Repubblica 10.1.19
Il vero Caravaggio e la guerra delle
MaddaleneA sinistra la “Klain”, a destra, la “Gregori”, fianco a fianco
al Jacquemart-André di Parigi, già viste da migliaia di persone. Ora,
per la prima volta i raggi x esplorano i dipinti. Ma solo nella seconda
si vedono i “pentimenti” dell’artista
di Dario Pappalardo
PARIGI
Nella guerra delle Maddalene, il colpo di scena è questa signora di 95
anni, scesa alla Gare de Lyon dopo sette ore di treno. Mina Gregori,
classe 1924, l’erede di Roberto Longhi, decana della storia dell’arte, è
a sorpresa a Parigi per rivedere il “suo” Caravaggio. «È l’ultima
occasione di osservare le Maddalene fianco a fianco», dice. Scende al
binario e prende un taxi per il museo Jacquemart-André. Dove c’è la
mostra dei record, “Caravage à Rome”, curata da Francesca Cappelletti
con Pierre Curie e Cristina Terzaghi: oltre 210mila visitatori si sono
messi in fila da fine settembre sul Boulevard Haussmann (aumenteranno:
chiude il 28 gennaio). Gregori, accompagnata dalla nipote, si fa largo
verso l’ultima sala con le Maddalene in estasi mai esposte prima
insieme: la Klain e la “sua”, da lei ritrovata e attribuita a Caravaggio
nell’ottobre 2014 in un’intervista a Repubblica. Da allora non l’aveva
più vista. «Guardate le mani che si intrecciano, la composizione dello
spazio: è un quadro bellissimo». E la Klain?
«Anche questo è un
dipinto molto interessante, difficile trovare qualcuno che copiasse
Caravaggio così bene. C’è ancora da studiare».
L’allieva di
Longhi, l’uomo che nel Novecento riscoprì il pittore maledetto, lo
consegnò alla storia e al mito pop, parla e negli spazi del museo il
tempo si ferma. Parte qualche flash. Mina Gregori visita gli altri
capolavori, alcuni scoperti da lei: «Il suonatore di liuto dell’Ermitage
è uno dei miei preferiti. E il San Francesco in meditazione l’orgoglio
della pinacoteca della mia Cremona».
Gli studiosi del Seicento italiano si contendono uno scatto con Mina: tutti si sono formati sui suoi saggi.
Sono
a Parigi perché qui si sta consumando un nuovo atto della Caravaggeide.
L’Istituto italiano di cultura di Rue de Varenne ha ospitato ieri un
convegno nato a margine della mostra al Jacquemart che promette “novità e
riflessioni” sull’artista. Caravaggisti di tutto il mondo, o quasi, si
succedono in cattedra per oltre sei ore: i posti sono esauriti e, seduti
nella ex casa di Talleyrand, non ci sono soltanto specialisti. La
contesa tra le Maddalene ruba ancora la scena.
Per la prima volta,
vengono presentate le analisi radiografiche sulle due opere. Cecilia
Frosinini dell’Opificio delle Pietre Dure illustra quelle sulla Klain,
ma con una premessa: «Le analisi non possono fornire l’autografia. Nella
storia dell’arte corriamo il rischio di una fase positivista in senso
negativo: il dato analitico non è una verità di per sé. L’occhio degli
storici dell’arte resta fondamentale». Ma i raggi X una certezza la
danno: l’opera Klain non presenta pentimenti. Dagli infrarossi risultano
sottilissime linee grafiche, tracce di disegno. Ma l’autore aveva già
bene in testa la sua composizione. Come accade, in generale, alle copie.
Per la Maddalena Gregori, che contende alla Klain il titolo di
“originale”, il discorso cambia. Qui i ripensamenti ci sono. E si sa che
Caravaggio non usava disegni preparatori. La spalla destra della santa,
ora nuda, era in una prima stesura coperta dalla camicia e il manto
rosso era più esteso nel margine sinistro della tela. Claudio Falcucci,
ingegnere nucleare, che ha raccolto con Rossella Vodret la diagnosi su
35 quadri certi di Merisi (22 conservati a Roma) è serafico: «La scienza
non può dare una risposta certa. Ma nel caso della Maddalena Gregori le
modifiche all’idea di partenza sono abbastanza evidenti e non ci sono
elementi che contrastano con la prassi di lavoro utilizzata da
Caravaggio nei dipinti realizzati dopo la fuga da Roma, nel 1606».
