Repubblica 17.1.19
La Camera dei Comuni
La paura di un governo Corbyn salva di un soffio la debole May
Non
passa la mozione di sfiducia, la premier rilancia: subito dialogo con
l’opposizione Si punta a un rinvio della scadenza con la Ue, ma le
posizioni restano distanti
di Antonello Guerrera
Londra
Si ricomincia da capo. L’ennesimo " giorno della marmotta". Theresa May
è sopravvissuta ancora una volta. Dopo la disfatta di martedì sera
quando è andata sotto di 230 voti sul suo accordo Brexit ( ormai
defunto), ieri ha superato la mozione di sfiducia contro il suo governo
presentata dal nemico Jeremy Corbyn, il leader del partito laburista che
ha evocato zombie e frankenstein descrivendo il progetto di uscita
dall’Ue della premier. 325 a 306: i brexiters ribelli del suo partito e i
decisivi unionisti nordirlandesi del Dup che le fanno da stampella in
Parlamento hanno deciso di non staccare la spina al governo May soltanto
perché temono l’arrivo del "comunista" Corbyn a Downing Street. Un
sollievo che durerà poco. La Brexit è ancora più nel caos e May sa che
la sua carriera politica è in un vicolo quasi cieco.
Non a caso
l’austera premier ha concesso due piccole, ma inedite aperture. La prima
a una possibile estensione della scadenza del 29 marzo ( oltre la quale
c’è lo strapiombo del " No Deal", nessun accordo), per la quale
l’Unione Europea spinge sempre di più ma a determinate condizioni. La
seconda a un dialogo con le opposizioni su una nuova bozza di accordo
sulla Brexit. Invito consegnato persino a Corbyn: «Sono pronta a
discuterne sin da stasera » , ha annunciato la premier conscia che, a
causa di un emendamento " serpente" del collega conservatore Grieve, ora
ha tempo solo fino a lunedì per presentare un piano B. Impossibile:
avrà un pugno di mosche in mano. Corbyn ha risposto che si siederà al
tavolo se May cestinerà apertamente l’ipotesi No Deal, cioè la leva che
la premier ha utilizzato ogni giorno per il suo minaccioso aut- aut (" o
il mio piano, o il precipizio"). I due leader partono dunque da
posizioni totalmente opposte: Corbyn vuole l’unione doganale permanente,
May la esecra. Insomma, molto probabilmente sarà l’ennesimo flop. E
anche all’interno del suo stesso partito Tory un nuovo compromesso in
così poco tempo sarà altamente improbabile.
Per questo May sta
cedendo all’idea che l’unico modo per restare in sella è prolungare
l’agonia e chiedere il rinvio della scadenza fatidica del 29 marzo, che
lei sinora ha sempre considerato irrinunciabile. Ma ormai bisogna
restare a galla. Il problema è che la scialuppa di salvataggio dell’Ue
ha condizioni granitiche, come un nuovo piano credibile da parte di
Londra e la centralità assoluta del famigerato backstop irlandese, che
ha frantumato il partito conservatore di May. La sensazione è che ognuno
stia provocando l’altro, costringendolo a cedere: ma potrebbe essere un
gioco al massacro, per tutti. La situazione è così paradossale che
quando martedì May è stata umiliata in Parlamento, subito dopo la
sterlina è salita, Goldman Sachs parlava di scenari positivi e anche le
borse poi sono andate bene. Il motivo è uno solo: alcuni investitori
pensano che la Brexit potrebbe anche non accadere più, a questo punto.
Sarebbe il finale perfetto di quello che somiglia sempre più a un teatro
dell’assurdo.