mercoledì 2 gennaio 2019

Repubblica 29.12.18
Dopo l’annuncio del ritiro Usa
I curdi chiedono aiuto alle truppe di Assad
di Giampaolo Cadalanu


Con le truppe turche decise ad andare avanti nel territorio del Rojava, dopo l’annuncio della partenza degli americani, per i curdi della zona autonoma c’erano poche alternative: restava solo la possibilità di guardare dall’altra parte, per chiedere aiuto a Bashar al Assad.
E l’esercito governativo siriano ha già risposto, mostrando le bandiere dentro Manbij, la città che secondo Erdogan sarebbe stata presto al centro di un’operazione delle forze turche. L’avanzata delle truppe di Erdogan era già avviata. Il governo di Ankara considera terroristi alla pari dei militanti del Pkk, i miliziani delle Ypg, le unità di protezione popolare che costituiscono la componente più robusta delle Sdf, le forze curdo-arabe che hanno compiuto le operazioni di terra contro il sedicente Stato Islamico. I convogli di mezzi blindati turchi che superavano il confine siriano non promettevano nulla di buono. La decisione della Casa Bianca, con il ritiro annunciato delle truppe Usa dai “posti di osservazione” nel Rojava, significa nei fatti che i curdi sono stati ancora una volta abbandonati dopo aver fatto gran parte del lavoro più difficile. Fra l’altro è dovuta al loro intervento, e secondo alcune fonti proprio degli uomini del Pkk, la sopravvivenza di buona parte della comunità cristiana della provincia di Ninive.
Stavolta però la situazione sul terreno - e con tutta probabilità anche qualche suggerimento da Mosca - ha imposto alle comunità curde di rivolgersi a Damasco. Lo stesso ministro degli Esteri Sergheij Lavrov aveva indicato nei giorni scorsi che le zone lasciate dalle truppe Usa sarebbero dovute tornare sotto il controllo del governo siriano. In altre parole: se per il momento uno stato autonomo non è realizzabile, per i curdi è comunque meglio vivere sotto il governo di Damasco che morire sotto le bombe di Ankara.
Decisa a non mollare e a colpire le forze del Pkk e delle Ypg, la Turchia contesta il diritto dei curdi di rivolgersi a Damasco, e annuncia l’invio di una delegazione a Mosca per discutere le mosse del governo siriano. Secondo il presidente turco, quella di Damasco a Manbij è solo “un’operazione psicologica”. Ma Ankara ammette che se i terroristi non sono più nella città, allora l’offensiva non è più necessaria.