venerdì 25 gennaio 2019

Repubblica 25.1.19
I latitanti in Francia
Terroristi, Parigi è pronta a riconsegnarli all’Italia
di Anais Ginori


PARIGI Il passo formale non è stato ancora fatto ma ormai è questioni di giorni. I tecnici del ministero della Giustizia francese e gli omologhi italiani sono già in contatto per concordare il percorso che porterà il governo a chiedere l’estradizione di alcuni italiani condannati per reati di terrorismo e rifugiati in Francia. La procedura dovrebbe partire a febbraio, dopo che si sarà svolta la riunione di lavoro prevista negli uffici di place Vendôme, sede del Guardasigilli, con i consiglieri tecnici inviati dal ministro Alfonso Bonafede. Nonostante la crisi diplomatica tra Francia e Italia, la ministra Nicole Belloubet continua a dirsi disponibile a esaminare «caso per caso» le domande dell’attuale governo.
La conferma di quest’apertura sono le discussioni preliminari in corso tra Roma e Parigi. I frequenti scambi hanno già portato a qualche risultato. Dalla lista di quindici nomi, comunicata dall’Italia subito dopo l’arresto di Cesare Battisti, i magistrati del ministero francese hanno per esempio suggerito di togliere il nome di Marina Petrella, l’ex brigatista arrestata nel 2008 per cui alla fine il decreto di estradizione è stato annullato per ragioni umanitarie.
La lista di cui si discute si è ormai ristretta a quattordici nomi: Giovanni Alimonti, Luigi Bergamin, Roberta Cappelli, Enzo Calvitti, Paolo Ceriani Sebregondi, Salvatore Cirincione, Maurizio Di Marzio, Paola Filippi, Gino Giunti, Giorgio Pietrostefani, Ermenegildo Marinelli, Sergio Tornaghi, Raffaele Ventura, Enrico Villimburgo. I tecnici francesi devono prima di tutto occuparsi di valutare in via preliminare l’ammissibilità delle richieste di estradizione portate da Roma. Come spiega Youssef Badr, magistrato e portavoce del ministero della Giustizia, «bisognerà verificare la regolarità giuridica » delle domande. Per la maggior parte dei casi esistono già dossier giudiziari su cui si erano intavolate discussioni con Parigi all’inizio degli anni Duemila. All’epoca era il leghista Roberto Castelli alla Giustizia e l’omologo francese era l’esponente di destra Dominique Perben.
« Avevamo deciso di voltare pagina con la Dottrina Mitterrand senza nessuna ambiguità» ricorda adesso Perben parlando con Repubblica.
Nominato Guardasigilli nel maggio 2002, fu lui a dare il via libera dopo pochi mesi all’estradizione lampo di Paolo Persichetti, l’unico latitante mai rinviato dalla Francia. Sempre il ministro Perben non si oppose alla richiesta di estradizione di Cesare Battisti nel 2004. « Purtroppo l’autorità giudiziaria concesse la libertà vigilata — ricorda — e Battisti ne approfittò per scappare».
In quegli anni, quando all’Eliseo c’era Jacques Chirac, ci furono diverse riunioni tra Roma e Parigi per mettere a punto i dossier giudiziari di altri latitanti. « Sul principio dell’estradizione — prosegue l’ex ministro francese — eravamo d’accordo, siamo sempre stati disponibili a lavorare insieme » . Dopo la fuga di Battisti, le altre procedure non andarono avanti. «C’erano spesso irregolarità giuridiche — conclude Perben — oppure non eravamo sicuri che alcune persone si trovassero effettivamente ancora in Francia».
È su questi dossier pregressi che i tecnici italiani vogliono appoggiarsi. Non sarà così facile. Il portavoce del Guardasigilli sottolinea che sulle richieste inviate negli anni Duemila i magistrati presso il Ministero dovranno «verificare la regolarità giuridica, la non prescrizione dell’azione pubblica o della pena secondo il diritto italiano » . Se la domanda si rivelerà giuridicamente fondata, verrà trasmessa alla procura generale, che a quel punto dovrà investire la Chambre de l’instruction, la sezione della Corte d’appello che si occupa delle richieste di estradizioni. In caso di accettazione della domanda, allora il governo dovrà decidere se adottare un decreto di estradizione. La battaglia giuridica si annuncia lunga e complessa.