Insomma,
anche gli infrarossi dicono che la Maddalena potrebbe essere proprio
quella che Caravaggio portava con sé sulla barca, nell’ultimo viaggio
conclusosi con la morte a Porto Ercole il 18 luglio 1610. «Due San
Giovanni e la Maddalena» erano i soggetti descritti da Diodato Gentile,
vescovo di Caserta, in una lettera a Scipione Borghese datata 29 luglio
1610. Il cardinale collezionista riuscì a mettere le mani solo sul San
Giovanni, che è ancora oggi nella Galleria romana con altri cinque
Caravaggio. «Dai rilievi sul pigmento del San Giovanni risultano infatti
sali marini - precisa la direttrice della Borghese Anna Coliva - il
dipinto è stato a contatto col mare». Con quale Maddalena: la Klain o la
Gregori? «Sono due opere di qualità altissima. Caravaggio non replicava
quasi mai le sue opere, ma questo potrebbe essere un caso eccezionale».
Mentre le analisi tecniche mostrano una distanza tra le due Maddalene,
gli storici dell’arte, almeno durante il convegno, preferiscono non
esporsi in maniera netta. Nel 1998, i proprietari della Klain avevano
offerto il quadro - già sottoposto a vincolo - allo Stato italiano per
10 miliardi di lire. Nel 2002 il comitato di settore del ministero dei
Beni culturali respinse l’acquisto con una relazione di Rossella Vodret
che non riscontrava «elementi per confermare l’autografia caravaggesca».
La scoperta di Mina Gregori del 2014 ha dato ragione a quella cautela.
La proprietà e la collocazione del nuovo quadro entrato della storia
dell’arte restano, però, ufficialmente un mistero. Oggi gli studiosi
francesi presenti all’Istituto italiano di cultura, a partire dall’ex
direttore del Louvre Pierre Rosenberg, preferiscono il no comment
sull’attribuzione. Gianni Papi, che a Caravaggio ha dedicato decine di
studi, è sicuro che la Maddalena sia stata dipinta a Napoli nel 1610.
Passa in rassegna con le slide una decina di copie, a partire da quelle
del fiammingo Louis Finson che riprendono il soggetto Gregori con la
croce e il teschio assenti nella Klain: «Chissà, magari Finson stesso si
accaparrò il dipinto e lo replicò più volte in Francia del sud, dove il
culto della Maddalena era diffusissimo». «La Klain è di Finson»,
ribatte Silvia Danesi Squarzina. Ma la Caravaggeide offre altre trame:
«Sono ancora da ritrovare le quattro storie della Passione che
Caravaggio dipinse a Messina», ricorda Papi. E di svolte improvvise,
tanto per tacere sul mistero della Natività rubata a Palermo nel 1969,
rischiano di essercene ancora: «Il ritratto di Fillide, la cortigiana
modella di Caravaggio, più che distrutto a Berlino nel 1945, potrebbe
essere nei caveau russi», sostiene Danesi Squarzina. E la dubbia
Giuditta che taglia la testa di Oloferne, scoperta a Tolosa nel 2016,
non è più vincolata dallo Stato francese. Restaurata ed esposta
nell’atelier parigino del mercante Eric Turquin, aspetta di fare colpo
sul mercato e di far riparlare di sé. Perché la vera maledizione di
Caravaggio è questo suo essere sempre in bilico tra la realtà estrema
dei suoi quadri e la strepitosa fiction che il tempo gli ha costruito
su.
Mina Gregori: “Le mani che si intrecciano, la composizione dello spazio: è bellissimo”
Nelle due foto Mina Gregori, che ha autenticato la Maddalena, mentre vede per la prima volta insieme le due opere a Parigi