Repubblica 26.1.19
Harro e Libertas storia d’amore e di antinazismo
Altolocati,
colti, glamour: i coniugi Schulze-Boysen, uccisi dal regime nel 1942
con altri eroi della Resistenza, vennero bollati come spie comuniste,
membri della cosiddetta "Orchestra Rossa". Ora un saggio rende loro
giustizia
di Natalia Aspesi
Tutti i miei
desideri sono esauditi: resterò giovane nella vostra memoria. Non dovrò
separarmi dal mio Harro. Non dovrò più soffrire…». Così Libertas
Schulze-Boysen, 29 anni, scrive alla madre, la contessa Tora zu
Eulemburg, la sera del 22 dicembre 1942 dal carcere di Plötzensee a
Berlino; subito dopo la portano in un locale buio illuminato solo da
qualche candela, dove l’aspettano ombre in frac, guanti bianchi e
cilindro, il carnefice con due aiutanti. La gettano sulla tavola della
ghigliottina e la mannaia fa il suo istantaneo lavoro. Quel giorno
furono giustiziati con la velocità imposta direttamente da Hitler, sei
condannati dal Tribunale del Popolo e otto uomini e tre donne la cui
morte era stata decretata dalla corte marziale del Reich: e per questa
occasione lo stesso Führer aveva fatto montare nella camera della morte
otto uncini da macelleria destinati allo strangolamento a corda corta,
che rendeva più lento il supplizio e a cui furono appesi cinque degli
otto uomini condannati: il tenente dell’aeronautica militare Harro
Schulze-Boysen, marito di Libertas, il diplomatico Rudolph von Sceliha,
il consigliere governativo di primo livello Arvid Harnack, lo scultore
Kurt Shumacher e l’ex giornalista e agente di commercio Johyn Graudenz.
Il diciannovenne Horst Heimann fu ghigliottinato, l’ultima giustiziata,
alle 20.33 di quella sera, fu Elisabeth Schumacher, moglie di Kurt. A
quei ganci furono appesi due anni dopo gli alti ufficiali della Wermacht
del fallito attentato a Hitler.
Quella che la Gestapo aveva
chiamato Orchestra Rossa, «una organizzazione comunista finalizzata
all’alto tradimento» fu sterminata nelle successive esecuzioni del 13
maggio e 5 agosto 1943, vittime molte donne, come la danzatrice che si
definiva "espressiva" Oda Schottmüller, Rose Schlösinger, moglie
dell’interprete al ministero degli Esteri Bodo che al fronte si era
suicidato, Liane Berkowitz, diciotto anni, la cui esecuzione fu
rimandata a dopo il parto in carcere e Hilde Coppi, moglie di Hans già
giustiziato, che fu ghigliottinata dopo aver dato alla luce il figlio
Hans, oggi un importante storico della resistenza tedesca. Mildred, la
moglie americana di Harnack era stata condannata a sei anni di prigione,
ma Hitler pretese un nuovo processo e quindi la condanna a morte.
Nicola
Montenz, già autore tra l’altro de L’armonia delle tenebre. Musica e
politica nella Germania nazista pubblica adesso, da Archinto, L’eterna
primavera, la storia di Libertas e Harro e del loro gruppo antinazista:
«Per cinque anni ho raccolto interviste, fotografie, documenti inediti
d’archivio e familiari, con l’aiuto prezioso di mia madre che è una
germanista appassionata.
Volevo ridare alla coppia e ai loro
compagni, giovani, colti, brillanti, di alto livello sociale, il valore
del loro sacrificio; ma anche in questo momento ricordare come è facile,
se non ci si oppone, scivolare nella deriva politica». Negli anni della
Guerra fredda l’Orchestra Rossa divenne il bersaglio di «un disturbante
chiacchiericcio dell’aneddotica apocrifa e romanzata», senza fonti
attendibili; nella Repubblica Federale tedesca, in Europa e anche negli
Usa, quei personaggi trucidati dal nazismo continuarono ad essere
considerati spie e traditori per i contatti avuti con
Nella foto
grande, Libertas e Harro Schulze-Boysen l’Unione Sovietica. E con
Stalin, che però non li riteneva attendibili. Per la stessa ragione la
Repubblica Democratica invece li esaltò basandosi sempre sulle versioni
della Gestapo. Montenz nega le responsabilità di Libertas nell’arresto
dei suoi amici e smonta gran parte delle teorie sulla coppia
Schulze-Boysen, che indubbiamente era per i tempi, molto aperta; citando
tra i tanti Gilles Perrault, l’autore del saggio L’Orchestra Rossa
(Bompiani) che da un ufficiale della Gestapo, per altro ignoto, aveva
appreso che Libertas amava le donne e Harro seduceva giovanissimi per
convincerli all’antinazismo. Il che, se mai, non sporca il loro eroismo.
Erano
una coppia speciale, giovane, bella, molto legata in ogni condivisione,
aperta nei rapporti amorosi: che pur con quella tragica fine, non fu
del tutto riconosciuta nel suo eroismo: anzi col Muro di Berlino, nella
Repubblica Federale tedesca continuò ad essere accusata di possibili
legami con Stalin.
Montenz, in cinque anni di ricerche, si è
convinto del contrario, con una massa di documenti ritrovati in diversi
archivi e interviste a figli e congiunti dei protagonisti.
Harro
era figlio di un capitano di marina e nipote di un grand’ammiraglio,
conservatore, appassionato di politica, scriveva alla famiglia di
tendenze antisemite: «Ho letto Mein Kampf. L’intera teoria razziale è
priva di senso. Non esiste alcuna razza tedesca». Ma anche: «Alla fine
uno dovrebbe essere immunizzato perché in pochi altri libri ho trovato
un simile guazzabuglio di banalità».
Libertas, e già quel nome la
presenta, è figlia di un pacifista discendente di banchieri, che ha una
fortunata casa di mode e collabora con Richard Strauss e Max Reinhart. È
nata a Parigi, ha girato l’Europa.
Quando si incontrano, lei ha
21 anni e lavora come addetta stampa alla sede berlinese della Metro
Goldwin Mayer e ha un certo entusiasmo per il nazismo, lui ne ha 25 e
lavora nell’aeronautica militare. Hitler è al potere dal gennaio 1933 e
Harro, allora direttore di un foglio politico, crede di poter continuare
a esprimersi liberamente: ma non è così: lui e un amico di origine
ebraiche vengono arrestati e sottoposti a tortura: Harro ne esce vivo,
non il suo amico.