolto il film in patria. «Immagino le reazioni: in America non può succedere... Ma abbiamo un presidente tutt’altro che consapevole sull’ambiente.
Trump ha ridefinito il concetto del ridicolo, non c’è umorismo che tenga di fronte a questa realtà. Ha tolto ogni dignità al suo ufficio.
Il mondo deve affrontare questa situazione, l’instabilità che ne consegue. Sono preoccupato per mia figlia». Con Sophie Lane Nolte, undici anni, ha girato Head full of honey, remake di un film tedesco firmato dallo stesso regista, Til Schweiger, il viaggio agrodolce di un nonno malato di Alzheimer con la nipotina, l’unica in famiglia che sembra in grado di comprenderlo: «Il personaggio mi ha ricordato mia nonna, che soffriva di demenza. Ero l’unico ad ascoltarla mentre parlava con le persone del suo passato.
E provavo a interagire con lei.
Sono state le mie prime prove di recitazione». L’idea di far recitare Sophie è arrivata quasi per caso: «Ha talento, spero che segua la sua passione. Per il mio paese spero invece in una politica che torni a parlare di gentilezza, condivisione compassione, generosità».