Repubblica 29.12.18
Dopo l’annuncio del ritiro Usa
I curdi chiedono aiuto alle truppe di Assad
di Giampaolo Cadalanu
Con
le truppe turche decise ad andare avanti nel territorio del Rojava,
dopo l’annuncio della partenza degli americani, per i curdi della zona
autonoma c’erano poche alternative: restava solo la possibilità di
guardare dall’altra parte, per chiedere aiuto a Bashar al Assad.
E
l’esercito governativo siriano ha già risposto, mostrando le bandiere
dentro Manbij, la città che secondo Erdogan sarebbe stata presto al
centro di un’operazione delle forze turche. L’avanzata delle truppe di
Erdogan era già avviata. Il governo di Ankara considera terroristi alla
pari dei militanti del Pkk, i miliziani delle Ypg, le unità di
protezione popolare che costituiscono la componente più robusta delle
Sdf, le forze curdo-arabe che hanno compiuto le operazioni di terra
contro il sedicente Stato Islamico. I convogli di mezzi blindati turchi
che superavano il confine siriano non promettevano nulla di buono. La
decisione della Casa Bianca, con il ritiro annunciato delle truppe Usa
dai “posti di osservazione” nel Rojava, significa nei fatti che i curdi
sono stati ancora una volta abbandonati dopo aver fatto gran parte del
lavoro più difficile. Fra l’altro è dovuta al loro intervento, e secondo
alcune fonti proprio degli uomini del Pkk, la sopravvivenza di buona
parte della comunità cristiana della provincia di Ninive.
Stavolta
però la situazione sul terreno - e con tutta probabilità anche qualche
suggerimento da Mosca - ha imposto alle comunità curde di rivolgersi a
Damasco. Lo stesso ministro degli Esteri Sergheij Lavrov aveva indicato
nei giorni scorsi che le zone lasciate dalle truppe Usa sarebbero dovute
tornare sotto il controllo del governo siriano. In altre parole: se per
il momento uno stato autonomo non è realizzabile, per i curdi è
comunque meglio vivere sotto il governo di Damasco che morire sotto le
bombe di Ankara.
Decisa a non mollare e a colpire le forze del Pkk
e delle Ypg, la Turchia contesta il diritto dei curdi di rivolgersi a
Damasco, e annuncia l’invio di una delegazione a Mosca per discutere le
mosse del governo siriano. Secondo il presidente turco, quella di
Damasco a Manbij è solo “un’operazione psicologica”. Ma Ankara ammette
che se i terroristi non sono più nella città, allora l’offensiva non è
più necessaria.