martedì 8 gennaio 2019

La Stampa 8.1.19
Populismo contro sovranisti
di Federico Geremicca


Con la sobrietà di un post sul Blog delle Stelle, piuttosto che con la tradizionale diretta Facebook, Luigi Di Maio ha dunque aperto e già dato una linea alla campagna elettorale europea del suo Movimento.
I cinquestelle staranno con i gilet gialli - mettendo a loro disposizione addirittura la piattaforma Rousseau - perché hanno «lo stesso spirito che ha animato il Movimento Cinque Stelle» e perché assieme possono dar vita a una nuova Europa: «Quella dei movimenti e della democrazia diretta».
Il primo a intendere e a replicare alla mossa del collega vicepresidente del Consiglio è stato, naturalmente, Matteo Salvini: «Sostegno ai cittadini per bene che protestano... ma assoluta, ferma e totale condanna di ogni episodio di violenza». Se vuoi stare con i facinorosi, sembra insomma dire al ministro del Lavoro e dello Sviluppo, fai pure: mentre lui - Salvini, intendiamo - domani vola a Varsavia per incontrare Jaroslaw Kaczynsky, ex premier e presidente e co-fondatore di «Diritto e giustizia», potente partito nazionalista polacco.
Sia come sia, il dado del Movimento Cinque Stelle è tratto.
Dovendosi dare finalmente un profilo e una linea in vista del voto europeo, la scelta sembra esser caduta su quello che potremmo definire «populismo di piazza» (presa di campo certo insidiosa, vista la degenerazione delle manifestazioni parigine). Ma dopo anni di tentennamenti e di vere e proprie giravolte, una direzione di marcia andava ormai indicata: anche per fronteggiare quella sorta di «sovranismo istituzionale», che è il campo già scelto dall’amico-nemico leghista.
Di Maio con la protesta di piazza ed i gilet gialli, dunque, e Salvini con i leader sovranisti d’Europa; i Cinque Stelle al lavoro per cercare inedite alleanze, e la Lega a sviluppare i tradizionali e consolidati rapporti di vertice con le destre europee. Due vie diverse per cavalcare lo stesso malcontento: Di Maio con Jacline Mouraud e il suo nuovo partito per costruire una «Europa dei movimenti», Salvini con Orban, Le Pen e Kaczynsky per una Europa delle nazioni e delle frontiere, ordine e legalità prima di tutto.
Con queste premesse, non è difficile immaginare una lenta ma inarrestabile crescita del tasso di conflittualità tra i due partner di governo. Parallelamente alla scelta «movimentista» sul fronte delle alleanze europee, infatti, i Cinquestelle - obbligati a marcare più distinguo dallo scomodo alleato leghista - stanno moltiplicando anche le prese di distanze sul piano interno, e le recenti polemiche in materia di salvataggi in mare e sicurezza sulla terraferma potrebbero esserne solo un antipasto.
I rischi di tale dinamica sono evidenti: un progressivo aumento dei toni dello scontro - una sorta di vero e proprio duello - fino a giungere al voto europeo con un governo in stato pre-comatoso. Se le cose dovessero andare così, allora l’esito delle elezioni di fine maggio finirebbe davvero per diventare decisivo per la sopravvivenza dell’esecutivo e forse della legislatura stessa. Una prospettiva ed un epilogo poco esaltanti perfino per chi aveva creduto davvero nel cosiddetto «governo del cambiamento».