Repubblica 26.1.19
Radiografie e battiti del cuore va in mostra il corpo di Hitler
Si inaugura a Carpi il controverso allestimento curato dallo psicoanalista Antonello Fresu
di Marco Belpoliti
Hitler
a Carpi? Cosa ci fa la radiografia del capo nazista nella Sala dei
Cervi dell’antico Palazzo dei Pio insieme al battito tambureggiante del
suo cuore?
Hitler è morto suicida il 30 aprile 1945 nel bunker
della Cancelleria di Berlino. Il suo corpo fu cosparso di benzina e
bruciato, quindi la salma carbonizzata sepolta insieme ai resti di altri
cadaveri irriconoscibili. I soldati sovietici cercarono il corpo del
dittatore, fino a che rinvennero un osso mandibolare e due ponti
dentari; presentati al suo odontotecnico, Fritz Echtmann, furono
identificati grazie alla cartelle cliniche. Nonostante questo, restò
l’ipotesi che fosse ancora vivo e nascosto da qualche parte, una
leggenda che circolò negli anni ’50 e ’60. Nel 1945 l’esercito americano
realizzò un dossier sul capo nazista utilizzando le cartelle cliniche
del suo medico, Theodor Morrell: 47 pagine che contenevano la
radiografia del cranio del leader e alcuni elettrocardiogrammi,
intitolate Investigation into whereabouts. Nel 1983 sono state rese
accessibili insieme alle ricerche dell’Fbi per "ritrovare" il dittatore.
Antonello
Fresu, psicoanalista junghiano, ha usato quelle pagine e realizzato
l’installazione Der Körper che s’inaugura oggi nello spazio del castello
di Carpi sotto l’egida della Fondazione Fossoli (fino al 31 marzo).
Nella prima stanza buia appaiono le imponenti radiografie del cranio di
Hitler, alte tre metri, retroilluminate: sono fantasmi neri su fondo
bianco, e insieme impressionanti opere grafiche, il cui significato
luttuoso appare subito evidente. Nella seconda sala i referti clinici
analizzati da specialisti medici di oggi, come si trattasse di un
paziente qualsiasi, mentre sulla volta appaiono parate naziste, Hitler
che arringa la folla e raduni militari. Nella terza stanza sono
riportati i documenti del dossier americano, mentre nella quarta, e
ultima, su uno schermo compare la simulazione del battito del cuore e un
elettrocardiografo dell’epoca emette il tracciato di quell’esame
clinico in presa diretta: si attiva appena le persone entrano nella sala
come un misterioso saluto di benvenuto. L’idea di Fresu, attento
indagatore dell’Ombra, per dirla con Jung, ha qualcosa d’inquietante:
stende un mantello di nere tenebre in questo luogo e obbliga i
visitatori a incontrare, come scrive Marco Senaldi in un testo che
apparirà nel catalogo della mostra, a guardare il fossile di un
Tirannosaurus Rex, il cui scheletro è stato conservato e trasformato in
curiosità espositiva da Museo di Scienze Naturali. Già di per sé le
radiografie sono qualcosa di conturbante, e queste di grandi dimensioni,
anche senza sapere che appartengono al cranio di Hitler, inquietanti.
Pare che la moglie dell’uomo che ha inventato questo metodo d’indagine,
Wilhelm C. Röntgen, dopo essere stata sottoposta alla prima radiografia,
abbia detto: ho visto la mia morte. Questi light box contengono una
doppia morte: quella del paziente Adolf Hitler e quella del dittatore
che ha provocato la più immane catastrofe del XX secolo. Un uomo e
insieme il peggior criminale della storia. È come se, per una nera
magia, il doppio corpo del Re, per dirla con Ernst Kantorowicz, corpo
materiale e corpo sacrale, corpo che muore e quello che invece si
trasmette sotto forma di regalità, si fossero ricongiunti per un
imponderabile maleficio. Fresu, nel suo doppio ruolo di psicoanalista e
di artista, ha messo in mostra un’ombra e il suo fantasma. Come se i
fantasmi potessero avere un’ombra. Batte il cuore di uno spettro mentre i
soldati camminano a passo dell’oca sulle volte ricurve del Castello.
Spettro
perché, mentre i fantasmi sono bianchi, Hitler è nero, anzi nerissimo.
Il capo nazista è stato e resta un enigma. Il suo maggior biografo,
l’inglese Ian Kershaw, s’è chiesto come un uomo così bizzarro abbia
potuto prendere il potere in uno Stato moderno com’era la Germania
dell’inizio del XX secolo. Dotato di grandi abilità demagogiche e di una
capacità straordinaria di sfruttare le debolezze dei suoi avversari,
Hitler resta un mistero per chi l’ha indagato: di quali poteri era
dotato per riuscire a trascinare le classi dirigenti tedesche in
un’avventura così nefanda e disastrosa? Risposta non c’è. Salvo
ricorrere alla metafisica del Male, o a spiegazioni che esorbitano dalla
nostra comprensione razionale. Der Körper bordeggia quello spazio
irrazionale, lo lambisce e per questo scuote il visitatore, lo mette in
allerta. Persegue questo scopo e anche quello di indicare che Hitler era
un uomo come noi, che aveva un corpo simile al nostro: era normale. Non
era un mostro?
Possibile? Il concetto di "mostro" non è facile da
maneggiare; fa vacillare, perché spiega qualcosa d’inspiegabile. Primo
Levi, al termine del suo I sommersi e i salvati, sostiene di non aver
mai incontrato dei mostri nel lager, solo degli uomini che erano stati
educati male. L’arcano di Hitler resta irrisolto. La mostra è elegante e
la sua provocazione colpisce. Tra tutti i dittatori del XX secolo,
Hitler era quello che sembrava avere meno corpo di tutti; lo nascondeva
persino ai propri intimi: nessuno l’ha mai visto a torso nudo. Come
aveva detto Jung, intervistato da un giornalista americano, poco dopo la
sua ascesa al potere, quello che colpiva era prima di tutto la voce del
dittatore, la vibrazione isterica che conteneva, una voce che stregava
milioni di tedeschi e li coinvolgeva. Come controcanto a questa
ostensione fantasmatica della testa e del cuore del dittatore funziona
la voce tremenda di Hitler che echeggia nelle sale, una voce uscita da
un corpo così piccolo e modesto, che non riusciamo a dimenticare, e che
come uno spettro circola ancora oggi per l’Europa dei suoi tardi,
assurdi e fanatici ammiratori.
Adolf Hitler; in alto,
l’allestimento della mostra Der Körper al Palazzo dei Pio di Carpi (fino
al 31 marzo) con le radiografie di Hitler