lunedì 14 gennaio 2019

Repubblica 13.1.19
Il caso
L’altra faccia della crescita
La corsa al business della cannabis legale ma ora si teme l’effetto bolla
Neanche i dubbi della scienza hanno frenato gli investimenti
Negozi quasi raddoppiati nell’ultimo anno: la mappa del boom
di Michele Bocci


Un boom che in dodici mesi ha quasi fatto raddoppiare il numero di negozi dove si vende la cannabis light.
L’anno scorso in Italia sono stati aperti ben 305 nuovi growshop, facendo segnare una crescita del 75% rispetto ai 408 che erano attivi nel 2017. Del resto tutto il settore produttivo in questo momento sembra florido, anche quello dei produttori e dei distributori. A dimostrarlo c’è anche lo sbarco nel settore di un fondo di investimenti canadese.
La provincia con più negozi è quella di Roma (arrivata a contare 87 punti vendita contro i 36 del 2017), seguita da Milano (51 contro 28) e Torino (34 contro 23). Solo ad Aosta, Enna e Vibo Valentia non si può comprare la marijuana light.
Quella senza tetraidrocannabinolo (il thc vietato dalla legge se in percentuale superiore allo 0,6%) ma a base di cannabidiolo, il perfettamente legale cbd.
I dati li ha raccolti con una ricerca sul campo durata alcuni mesi la rivista Dolce Vita, tiratura da 30mila copie dedicate interamente al mondo della cannabis.
Per aprire un negozio bisogna investire tra i 15 e i 20mila euro. Se gli affari vanno bene si incassano anche 25mila euro al mese ma molti si fermano a 3-4mila. I ritmi di crescita del numero degli shop fanno interrogare alcuni osservatori: e se si trattasse di una bolla, simile a quella dei rivenditori di sigarette elettroniche che alcuni anni fa aprirono a decine in tutte le città per poi in buona parte chiudere?
«Sicuramente il rischio c’è — risponde Matteo Gracis, direttore di Dolce Vita — Credo che a un certo punto vedremo un ridimensionamento. Ci sono molte persone che si sono lasciate attirate dall’idea del guadagno facile, senza conoscere il mercato della canapa e le sue dinamiche. I meno esperti così salteranno».
La cannabis light è entrata sul mercato grazie all’intuizione dei titolari di una catena di growshop, la emiliana Easyjoint nel maggio del 2017. I fiori, che i coltivatori di canapa normalmente buttavano via, sono stati messi in vendita per il loro contenuto di cbd, principio attivo che avrebbe proprietà rilassanti. Da allora è stata tutta una crescita, che ha anche riguardato le aziende agricole.
Oggi sono almeno 800 quelle che producono la canapa e gli ultimi dati, risalenti al 2017, ipotizzano un giro d’affari di 45 milioni di euro l’anno.
Non è servito a frenare la corsa il parere del Consiglio superiore di sanità che nel giugno dell’anno scorso non escluse la pericolosità della cannabis light, chiedendo di fermarne la vendita. E una nuova prova forte della buona salute di tutto il sistema arriva dai 4,7
Il caso milioni di euro che i canadesi stanno per investire per diventare socio di minoranza proprio di Easyjoint. «Chiuderemo l’accordo a fine mese — dice Luca Marola, fondatore dell’azienda — Si tratta di un fondo che finanzia società legate alla canapa in tutto il mondo. È la prima volta che succede una cosa del genere nella canapicoltura italiana».
I growshop anni fa sono nati principalmente per vendere, come dice il loro nome (che significa coltivare) attrezzatura per crescere indoor la marijuana partendo dai semi: lampade, vasi, concimi. Adesso il loro prodotto di punta sono le inflorescenze di marijuana light, ma sono molto richiesti anche i prodotti a base di canapa, che sono decine. Da quelli per il corpo, come creme e saponi, all’olio da mettere sotto la lingua, dalle farine agli abiti. Così il numero dei clienti che entrano nei negozi aumenta.
«Se è vero che c’è il rischio di una bolla — dice Gracis — va anche detto che il fenomeno sta svelando una cosa interessante che sembra andare in senso contrario: l’acquirente della light è diverso da quello della cannabis con thc. Se questa verrà mai legalizzata in Italia, quindi, non sostituirà la marijuana senza il thc in commercio adesso. C’è tutto un mondo al quale non interessa lo sballo della canna.
Penso all’avvocato cinquantenne che a casa la sera ha voglia di rilassarsi senza perdere il controllo».