Repubblica 11.1.19
Il ricorso sulla manovra
Consulta, no al Pd e avviso al governo: basta forzature
di Liana Milella
Dalla
Consulta arriva un avvertimento, con tanto di minaccia, al governo
gialloverde, ma una stilettata colpisce pure il Pd. M5S e Lega, pena una
futura bocciatura di costituzionalità, non potranno più imporre voti
parlamentari, anche di fiducia, senza garantire i necessari spazi di
esame. Com’è avvenuto con la manovra. Il Pd perde la scommessa del
conflitto d’attribuzione perché la Corte lo dichiara "inammissibile". Ci
guadagnano i parlamentari: ognuno potrà presentare un conflitto se ne
vede le ragioni.
Cinque ore di camera di consiglio. Voci su una
possibile "vittoria", anche in larga misura negli equilibri tra i
giudici, per il conflitto sollevato da 37 senatori del Pd e sottoscritto
da illustri costituzionalisti (da Onida a Caravita di Toritto). Poi,
alle 18, una nota stampa spegne gli entusiasmi. La discussione aperta
dalla relatrice e vice presidente della Corte Marta Cartabia, dopo gli
interventi di tutti i presenti, si chiude con un deciso "niet" per il
Pd. Perché è vero che i lavori sulla manovra sono stati strozzati nei
tempi, ma a provocarlo sono stati «una serie di fattori derivanti da
specifiche esigenze di contesto e da prassi parlamentari ultra
decennali». La Corte entra addirittura nel merito quando dice «di non
riscontrare quel livello di manifesta gravità denunciato che potrebbe
giustificare il suo intervento».
Una decisione che solleva dubbi
tra i costituzionalisti. Ecco l’ex presidente Ugo De Siervo: «È una
strana decisione: da una parte afferma che i singoli parlamentari
possono sollevare conflitto, ma subito dopo dice che il ricorso è
inammissibile perché le violazioni procedurali non sarebbero
manifestamente gravi. Ma allora non si capisce se la Corte si è fermata
solo sul piano procedurale oppure è entrata discutibilmente nel merito
della decisione». Di «qualche perplessità» parla anche l’ex presidente
Giovanni Maria Flick. Perché la Corte «sembra dare un giudizio di merito
sull’esistenza del conflitto invece di limitarsi a valutarne
l’ammissibilità oggettiva in via preliminare.
Con un metodo già
usato sul fine vita, dà così una specie di avviso ai naviganti sulla
incostituzionalità di una legge approvata in questo modo».Il
costituzionalista all’università Roma Tre Alfonso Celotto guarda alle
conseguenze pratiche: «Come diceva Arturo Carlo Jemolo le Corti devono
leggere il diritto con gli occhiali della politica. In questo caso la
Consulta dimostra di essere saggiamente prudente. Salva, malgrado tutto,
la legge di bilancio 2019, ma chiarisce che la procedura del maxi
emendamento con fiducia senza alcun tempo né di discussione né di esame è
una prassi costituzionalmente intollerabile e quindi da non ripetere
mai più».