mercoledì 30 gennaio 2019

La Stampa TuttoScienze 30.1.19
Cosa vedono i signori della luce
Le immagini della microscopia ottica ci fanno viaggiare negli organismi
di Alberto Diaspro e Claudia Diaspro


Una goccia di rugiada su una foglia lambita da raggi di sole primaverili esalta il dettaglio delle nervature e riflette i messaggi luminosi di ciò che sta intorno, portandoci in un Aleph senza dover scendere i 19 gradini del racconto di Borges. Da lì si può vedere tutto. Le immagini che formiamo nel cervello sono immediatamente pop e liquide insieme. Tutto questo, come quelle strane forme nelle nuvole che si rincorrono in cielo cantate da De Andrè, lo vedono meglio i bambini. «PoP microscopy» - la mostra al Museo di Storia Naturale di Genova (fino al 31 marzo) - guida il visitatore fuori dagli schemi tradizionali, cercando di dilatare il senso di meraviglia che può nascere quando le immagini colorate fanno ricordare qualcosa di personale.
Axl Rose dei Guns N’ Roses spicca tra il verde d’Irlanda, con la sua chioma rossa, per perdersi nelle radici di un albero di gucciniana memoria. Ofelia lascerà il passo alla Sirenetta, mentre una discesa notturna con gli sci in Val Badia farà tornare in mente il paesaggio di La Villa, tra Colfosco e San Cassiano. In realtà, siete passati tra il rosso fuoco di un sostituto artificiale osseo per calarvi nel verde dei bastoncelli di una retina, attraversando la foresta prodotta da un menisco bovino visualizzato senza usare mezzi di contrasto.
Non siete alla Tate Gallery ad ammirare un personaggio shakespeariano dipinto da Millais, ma sulle fibre, appunto, di un menisco, affiancato all’immagine incantatrice dei filamenti di miosina, responsabili della contrazione dei muscoli, pensando di sciare mentre siete di fronte ai fotorecettori di una cellula che sembrano guardarvi. Il glicine, un vermicello e il mondo di «pacman», magicamente, fanno varcare la soglia dei laboratori di Eric Betzig, Martin Chalfie e Stefan W. Hell, laureati Nobel, dove si studiano l’organizzazione dell’impalcatura della cellula, lo sviluppo del sistema nervoso e le ciliopatie responsabili di sordità, retiniti e obesità. Queste associazioni e sensazioni, con tante altre, catapultano tra la ricerca e il quotidiano, facendo vedere i risultati delle ricerche più avanzate tra la medicina e la biologia da un nuovo punto di vista.
Un tributo al progresso e un mezzo per avvicinare alla scienza, scatenando la curiosità, con l’idea di riprendere quello che succedeva tra gli Anni 50 e 60 del secolo scorso, quando emergeva la Pop Art e oggetti di uso comune diventavano icone, la lattina della zuppa Campbell di Andy Wharol tra tutte. I titoli scelti per «Pop Microscopy» fanno riferimento al sottobosco culturale dei nostri giorni, dalle canzoni alle serie tv e ai videogiochi, legandone qualcuno ad eventi personali: ed è stato proprio questo il gioco tra padre e figlia. Questo ci piacerebbe fosse anche il gioco dei «turisti» della mostra: lasciarsi suggestionare dalle immagini scientifiche, liberare la fantasia ed entrare nell’Aleph .
Ognuno si spinga a dare all’immagine che l’ha attratto il titolo che preferisce e, poi, vada a scoprire di cosa si tratta realmente, tra la tecnica usata e la motivazione sociale. «Pop Microscopy» come preludio alla nuova frontiera della microscopia ottica, fatta di immagini liquide e segnali multimessaggeri. I fotoni - la luce - calcano il palco della materia e gli spettatori sono lì, pronti a cogliere il dettaglio più fine, le interazioni più interessanti. La microscopia ottica non ha limiti nel cogliere il dettaglio alla nanoscala senza violare le leggi della fisica.
I fotoni permettono di ottenere quella finezza di indagine che, pochi anni fa, si poteva realizzare solo con il microscopio elettronico. In quel caso, però, si chiedeva la cortesia al soggetto di studio di essere solidificato, affettato fisicamente e «bombardato» da elettroni. Proteine, Dna ed altre macromolecole potevano allora essere visualizzate al dettaglio del nanometro. Come non essere, quindi, appagati?
Negli ultimi decenni, realizzando l’idea di super-risoluzione preannunciata negli Anni 40 dal fisico italiano Giuliano Toraldo di Francia, incanta i microscopisti la costruzione di microscopi ottici dal potere risolvente e dalla capacità di cogliere il dettaglio nel tempo. Illimitata. Vengono costruite nuove lenti, nuove sorgenti luminose e nuovi rivelatori di fotoni, precisi e velocissimi. Si realizza un microscopio liquido e multimessaggero, perché capace di cogliere il minimo segnale luminoso rilasciato dalla materia sollecitata dalla luce e di produrre immagini liquidamente costruite dai segnali catturati.
Un microscopio che produce nuove immagini per quelle applicazioni in oncologia e nelle neuroscienze che non potranno che trarre vantaggio dalla liquidità dei dati e dal connubio con l’Intelligenza Artificiale. Saremo ancora Pop.